Quanti pianeti erranti si aggirano nella Via Lattea?
Secondo nuove simulazioni, molti, o addirittura la maggior parte, dei pianeti vengono espulsi dalla loro stella all’inizio della loro evoluzione, anche se il nostro sistema planetario sembra fare eccezione
di Phil Plait/Scientific American
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Come scrisse J.R.R. Tolkien ne La Compagnia dell’Anello, “non tutti coloro che vagano sono perduti”. Ma nel caso dei pianeti, è possibile che la maggior parte di essi lo sia.
I pianeti erranti o interstellari – pianeti alla deriva nello spazio, non ancorati ad alcuna stella – sono stati a lungo un argomento da fantascienza; sia Star Trek sia Spazio 1999 li hanno presentati in alcuni episodi. Ma questi pianeti esistono davvero. Gli astronomi, che a volte amano uccidere il divertimento, chiamano questi mondi “pianeti liberi di fluttuare”, che non è un termine altrettanto cool.
Rimane il fatto che questi pianeti interstellari alla deriva sono piuttosto interessanti. La maggior parte è stata trovata grazie al fenomeno di micro-lente gravitazionale(microlensing): la loro gravità agisce come una lente che aumenta la luce di una stella di fondo in modo misurabile. Questi mondi di solito sono così piccoli, bui e lontani da essere altrimenti invisibili per noi. Alcuni, di massa simile a quella di Giove, sono stati intravisti in alcune immagini; questi probabilmente si sono formati direttamente dal gas e dalla polvere di una nebulosa, proprio come fa una stella, e potrebbero quindi essere sempre stati privi di una stella natale. Ma altri, di massa molto inferiore, dovrebbero essersi formati intorno a una stella per poi essere stati espulsi dal loro sistema planetario. Ora questi reietti scivolano silenziosi e freddi negli spazi senza luce tra le stelle.
Come vengono espulsi? Sebbene esistano diversi modi possibili, il più comune è probabilmente l’interazione con un altro pianeta attorno alla sua stella ospite. Sappiamo che i pianeti non orbitano intorno alla loro stella sempre nello stesso posto. Nel tempo, le orbite planetarie possono spostarsi a causa dell’influenza gravitazionale combinata di altri pianeti presenti in un sistema. Se due pianeti si avvicinano troppo l’uno all’altro, l’interazione può far sì che uno dei due (di solito il meno massiccio) guadagni molta energia orbitale, facendolo schizzare fuori dal sistema planetario.
Un team di astronomi del Technion-Israel Institute of Technology ha esaminato questo problema e ha presentato i suoi risultati in un nuovo articolo in preprint,in attesa di pubblicazione su “Astrophysical Journal”. I ricercatori hanno eseguito le cosiddette simulazioni a N corpi, modelli al computer che utilizzano le equazioni della gravità e del moto per simulare le posizioni e le orbite dei pianeti nel tempo. Eseguendoli ripetutamente e variando i parametri di input, questi modelli possono fornire stime statistiche sulla frequenza con cui possono verificarsi determinati eventi, come le espulsioni.
Il team ha eseguito simulazioni di 100 diversi sistemi planetari, ognuno dei quali comprendeva da tre a dieci pianeti che, come i mondi del sistema solare, si trovavano su orbite complanari quasi circolari attorno a una stella simile al Sole. Hanno poi applicato le equazioni per un periodo simulato di un miliardo di anni.
Hanno così scoperto che gli incontri sono piuttosto comuni! Ci sono molte interazioni tra i pianeti, poiché alcuni vengono spinti in orbite allungate che possono far sì che un mondo si trovi sostanzialmente a incrociare il percorso di un altro. Ciò che può risultarne è una collisione diretta, cioè un vero e proprio impatto colossale che può frantumare i pianeti o comunque provocare danni estremi. Questo esito è più comune di quanto si possa pensare: si verifica, in media, 0,4 volte per sistema planetario (quindi, in 100 sistemi, ci si aspetta di vedere circa 40 collisioni). La maggior parte di esse si verifica presto, entro un milione di anni dall’inizio della simulazione.
Ma le espulsioni sono ancora più frequenti: il team ha stabilito che in media, nel giro di un miliardo di anni, vengono espulsi ben 3,5 pianeti per sistema, e la maggior parte delle espulsioni avviene entro i primi 100 milioni di anni. Questo risultato mi ha sorpreso: dato che nelle simulazioni c’erano solo da tre a dieci pianeti per sistema, non avrei pensato che ci sarebbero state così tante espulsioni. Ma è proprio per questo che gli scienziati fanno questo tipo di calcoli: le nostre aspettative possono essere distorte, mentre la matematica e la fisica non lo sono.
I ricercatori hanno anche scoperto che ciascun pianeta in una qualsiasi data posizione ha la stessa probabilità degli altri di essere espulso nel corso delle simulazioni, quindi né i pianeti interni né quelli esterni possono essere considerati al sicuro, anche se un pianeta più interno tende a essere espulso prima. I pianeti espulsi di solito lasciano il sistema a una velocità relativamente bassa, da due a sei chilometri al secondo. La Terra orbita intorno al Sole a più di 30 chilometri al secondo, quindi queste velocità di espulsione sono piuttosto limitate.
È molto interessante notare che i sistemi con meno pianeti tendono a uscire dalla fase di “espulsione” dopo circa 100 milioni di anni, mentre i sistemi con dieci pianeti sono ancora instabili anche dopo un miliardo di anni. Si è anche scoperto che questi sistemi più ricchi in realtà espellono la maggior parte dei loro pianeti, perdendone il 70 per cento dopo un miliardo di anni. La maggior parte dei pianeti espulsi sono tra quelli di massa inferiore, come previsto.
La domanda più ovvia è: e noi, allora? Il sistema solare ha otto pianeti principali ed esiste da più di quattro miliardi di anni. Se un sistema può essere instabile dopo un miliardo di anni, siamo al sicuro avendo superato questa scadenza? Perché siamo ancora in circolazione?
Potremmo essere solo fortunati. È possibile. I risultati pubblicati dal team sono una media di molte simulazioni, quindi alcuni sistemi perdono più pianeti di altri. È anche possibile che le simulazioni effettuate dai ricercatori siano incomplete e che debbano essere inclusi altri parametri. Può pure darsi che il nostro sistema solare abbia battuto le probabilità avverse abbastanza a lungo da diventare ormai stabile e che, da qui in avanti, non avremo problemi.
Il team ha anche scoperto che, per generare il numero di pianeti liberi espulsi rilevati dagli astronomi, ogni stella della galassia deve aver formato in media da cinque a dieci pianeti. È molto, ma non è un numero impensabile. Alcune stelle possono avere molti pianeti, mentre altre possono formarne solo pochi (o nessuno). TRAPPIST-1, per esempio, è una piccola nana rossa di bassa massa e ha almeno sette pianeti di dimensioni terrestri! Le nane rosse sono il tipo di stella più comune nell’universo, quindi da sole potrebbero spiegare tutti i pianeti espulsi di piccola massa che vediamo.
Anche le stelle come il Sole potrebbero espellere molti pianeti, ma rappresentano solo il dieci per cento circa di tutte le stelle, quindi si tratta di una minuta collinetta rispetto alla montagna delle nane rosse.
Questo lavoro è ancora preliminare e c’è ancora molto da esplorare. Ma i numeri corrispondono abbastanza bene alle osservazioni e ci danno buone ragioni per sospettare che nella galassia ci siano più pianeti erranti che pianeti orbitanti intorno alle stelle.
Quanti di loro hanno orbitato intorno al Sole? Quanti fratelli planetari abbiamo perso? Nessuno? Uno? Quattro? Probabilmente non lo sapremo mai; i 4,6 miliardi di anni di storia del sistema solare hanno offerto un lungo intervallo di tempo per liberare mondi nella Via Lattea. Ma potrebbero senz’altro esserci nomadi galattici che vagano nello spazio profondo e che hanno iniziato il loro viaggio infinito proprio qui, intorno alla nostra stella. Se è così, hanno molta compagnia.