Non esiste più l’Artico di un tempo, è oramai drammaticamente diverso da vent’anni fa
L’aumento delle temperature, l’incremento delle precipitazioni, lo scongelamento del permafrost e la fusione dei ghiacci stanno spingendo l’Artico al di fuori dei suoi parametri di riferimento storici
di Chelsea Harvey/E&E News
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Nel 2024 l’Artico ha continuato la sua inesorabile trasformazione, registrando l’estate più piovosa, le temperature del permafrost più calde e il secondo anno più caldo in assoluto.
È la continuazione di uno schema a lungo termine e rappresenta l’ultima prova che l’Artico si è trasformato in una nuova condizione di esistenza, secondo l’ultima edizione dell’annuale Arctic Report Card pubblicata dalla statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Le temperature, le precipitazioni, la fusione dei ghiacci, il permafrost e altri fattori sono andati oltre la norma storica della regione. Il cambiamento è costante.
“L’Artico si trova ora in un nuovo regime, in cui le condizioni anno dopo anno sono sostanzialmente diverse rispetto a un paio di decenni fa”, ha dichiarato Twila Moon, scienziata del National Snow and Ice Data Center e principale redattrice del rapporto, durante la conferenza stampa che ha annunciato i risultati. “Tuttavia, il cambiamento climatico non sta portando a una nuova normalità. Al contrario, il cambiamento climatico sta portando un cambiamento continuo e rapido”
L’Arctic Report Card, pubblicata annualmente dal 2006, fornisce una documentazione periodica dell’evoluzione dell’Artico. La prima edizione ha messo in guardia dalla fusione dei ghiacci marini e dal disgelo del permafrost, indicando “punti caldi” in tutta la regione. Inoltre, sollevava preoccupazioni sulla stabilità della calotta glaciale della Groenlandia, i cui tassi esatti di fusione all’epoca erano ancora incerti.
Quasi due decenni dopo, gli studi hanno indicato che l’Artico si sta riscaldando almeno tre volte più velocemente della media globale. Il ghiaccio marino ha continuato a diminuire drasticamente, mentre il permafrost si è scongelato in ampie zone dell’Alaska, del Canada e della Siberia. Gli incendi selvaggi sono in aumento. Gli scienziati hanno confermato che la calotta glaciale della Groenlandia sta perdendo decine di miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno.
“Un importante punto di partenza per la scheda di valutazione [report card in inglese, NdR] dell’Artico è riconoscere che il riscaldamento del pianeta causato dall’uomo è amplificato nell’Artico”, ha dichiarato Moon. “L’Artico continua a riscaldarsi più rapidamente di tutto il pianeta e gli ultimi nove anni nell’Artico sono i nove più caldi mai registrati”
Non tutti gli anni sono da record. L’anno scorso il ghiaccio marino ha raggiunto il sesto minimo di estensione. L’estate è stata la seconda più calda mai registrata dopo quella del 2023. Anche le temperature del permafrost hanno raggiunto il secondo livello più caldo.
Nel frattempo, la Groenlandia ha registrato i livelli più bassi di perdita di massa dal 2013. L’accumulo di neve è stato superiore alla media nell’Artico eurasiatico e nordamericano.
Ma tutti questi fattori sono ancora in linea con l’andamento a lungo termine dei cambiamenti che l’Artico ha registrato negli ultimi decenni. Le temperature sono in rapido aumento, anche se non raggiungono record storici ogni anno. Il ghiaccio marino è in costante diminuzione. E la calotta glaciale della Groenlandia ha contribuito all’innalzamento del livello globale del mare per 27 anni consecutivi.
Nel frattempo, nel 2024 sono stati battuti alcuni record.
Un’ondata di calore in agosto ha battuto i record di temperatura giornaliera in alcune comunità dell’Alaska e del Canada. Le precipitazioni estive sono state le più alte mai registrate. E anche se le nevicate sono state superiori alla media in molte località, la stagione della neve è stata la più breve da almeno 26 anni a questa parte in alcune zone del Canada Artico centrale e orientale. Ciò è dovuto in gran parte alla combinazione di un inizio più tardivo della nevicata in autunno e di uno scioglimento precoce in primavera, a causa dell’aumento delle temperature.
Anche le popolazioni di animali selvatici ne risentono, come si legge nel nuovo rapporto, anche se non sempre allo stesso modo.
Le popolazioni di foche dei ghiacci in gran parte dell’Artico rimangono in buona salute. Questo nonostante il fatto che il merluzzo artico, la loro fonte di cibo storicamente preferita, sia diminuito in seguito all’aumento delle temperature. Gli studi suggeriscono invece che le foche hanno cominciato a predare il merluzzo zafferano (Eleginus gracilis), che preferisce acque più calde e che si prevede aumenterà nei prossimi anni.
Questo è un buon segno per le foche dei ghiacci, ha dichiarato Lori Quakenbush, scienziata ed esperta di mammiferi marini all’Alaska Department of Fish and Game.
“Sebbene le foche dei ghiacci siano estremamente adattate al ghiaccio marino, che sta diminuendo, non abbiamo ancora prove del fatto che le loro capacità di adattamento siano limitate dagli attuali cambiamenti ecologici”, ha dichiarato.
I caribù, invece, non se la passano bene. Le popolazioni di caribù migratori della tundra sono diminuite del 65 per cento negli ultimi 20-30 anni, scendendo a 1,8 milioni da un picco di 5,5 milioni di capi negli anni novanta e duemila. Mentre alcune piccole mandrie costiere hanno mostrato segni di ripresa nell’ultimo decennio, le mandrie più grandi dell’entroterra sono rapidamente diminuite.
Anche questa è una conseguenza dell’aumento delle temperature, osserva il rapporto. Il clima invernale più caldo aumenta le probabilità di eventi di pioggia gelata, che possono coprire le piante da cui i caribù dipendono per nutrirsi.
Questo declino è fonte di grande preoccupazione per molte comunità indigene dell’Artico. “Il declino dei caribù è una preoccupazione cruciale per le popolazioni locali, la cui sicurezza alimentare è legata a questi animali da tempo immemorabile”, ha dichiarato Quakenbush.
Secondo gli scienziati, il nuovo rapporto evidenzia la necessità di ridurre rapidamente le emissioni di gas serra a livello globale.
“Sebbene possiamo sperare che molte piante e animali trovino vie di adattamento, come hanno fatto finora le foche dei ghiacci, la speranza non è una via di preparazione al o di riduzione del rischio”, ha detto Moon. “Con la quasi totalità delle emissioni che intrappolano calore prodotte dall’uomo al di fuori dell’Artico, solo le azioni più incisive per ridurre queste emissioni ci permetteranno di minimizzare il più possibile i rischi e i danni in futuro. Questo vale per l’Artico e per il mondo intero.”