Dallo spazio profondo al Mar Mediterraneo: ecco il neutrino più energetico mai osservato
La sfuggente particella, che aveva un’energia almeno 30 volte superiore a quella dei neutrini più energetici osservati finora, è stata rilevata da ARCA, il rivelatore dell’esperimento KM3NeT in fase di costruzione posto a oltre 3000 metri di profondità al largo della Sicilia. E ora si tratta di capire quale evento cosmico l’abbia generata
di Matteo Serra
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Il 13 febbraio 2023, dopo un lungo viaggio attraverso l’universo, un neutrino cosmico ad altissima energia è giunto fino a noi, concludendo la sua corsa negli abissi del Mar Mediterraneo. È il neutrino più energetico mai osservato finora: ad annunciarne la scoperta, pubblicata oggi sulle pagine della rivista “Nature”, sono i ricercatori e le ricercatrici dell’esperimento KM3NeT, telescopio subacqueo per neutrini attualmente in costruzione (ma già scientificamente attivo) in Italia e Francia.
L’evento, chiamato KM3-230213A, è stato osservato dal rivelatore ARCA, che si trova in Sicilia, 80 chilometri a sud-est di Capo Passero. Lo strumento ha identificato il neutrino in modo indiretto, rilevando il passaggio di un muone (una particella simile all’elettrone, ma più pesante) prodotto dall’interazione del neutrino cosmico con le molecole di acqua nelle vicinanze del rivelatore.
I ricercatori hanno stimato l’energia del neutrino pari a circa 220 petalettronvolt (PeV), ossia 220 milioni di miliardi di elettronvolt, almeno 30 volte superiore a quella dei neutrini più energetici osservati finora. Se è certo che il neutrino abbia un’origine cosmica remota, ben oltre la nostra Via Lattea, non è al momento ancora chiaro quale fenomeno possa averlo prodotto.
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L’origine dei neutrini cosmici è legata a processi astrofisici o cosmologici molto violenti, come per esempio esplosioni di supernove, lampi di raggi gamma o la formazione di buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Una volta prodotti, i neutrini (particelle neutre e leggerissime, che interagiscono molto debolmente con la materia) si muovono sostanzialmente indisturbati nell’universo, portando con sé informazioni molto preziose sugli eventi che li hanno generati.
Tuttavia, proprio a causa della loro scarsa capacità di interazione, i neutrini sono estremamente difficili da rilevare. Per questo motivo, gli esperimenti che tentano di catturarli devono essere molto sensibili e di grandi dimensioni; il telescopio KM3NeT, che una volta completato occuperà un volume di circa un chilometro cubo, soddisfa pienamente questi requisiti.
La sua particolarità è l’uso dell’acqua di mare come mezzo di interazione con i neutrini: le particelle prodotte in tali interazioni (come il muone osservato in questo caso) producono la cosiddetta “luce Cherenkov”, un segnale caratteristico di luce blu che si genera quando particelle cariche si muovono attraverso un mezzo, come l’aria o l’acqua, con velocità superiore a quella della luce in quel mezzo, e che può essere rilevata dai sensori del telescopio.
KM3Net – la cui collaborazione scientifica include 360 membri, appartenenti a 68 istituzioni di ricerca in 21 paesi di tutto il mondo – si compone di due rivelatori: il già citato ARCA, che si trova a 3450 metri di profondità e ha l’obiettivo di rilevare neutrini cosmici di alta energia, e lo strumento ORCA, situato a circa 40 chilometri dalla costa di Tolone (Francia) a 2450 metri di profondità, che punta a studiare le proprietà dei neutrini atmosferici. La configurazione finale di KM3NeT prevede l’installazione di 345 unità di rivelazione alte diverse centinaia di metri e ancorate al fondale marino (230 per ARCA e 115 per ORCA).
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Una particella “fantastica” potrebbe essere il neutrino più energetico mai rilevato
Al momento dell’osservazione di KM3-230213A, solo 21 unità di rivelazione di ARCA erano installate, ma già sufficienti a mettere a segno una scoperta storica.
“Fin dai primi momenti successivi alla rilevazione, ormai quasi due anni fa, la direzione di provenienza del muone osservato e la sua altissima energia ci hanno suggerito che potessimo avere a che fare con un evento generato da un neutrino cosmico”, ricorda Rosa Coniglione, ricercatrice dei Laboratori nazionali del Sud dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e vice portavoce dell’esperimento KM3NeT. “Le successive analisi accurate dell’osservazione hanno escluso ipotesi alternative. Il valore stimato dell’energia del neutrino, pari a 220 PeV, appartiene a una regione di energia in cui ci aspettiamo che esistano neutrini, ma dove finora anche gli esperimenti più avanzati non avevano osservato alcun evento.”
Il risultato corona uno sforzo sperimentale iniziato oltre dieci anni fa, che ha portato a progettare e poi realizzare un’infrastruttura unica nel suo genere, con una forte partecipazione italiana coordinata dall’INFN.
“Dal punto di vista tecnologico, costruire e mantenere un esperimento subacqueo, con strutture alte 700 metri e a 3500 metri di profondità, è una sfida enorme”, sottolinea Marco Circella dell’INFN, primo coordinatore tecnico del progetto. “Questo risultato premia le scelte iniziali di progettazione e costruzione, che puntano su un aumento progressivo delle dimensioni del rivelatore, permettendo all’esperimento di essere già operativo nella lunga fase di costruzione. L’arrivo di un neutrino come quello osservato, benché atteso, è un evento raro, ma noi siamo stati pronti a raccoglierlo e catalogarlo correttamente, grazie alle soluzioni tecnologiche che abbiamo sviluppato.”
Ma quale fenomeno cosmico potrebbe avere prodotto il neutrino osservato? Secondo la collaborazione è ancora presto per dirlo. “Questa misura apre una banda energetica del tutto inesplorata con i neutrini, sebbene di per sé non consenta di trarre conclusioni solide circa l’origine del neutrino osservato: per avere idee più chiare servirà fare altre osservazioni e aumentare la statistica di eventi disponibili”, sottolinea Silvia Celli, ricercatrice alla “Sapienza” Università di Roma e membro della collaborazione KM3NeT.
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“Tuttavia, è possibile avanzare due ipotesi plausibili: la prima è che il neutrino sia stato prodotto all’interno di una sorgente astrofisica altamente energetica al di fuori della nostra galassia, in seguito all’interazione tra i raggi cosmici emessi dalla stessa sorgente e la materia o la radiazione circostanti. La seconda prevede invece che il neutrino sia di natura ‘cosmogenica’, ossia generato dall’interazione di raggi cosmici altamente energetici con i fotoni della radiazione extragalattica o della radiazione cosmica di fondo, il residuo del big bang che tuttora permea l’intero universo”, spiega Celli.
Relativamente alla prima ipotesi, gli autori hanno identificato 12 potenziali blazar (galassie giganti contenenti un buco nero supermassiccio in rotazione) che potrebbero essere compatibili con la direzione di provenienza del neutrino. Su di essi è già alta l’attenzione degli astronomi, che stanno monitorando queste potenti sorgenti cosmiche per ricavare eventuali indizi sulla loro attività. Nel frattempo, la costruzione di KM3NeT prosegue, in attesa di altri segnali in arrivo dal cielo.