MICROCLIMI CHE SALTANO PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO: IL CASO DEL NORD-OVEST
MICROCLIMI CHE SALTANO PER IL CAMBIAMENTO CLIMATICO: IL CASO DEL NORD-OVEST
di Andrea Corigliano – Fisico dell’Atmosfera
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Ancora una volta, in questa stagione invernale che ormai si appresta a trascorrere il suo ultimo mese meteorologico, come era nelle previsioni siamo stati spettatori di una dinamica atmosferica che è stata incapace di produrre nevicate fino a quote pianeggianti sulle nostre regioni nord-occidentali. Ancora una volta i fiocchi sono arrivati a lambire la pianura in particolar modo sui versanti padani dell’appennino ligure mentre altrove la quota è rimasta, all’incirca, quella della media-alta collina. Eppure, osservando il campo di temperatura sulla quota isobarica di 850 hPa, cioè a circa 1500 metri, il freddo su questo angolo d’Italia – chiuso per tre quarti tra Alpi e Appennino – si accompagnava a isoterme di tutto rispetto e per lo più comprese tra -3 e -5 °C che rappresentavano valori sufficienti per conservare la caduta della soffice idrometeora bianca fino a bassa quota (fig. 1).
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La neve in pianura, però, è un gioco di squadra: tutte le componenti devono, in un certo senso, impegnarsi per raggiungere lo stesso obiettivo. Se un tassello del mosaico salta, se ne possono incastrare anche novantanove ma l’obiettivo non viene raggiunto. Ancora una volta, come è già successo anche nei recenti casi sperimentati tra la fine novembre e gennaio, il tassello mancante è stato il freddo in quei 300-400 metri che si trovano a contatto con i suolo. Il tassello mancante è stato il freddo del catino padano, cioè quella condizione termica che nella stagione invernale era solita formarsi a seguito di irruzioni di aria fredda, irrobustirsi e soprattutto mantenersi per diventare il collante delle condizioni di omeotermia, a temperatura uguale o inferiore a 0 °C, tra i bassi strati e quelli superiori: questa era una garanzia per avere la neve fino in pianura, senza dover fare troppo spesso i conti con il mezzo grado o più in eccesso che oggi fa saltare l’obiettivo. Manca quindi quel freddo nei bassi strati per via di una dinamica atmosferica che propone, quando va bene, fasi invernali brevi e certamente più attenuate rispetto a quelle del passato. Si tratta di un segnale che è bene evidenziato, per esempio, osservando come è variata l’altezza dello zero termico negli ultimi 34 anni rispetto alla climatologia del trentennio precedente, il 1961-1990 (fig. 2).
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Nel mese di febbraio, la regione italiana che più ha subìto il rialzo della quota di 0 °C è stata proprio la Pianura Padana e in particolare il settore nord-occidentale, dove l’anomalia positiva si attesta intorno ai 300-350 metri. Se ai più potrà sembrare un dato di poco conto, si pensi alle conseguenze che per esempio comporta avere solo mezzo grado in più nella nostra temperatura corporea: il nostro equilibrio fisico-mentale vacilla e il nostro stato di benessere viene meno. Tutto, solo per mezzo grado. In questo caso, per 300-350 metri è saltato per intero un microclima.