Il nucleo della Terra cambia forma continuamente
L’analisi della propagazione attraverso la Terra di un centinaio di terremoti avvenuti negli ultimi decenni suggerisce che la superficie del nucleo interno non sia liscia e uniforme, ma si deformi a causa di forze generate dai moti convettivi nel nucleo esterno
di Celeste Ottaviani
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“Non è affatto liscia, uniforme e di sfericità esattissima […], ma al contrario, disuguale, scabra, ripiena di cavità e sporgenze.” Se era così che agli inizi del 1600 Galileo Galilei descriveva la superficie della Luna, a più di 400 anni di distanza, la stessa immagine sembra adattarsi perfettamente anche a un’altra struttura, non sopra di noi, ma al di sotto dei nostri piedi: quella del nucleo terrestre. Secondo uno studio pubblicato su “Nature Geoscience” ed effettuato da un gruppo di scienziati guidati dal geofisico John E. Vidale, della University of Southern California, la superficie del nucleo più interno del nostro pianeta sarebbe infatti soggetta a cambiamenti strutturali che ne modificherebbero l’aspetto, rendendolo irregolare, con depressioni e sporgenze sulla superficie.
Situato a oltre 5000 chilometri sotto la crosta terrestre, con un raggio pari al 70 per cento di quello della Luna e una temperatura che si avvicina a quella esterna del Sole, il centro del nostro pianeta è occupato dal nucleo interno, in continua rotazione e composto perlopiù di ferro e nichel allo stato solido. Avvolto dal nucleo esterno liquido, finora si era ritenuto che quello interno fosse una sfera, ma stando a quanto Vidale e colleghi hanno rilevato, questo potrebbe non essere così perfetto e uniforme.
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I ricercatori sono giunti a questa scoperta analizzando il modo in cui le onde sismiche si propagano da una parte all’altra del pianeta. “Come avviene con i raggi X in medicina, le onde meccaniche generate dai terremoti, attraversando la Terra, ci permettono di vedere cosa c’è al suo interno e di conoscere meglio la velocità, il movimento e la forma del nucleo”, ha spiegato Lapo Boschi, professore ordinario del dipartimento di geoscienze dell’Università di Padova.
“L’approccio usato dal gruppo di ricerca in questo lavoro è, però, qualcosa di più sofisticato”, ha sottolineato. “Il gruppo ha infatti preso in considerazione eventi sismici che si sono ripetuti, cioè coppie di terremoti uguali, generati dalla stessa faglia, con la stessa geometria, ma avvenuti in due momenti distanti nel tempo.”
Nello specifico, gli scienziati hanno analizzato i dati relativi a circa 120 terremoti registrati tra il 1991 e il 2024, localizzati nelle Isole Sandwich Meridionali nell’Oceano Atlantico, vicino all’Antartide, e rilevati da sismometri dall’altra parte del globo, in Alaska e Canada. Inoltre, i ricercatori hanno selezionato solamente gli eventi avvenuti quando il nucleo interno stava rioccupando la stessa posizione, per escludere variazioni provocate dalla sua rotazione.
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“Se la struttura del pianeta non ha subito variazioni, due terremoti uguali, registrati dallo stesso strumento, dovrebbero teoricamente presentare il medesimo sismogramma, anche a distanza di tempo”, ha evidenziato Boschi. “I ricercatori hanno invece rilevato differenze nella propagazione, specialmente quando hanno studiato i terremoti le cui onde sismiche avevano attraversato tutto il centro della Terra prima di raggiungere la stazione di rilevamento. Così facendo hanno ottenuto informazioni indirette sul nucleo.”
Secondo il gruppo, questo fenomeno potrebbe essere spiegato con la deformazione della superficie del nucleo interno, morbida e malleabile, perché non ancora completamente solidificata, da parte delle forze generate dai moti convettivi del nucleo esterno.
Questo effetto si aggiungerebbe dunque a quello di variazione di velocità e verso del nucleo interno evidenziato da numerosi studi, e permetterebbe di rivelare dinamiche geofisiche precedentemente sconosciute, portando a una migliore comprensione del nucleo e dei comportamenti planetari che questo determina e influenza, come il campo magnetico terrestre o la durata del giorno.
“Questa è la dimostrazione che conosciamo ancora pochissimo dell’interno del nostro pianeta e non sappiamo ancora come si comportino effettivamente i vari gusci che lo compongono”, ha ricordato Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). “La Terra sembra essere una specie di giroscopio in cui ciascuno dei vari strati, da quello più esterno, la crosta, alla litosfera, al mantello, fino al nucleo, si muovono in maniera indipendente l’uno rispetto all’altro, ruotando anche con velocità diverse”, ha sottolineato.
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Nonostante questa scoperta ci regali un’immagine inedita e dettagliata del centro della Terra, restano però necessarie ulteriori indagini per avere un quadro più completo e confermare quanto rilevato.
“Abbiamo a che fare con misure che sono estremamente difficili da ottenere e, vista la specificità dei dati richiesti, con un numero relativamente ridotto di eventi sismici a cui far riferimento”, ha puntualizzato Boschi. “Per ora bisogna pertanto valutare questi risultati con il dovuto scetticismo. Vidale e il suo gruppo hanno sviluppato una teoria che è coerente con le misure, però è ancora troppo presto per poter affermare con certezza che si tratti di un’idea consolidata e definitiva”, ha concluso.