Inquadramento sismotettonico dell’area colpita dal terremoto (Mw 7.7) in Myanmar del 28 marzo 2025
A cura di Stefano Gori e Emanuela Falcucci, INGV-Rm1.
Tratto da INGVTERREMOTI
Il 28 marzo 2025, alle 07:20 ora italiana (12:50 ora locale), un fortissimo terremoto di magnitudo Mw 7.7 ha colpito la regione centrale del Myanmar. L’epicentro è stato localizzato a pochi chilometri a ovest di Mandalay (Fig. 1), la seconda città più popolosa del Paese. La frattura lungo la faglia ha avuto una durata di circa 90 secondi e sembrerebbe aver attivato una sezione di circa 200 km della Sagaing Fault, una delle faglie attive e sismicamente più pericolose del sud-est asiatico.
Il Myanmar è situato in una zona di collisione tettonica tra la placca indiana e la parte sud-orientale della placca eurasiatica. In questa regione si localizza il margine trasforme della placca indiana, che governa la maggior parte della deformazione tettonica attiva a sud dell’Himalaya orientale. A partire dal Cenozoico, il movimento verso nord-est della placca indiana ha fatto sì che l’India e il Myanmar occidentale si muovessero rispetto al sud-est asiatico. Questo ha causato la compressione della crosta terrestre a nord dell’India, la subduzione della placca indiana sotto la Sundaland occidentale e la spinta laterale di blocchi di crosta attorno alla parte orientale dell’Himalaya. (e.g. Curray et al., 1979; Yin e Harrison, 2000; Hall et al., 2008; Soe Thura Tun and Watkinson, 2017).

In questo quadro tettonico, nella parte centrale del Myanmar le placche Burma e Sonda sono collegate da un sistema di faglie che scorrono una accanto all’altra, con un movimento orizzontale destro. Questo sistema permette di assorbire e distribuire il movimento tra le due placche. Il meccanismo focale del terremoto del 28 marzo è del tutto congruente con questa cinematica, risultando infatti determinato da una rottura sismica i cui piani nodali e meccanismo di faglia sono compatibili con l’attivazione di una faglia orientata circa N-S trascorrente destra. Una delle principali strutture tettoniche attive e sismogenetiche del Myanmar è la cosiddetta e succitata Sagaing fault, una faglia trascorrente lunga centinaia di chilometri e orientata nord-sud, che si estende dal Mare delle Andamane, a sud, all’Himalaya sud-orientale, a nord (e.g. Soe Thura Tun e Watkinson, 2017; Raveendrasinghe et al., 2024). Se il movimento relativo fra queste placche è stimabile in 35-36 mm/anno (e.g. Socquet et al., 2006), la faglia ne accomonda circa metà ovvero 20 mm/anno (Tha Zin Htet Tin et al., 2022).L’INGV ha stimato le deformazioni causate dal terremoto del 28 marzo a partire dal modello di sorgente estesa calcolato dall’USGS. Sebbene non si tratti di veri dati misurati, sono comunque utili per delimitare l’estensione della cosiddetta area epicentrale e per pianificare le analisi che verranno fatte con le immagini da satellite. Secondo questa stima (Fig. 2), in area epicentrale le deformazioni orizzontali attese raggiungono circa 1.5 metri e quelle verticali circa 0.5 m. Nei prossimi giorni i dati satellitari permetteranno una stima più accurata.

Il terremoto del 28 marzo è avvenuto in una zona che è stata sede di fortissimi terremoti avvenuti nel negli ultimi decenni, con eventi sismici di magnitudo stimata anche uguale o superiore a 8, alcuni dei quali generati dall’attivazione di segmenti della faglia di Sagaing, che potrebbe essere responsabile del terremoto. Uno dei principali terremoti che ha colpito il Myanmar centrale è avvenuto il 23 maggio del 1912, di magnitudo stimata pari a 7.6-7.7. Ipotesi sulla faglia responsabile di tale evento sono state recentemente fatte (Crosetto et al., 2018; 2019), analizzando le evidenze geologiche di attività recente di un’altra grande faglia trascorrente localizzata poco a est della Sagaing fault, chiamata Kyaukkyan Fault (e.g. Soe Min et al., 2017).Le indagini hanno definito che questa faglia mostra effettivamente evidenze di attività recente su tutta la sua lunghezza, costituite da elementi morfotettonici e dislocazioni di terreni tardo-quaternari lungo la faglia (Figg. 3a e 3b) (Crosetto et al., 2018). Indagini paleosismologiche hanno evidenziato che la Kyaukkyan Fault possa aver contribuito al processo sismogenetico che ha generato il grande terremoto del maggio del 1912 (Figg. 3c e 3d) (Crosetto et al., 2019).

Secondo interpretazioni iniziali, la rottura ha interessato un tratto di faglia noto per non essersi rotto da oltre un secolo. Il tratto colpito sembrerebbe lo stesso coinvolto nel grande terremoto del 1839 (M7.9–8.3), e parzialmente sovrapposto agli eventi del 1930, 1946 e 1956.
Oltre 800.000 persone hanno sperimentato scuotimenti di intensità pari a IX (violenta) e almeno 4 milioni hanno vissuto scuotimenti di intensità V (forte). A breve distanza dalla traccia superficiale della faglia vi sono città densamente popolate, edifici storici e infrastrutture civili importanti come ponti ed aeroporti (Fi. 4). A Bangkok, a oltre 900 km di distanza, il sisma ha provocato il crollo di un grattacielo in costruzione.

Dai primi report e immagini provenienti dalle zone epicentrali, pare che ad aggravare l’impatto del sisma hanno probabilmente contribuito ulteriori effetti geologici sismoindotti, fra i quali la liquefazione del terreno. La zona colpita dal terremoto è infatti attraversata da grandi corsi d’acqua come l’Ayeyarwady (anche noto come Irrawaddy), il fiume principale del Myanmar. Questi fiumi hanno deposto nel corso di migliaia di anni sedimenti costituiti da strati di sabbia, limo e argilla, trasportati dall’acqua e accumulati durante le frequenti piene. Questi terreni, detti alluvionali, possono essere geologicamente instabili, soprattutto quando saturi d’acqua: forti scuotimenti sismici possono causare il fenomeno della liquefazione del suolo che, perdendo consistenza, non è più in grado di sostenere gli edifici e le infrastrutture.
A cura di Stefano Gori e Emanuela Falcucci, INGV-Rm1.