Sciami di satelliti mettono a rischio l’astronomia. Ecco come stanno reagendo i ricercatori
Diverse aziende hanno in programma di lanciare decine di migliaia di satelliti che, in aggiunta a quelli già in orbita, potrebbero compromettere seriamente le osservazioni astronomiche e inquinare l’atmosfera
di Alexandra Witze/Nature
www.lescienze.it

Così ricercatrici e ricercatori stanno adottando contromisure e facendo accordi con queste aziende per limitare i danni Nei prossimi mesi, dall’alto di una montagna in Cile, l’Osservatorio Vera C. Rubin inizierà a scandagliare il cosmo con la più grande fotocamera mai costruita. Ogni tre notti, produrrà una mappa dell’intero cielo meridionale, piena di stelle, galassie, asteroidi e supernove; e sciami di satelliti luminosi che rovineranno parte della vista.
Gli astronomi non si preoccupavano molto del rischio che i satelliti potessero disturbare le immagini di Rubin quando hanno iniziato a progettare l’osservatorio più di vent’anni fa. Ma poiché lo spazio intorno alla Terra diventa sempre più congestionato, i ricercatori devono trovare nuovi modi per far fronte alla situazione, pena la perdita di dati preziosi provenienti da Rubin e da centinaia di altri osservatori.
Negli ultimi cinque anni il numero di satelliti funzionanti è salito a circa 11.000, soprattutto a causa delle costellazioni di orbiter che forniscono connettività Internet in tutto il mondo (si vedano qui le statistiche sulla proliferazione dei satelliti in orbita). Una sola società, SpaceX di Hawthorne, in California, ha più di 7000 satelliti Starlink operativi, tutti lanciati dal 2019; OneWeb, una società di comunicazioni spaziali di Londra, ha più di 630 satelliti nella sua costellazione. Sulla carta, sono previste altre decine o centinaia di migliaia di satelliti da parte di diverse aziende e nazioni, anche se probabilmente non tutti saranno lanciati.
I satelliti svolgono un ruolo cruciale nel collegare le persone, tra cui portare Internet alle comunità più remote e ai soccorritori di emergenza. Ma il loro numero crescente può essere un problema per gli scienziati, perché interferiscono con le osservazioni astronomiche a terra, creando strisce luminose sulle immagini e interferenze elettromagnetiche con i radiotelescopi. Il boom dei satelliti comporta anche altre minacce, tra cui l’inquinamento dell’atmosfera.

Quando sono stati lanciati i primi Starlink, alcuni astronomi hanno temuto che fosse minacciata l’esistenza stessa della loro disciplina. Ora, i ricercatori nel campo dell’astronomia e in altri settori stanno lavorando con le aziende satellitari per quantificare e mitigare l’impatto sulla scienza e sulla società.
“C’è un crescente interesse a collaborare e a trovare soluzioni insieme”, afferma Giuliana Rotola, ricercatrice di politica spaziale presso la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.
Il giusto tempismo
Il primo passo per ridurre le interferenze satellitari è sapere quando e dove un satellite passerà sopra un osservatorio. “L’obiettivo è ridurre al minimo la sorpresa”, afferma Mike Peel, astronomo dell’Imperial College di Londra.
Prima del lancio degli Starlink, gli astronomi non avevano un riferimento centralizzato per il tracciamento dei satelliti. Ora l’Unione astronomica internazionale (IAU) ha un “Centro virtuale per la protezione del cielo buio e tranquillo dalle interferenze delle costellazioni satellitari” (noto come CPS), che funge da centro di informazione e al quale ricercatori come Peel e Rotola dedicano il loro tempo come volontari.
Uno degli strumenti del centro, chiamato SatChecker, si basa su un database pubblico delle orbite dei satelliti, alimentato dalle informazioni degli osservatori e delle aziende che tracciano gli oggetti nello spazio. Gli astronomi possono usare SatChecker per confermare quale satellite sta passando sopra di loro durante le osservazioni.
Lo strumento non è perfetto: la resistenza atmosferica e le manovre intenzionali possono influenzare la posizione di un satellite e il database pubblico non riflette sempre le informazioni più recenti. Per esempio, il satellite BlueWalker 3 dell’azienda di telecomunicazioni AST SpaceMobile di Midland, in Texas, è stato lanciato nel 2022 e a volte era più luminoso della maggior parte delle stelle; tuttavia l’incertezza sulla sua posizione era così grande che a volte gli astronomi avevano difficoltà a prevedere se sarebbe stato nel loro campo visivo per le osservazioni notturne.

Strumenti come SatChecker aiutano gli operatori dei telescopi a evitare i problemi, consentendo loro di puntare a una parte diversa del cielo quando un satellite passa sopra le loro teste o semplicemente mettendo in pausa le osservazioni al suo passaggio. Sarebbe utile per gli astronomi se SatChecker disponesse di informazioni ancora più precise sulle posizioni dei satelliti, ma ci sono dei limiti al miglioramento del sistema. I dati di SatChecker provengono dalla US Space Force (la branca delle forze armate statunitensi responsabile delle operazoni spaziali), che si avvale di una rete globale di sensori per tracciare gli oggetti in orbita e rilasciare aggiornamenti sulla posizione dei satelliti diverse volte al giorno. La frequenza di questi aggiornamenti è limitata da fattori quali la frequenza con cui un sensore può osservare un oggetto e la capacità del sensore di distinguere ciò che sta guardando.
Attualmente, le scie luminose dei satelliti sono un problema relativamente minore per gli operatori dei telescopi. Ma il problema è destinato a crescere man mano che il numero di satelliti continuerà ad aumentare drasticamente, il che significa che si perderà più tempo di osservazione, e per Rubin il problema si aggraverà.
Correggere le scie luminose
Rubin, la cui costruzione è costata 810 milioni di dollari, è un caso unico perché scansiona frequentemente ampie porzioni di cielo, potendo così rilevare fenomeni in rapida evoluzione come asteroidi in arrivo o esplosioni cosmiche. Gli astronomi non vogliono essere ingannati dai satelliti di passaggio, come è successo nel 2017 quando i ricercatori hanno individuato quella che pensavano fosse un’esplosione di raggi gamma (lampi di luce ad alta energia) proveniente da una galassia lontana, ma che si è rivelata essere la luce del sole riflessa da un pezzo di spazzatura spaziale.
La potente fotocamera di Rubin, abbinata al telescopio di 8,4 metri, scatterà circa mille esposizioni notturne del cielo, ciascuna pari a circa 45 volte l’area della Luna piena. Si tratta di un numero di immagini a largo raggio del cielo superiore a quello mai realizzato da qualsiasi osservatorio ottico. Le simulazioni indicano che, se il numero di satelliti in orbita terrestre bassa aumenterà fino a circa 40.000 nel corso dei dieci anni dell’indagine di Rubin (una previsione non impossibile), almeno il dieci per cento delle immagini, e la maggior parte di quelle scattate al crepuscolo, conterrà una traccia satellitare.
SpaceX ha preso le prime misure per cercare di mitigare il problema. In collaborazione con gli astronomi di Rubin, l’azienda ha testato modifiche al design e alla posizione degli Starlink per cercare di mantenere la loro luminosità al di sotto di una soglia prefissata. Anche Amazon, il gigante della vendita al dettaglio e della tecnologia con sede a Seattle, nello stato di Washington, sta testando misure di mitigazione su prototipi dei satelliti per la sua costellazione Kuiper. Queste modifiche riducono, ma non eliminano, il problema.
Per limitare l’interferenza dei satelliti, gli astronomi di Rubin stanno creando calendari di osservazione per aiutare i ricercatori a evitare certe parti del cielo (per esempio, vicino all’orizzonte) e certi momenti (come al crepuscolo). Quando non possono evitare i satelliti, i ricercatori di Rubin hanno incorporato nel loro flusso di elaborazione dei dati alcuni passaggi per rilevare e rimuovere le striature dei satelliti. Tutti questi cambiamenti significano meno tempo per fare scienza e più tempo dedicato a elaborare i dati, ma devono essere fatti, dicono gli astronomi. “Non vediamo l’ora di ricevere i dati da Rubin e vedere come andranno le cose”, afferma Peel.
Per altri osservatori, il CPS dell’Unione astronomica internazionale sta lavorando a strumenti per aiutare gli astronomi a identificare e correggere le striature satellitari nei loro dati. Uno di questi è un nuovo database di osservazioni in crowdsourcing della luminosità dei satelliti, chiamato SCORE, che è attualmente in fase di beta test e la cui diffusione è prevista nei prossimi mesi. Questo aiuterà gli scienziati a lavorare a ritroso: potrebbero vedere qualcosa di sorprendente nelle loro osservazioni passate ed essere in grado di chiarire cos’è, dice Peel.
Il database “è sicuramente uno strumento molto prezioso” perché è uno dei pochi a rendere disponibili i dati liberamente, afferma Marco Langbroek, specialista di tracciamento spaziale presso la Delft University of Technology nei Paesi Bassi. In qualità di beta tester, Langbroek ha aggiunto una serie di dati a SCORE, tra cui le misurazioni di una vela solare della NASA che cambia luminosità mentre oscilla nello spazio. In futuro, afferma Langbroek, SCORE sarà più utile se molti astronomi contribuiranno con osservazioni di alta qualità al database, creando così nel tempo una risorsa valida.
Mettere a punto le cose
Gli astronomi che lavorano nella porzione radio dello spettro elettromagnetico devono affrontare ulteriori difficoltà dovute ai satelliti.
I grandi radiotelescopi sono in genere situati in regioni remote, per essere il più lontano possibile da antenne di telefonia mobile e altre infrastrutture tecnologiche che diffondono emissioni radio. Ma i satelliti non possono essere evitati. “Se i segnali provengono dal cielo, sono sempre lì”, afferma Federico Di Vruno, astronomo presso lo Square Kilometre Array Observatory di Jodrell Bank, nel Regno Unito, e co-direttore del CPS dell’Unione astronomica internazionale.
Quando i satelliti trasmettono segnali, la loro interferenza elettromagnetica può sovrastare i deboli segnali radio provenienti dal cosmo. Una soluzione è quella di reindirizzare o spegnere temporaneamente le trasmissioni satellitari. L’US National Radio Astronomy Observatory e SpaceX hanno lavorato per trovare un modo per raggiungere questo obiettivo e ora l’azienda reindirizza o disattiva momentaneamente le trasmissioni quando gli Starlink passano sopra telescopi sensibili, tra cui il Green Bank Telescope in West Virginia.
Il metodo richiede l’adesione volontaria di tutti i partner, la condivisione di molti dati e una programmazione intensiva da parte delle aziende e degli astronomi, ma è efficace nel ridurre le interferenze. Ha avuto un successo tale che il mese scorso un piccolo gruppo di radioastronomi si è recato in Cina per discutere la strategia con gli operatori satellitari e gli scienziati del paese.
Ma non appena si trova una soluzione, appaiono nuove sfide. Una di queste è l’ascesa dei satelliti direct-to-cell, che funzionano come torri di telefonia mobile nello spazio e possono trasmettere in aree a terra che altrimenti non hanno copertura. Chi si occupa di astronomia ottica si preoccupa di questi satelliti perché sono fisicamente grandi e quindi luminosi, e sono un grosso problema per i radioastronomi perché le trasmissioni direct-to-cell sono estremamente potenti. Se una di queste colpisce un osservatorio radio, “il telescopio potrebbe rimanere cieco per un po’”, sottolinea Di Vruno. Gli astronomi e gli operatori satellitari stanno quindi discutendo su come condividere le informazioni anche su queste trasmissioni, per evitarsi a vicenda quando un satellite passa sopra un osservatorio.
Un’altra sfida emergente è rappresentata dalle emissioni “non intenzionali”, che si verificano quando i satelliti “perdono” radiazioni in lunghezze d’onda molto al di fuori delle bande tipicamente utilizzate per le trasmissioni e altri compiti. I primi test per i radiotelescopi Square Kilometre Array, in costruzione in Australia e in Sudafrica, hanno scoperto tali perdite provenienti da Starlinks e altri satelliti.
Molte di queste emissioni indesiderate si trovano alle basse frequenze utilizzate in alcuni studi, tra cui quelli sull’universo primordiale. Finora gli astronomi non hanno trovato una soluzione valida, se non quella di programmare i telescopi in modo che non registrino i dati quando un satellite passa nella parte di cielo da osservare. In futuro, è possibile che autorità come l’Unione internazionale delle telecomunicazioni possano emanare regolamenti in materia, come già avviene per altri usi condivisi dello spettro elettromagnetico.
Ripulire l’atmosfera
Gli astronomi non sono gli unici ricercatori preoccupati per l’impatto delle costellazioni satellitari. Negli ultimi anni, un numero crescente di scienziati dell’atmosfera ha avvertito che queste flotte inquineranno l’alta atmosfera della Terra durante il lancio e poi quando perderanno quota e si bruceranno. I ricercatori stanno appena iniziando a capire la portata di questo inquinamento, afferma Connor Barker, chimico dell’atmosfera presso l’University College di Londra (UCL).

Lo scopo delle costellazioni satellitari è avere molti satelliti in orbita, ma aggiornarli quando arriva una nuova tecnologia significa accelerare il ritmo dei lanci e dei rientri. Solo a febbraio, una media di quattro satelliti Starlink al giorno è rientrata nell’atmosfera e si è bruciata.
Ogni rientro aggiunge sostanze chimiche all’alta atmosfera. In uno studio del 2023, i ricercatori hanno riferito che le misurazioni effettuate durante voli aerei ad alta quota hanno rilevato nell’alta atmosfera più di 20 elementi chimici che probabilmente provengono dai rientri dei satelliti, tra cui alluminio, rame e piombo.
Altri lavori hanno rilevato che nel 2022 le costellazioni di satelliti hanno contribuito a circa il 40 per cento di molti tipi di emissioni di carbonio dell’industria spaziale, tra cui particelle di carbonio nero e anidride carbonica, che potrebbero contribuire al riscaldamento dell’atmosfera. Non è ancora chiaro quanto questo riscaldi il pianeta o contribuisca ad altri problemi ambientali. Alcune prime analisi suggeriscono inoltre che i lanci dei satelliti potrebbero contribuire alla distruzione dell’ozono in misura piccola ma misurabile.

Non esistono regolamenti sull’inquinamento atmosferico da satellite. Barker e i suoi colleghi dell’UCL affermano che un buon primo passo verso una soluzione è ottenere stime migliori della portata del problema. Hanno costruito un inventario delle emissioni per i lanci dei razzi e i rientri dei satelliti, misurando con cura i contaminanti coinvolti e stimando le altitudini a cui entrano nell’atmosfera.
“Anche se attualmente si tratta di un’attività relativamente piccola che ha un impatto relativamente ridotto sull’atmosfera, dobbiamo comunque esserne consapevoli”, afferma Eloise Marais, chimica dell’atmosfera presso l’UCL.
I ricercatori stanno cercando di diffondere la sensibilità a questi e ad altri problemi legati alle flotte satellitari. Alcune di queste questioni sono state discusse a febbraio a Vienna, in una riunione del Comitato delle Nazioni Unite sugli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico. È stata la prima volta che il comitato ha discusso formalmente l’impatto delle costellazioni satellitari sull’astronomia.
Non sono state intraprese azioni importanti, come ci si aspettava per queste prime discussioni. Ma “ora tutti gli Stati membri sanno dei cieli bui e silenziosi”, afferma Di Vruno. E questo è di per sé un successo, conclude.