Nel cuore dell’Abruzzo, a “caccia di micro terremoti” sulla faglia del Monte Morrone

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Nel cuore dell’Abruzzo, a “caccia di micro terremoti” sulla faglia del Monte Morrone

tratto da INGV

Dal 2000, l’Osservatorio Nazionale Terremoti (ONT) svolge importanti esperimenti per monitorare l’attività sismica in modo più dettagliato in alcune aree di interesse. In particolare, si utilizzano delle reti sismiche temporanee molto dense, che permettono di raccogliere dati in maniera continua su aree che, pur essendo geologicamente attive, sembrano aver avuto scarsa sismicità negli ultimi decenni. La mancanza di eventi sismici potrebbe riflettere o una reale assenza di sismicità o la presenza di una sismicità di bassa magnitudo che non viene rilevata dalla Rete Sismica Nazionale (d’ora in avanti RSN), che monitora tutto il territorio italiano dai primi anni ‘80.

La RSN, infatti, ha una certa “soglia di detezione“, cioè una soglia di magnitudo minima di rilevazione degli eventi sismici che varia da zona a zona in funzione della densità delle stazioni sismiche sul territorio. Nell’area studiata, dove la distanza reciproca tra le stazioni sismiche è intorno a 20-30 km, la soglia di detezione della RSN è compresa tra circa 1.0 e 1.5: questo vuol dire che la geometria e la densità di stazioni non è adatta a registrare eventi sismici al di sotto di questa soglia. Usando delle reti sismiche più dense, con stazioni a pochi chilometri di distanza l’una dall’altra, è possibile “abbassare” questa soglia e registrare anche i terremoti di magnitudo inferiore a 1.0.

Una Rete sismica molto densa che viene installata su una determinata zona di faglia prende il nome di “Near Fault Observatory (NFO)”. Per meglio comprendere e studiare i processi fisici in corso nel volume crostale in cui la faglia si sviluppa, la rete sismica può essere integrata con reti strumentali che misurano altri tipi di grandezze, come la deformazione del suolo (rete geodetica) e i parametri geochimici delle acque e/o gas rilasciati dal suolo (rete geochimica). Questo tipo di monitoraggio multiparametrico è in corso sulla Faglia Alto Tiberina che rappresenta il primo NFO realizzato in Italia. Altri NFO presenti sul territorio italiano si trovano in Irpinia e nell’area del Pollino.

Perché è importante questo esperimento nell’area del Monte Morrone?

Recenti studi hanno indicato che la faglia del Monte Morrone, nell’Appennino centrale, è dal punto di vista geologico sicuramente attiva, sebbene negli ultimi 40 anni non sia stata interessata da sismicità rilevante. Questa mancata corrispondenza solleva una domanda interessante: è possibile che questa faglia produca piccoli terremoti che non vengono registrati, oppure è davvero poco attiva, con movimenti lenti e senza scosse rilevabili?

L’obiettivo dell’esperimento è proprio rispondere a questa domanda. Se la faglia e le altre faglie vicine sono attive, ma producono solo microsismi (terremoti di piccola magnitudo), una rete sismica densa potrebbe riuscire a rilevarli, aiutandoci a capire meglio cosa sta succedendo sotto la superficie.

Come viene realizzato l’esperimento?

Per monitorare l’area, grazie al lavoro di un gruppo di lavoro formato da ricercatori e tecnici dell’ONT, coadiuvato da alcune studentesse di Dottorato e da ricercatori/ricercatrici di altre sezioni dell’INGV, è stata installata una rete temporanea di stazioni sismiche, che copre un’area di circa 250 km² nelle province de L’Aquila, di Pescara e di Chieti, tra il bacino di Sulmona e il versante orientale del Monte Morrone. Le stazioni sono state installate tra maggio e ottobre del 2023 e sono in grado di registrare dati di attività sismica anche molto piccola. 

Mappa delle stazioni sismiche temporanee utilizzate per l’esperimento: in giallo, rosso, blu e viola le stazioni sismiche installate in periodi diversi; in verde le stazioni sismiche della RSN.

Perché è utile questo esperimento?

Questo monitoraggio aiuterà a comprendere meglio il comportamento sismico delle faglie nell’area studiata. In particolare, l’analisi dei dati ci consentirà di capire se gli ipocentri dei terremoti di bassa magnitudo si allineano secondo degli allineamenti preferenziali che possono rappresentare le faglie più significative della regione. La distribuzione della sismicità e le analisi sismologiche che ne deriveranno, consentiranno di aumentare il nostro grado di conoscenze sulla struttura crostale del volume dove si sviluppa il sistema di faglie, sul comportamento meccanico delle faglie stesse, sul loro stato di stress, sul grado di eterogeneità litologica.

Che risultati ci aspettiamo di ottenere? 

Grazie a questo esperimento sarà possibile ottenere informazioni dettagliate sulla struttura crostale superiore e sulla cinematica del sistema di faglie del Monte Morrone. Utilizzando tecniche sismologiche avanzate, che sfruttano sia i piccoli terremoti registrati (microsismicità) sia il rumore sismico ambientale registrato in maniera continua durante l’esperimento, i ricercatori potranno creare immagini dettagliate tridimensionali di velocità delle onde sismiche P ed S per le aree monitorate. Lo studio della sismicità in relazione spazio-temporale rispetto alle faglie permetterà di capire la loro attività e di studiare la struttura a maggiori profondità nella crosta superiore, nonché i meccanismi di rilascio sismico. 

Le informazioni descritte sinteticamente sono molto importanti perché vengono utilizzate come “ingredienti iniziali” per simulare, attraverso sofisticate tecniche di calcolo, il movimento del terreno prodotto da un forte terremoto. Questo fattore risulta determinante per una stima più accurata del rischio sismico locale soprattutto in aree storicamente sismiche ma prive di una significativa sismicità avvenuta in epoca strumentale.

a cura di Mario Anselmi, Samer Bagh, Pasquale De Gori, Rossella Fonzetti, Irene Menichelli, Giuseppe Pezzo, Francesca Silverii, Pamela Roselli, Marina Pastori, Aladino Govoni, Gilberto Saccorotti, Irene Stefanelli e Claudio Chiarabba, INGV.

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