Amplificazione Artica: ecco come il riscaldamento del Polo Nord sta cambiando il clima del pianeta
Il riscaldamento accelerato dell’Artide sta trasformando l’equilibrio climatico della Terra. Scopriamo le cause, gli effetti su scala globale e il contributo della ricerca INGV nello studio di questi cambiamenti
di Stefania Danesi e Giovanni Muscari
tratto da INGVAMBIENTE
Il riscaldamento dell’Artide sta accelerando a un ritmo preoccupante, con effetti che vanno ben oltre i confini del Polo Nord. Questo fenomeno, noto come amplificazione artica, sta ridefinendo l’equilibrio climatico globale, con implicazioni che riguardano l’intero pianeta.
Ma come funziona esattamente? E quali sono le sue conseguenze?
In questo post esploreremo le cause, gli effetti e il ruolo della ricerca INGV nello studio di questo cambiamento.
Che cos’è l’amplificazione artica?
L’amplificazione artica è un fenomeno per cui la temperatura superficiale dell’Artide sta aumentando a un ritmo molto più elevato rispetto alla media globale. Negli ultimi 60 anni, in questa regione si è registrato un riscaldamento di 3-4 volte superiore alla media globale, che si aggira intorno a 1°C.
Questo aumento delle temperature sta avendo un impatto enorme su un ecosistema estremamente delicato, causando cambiamenti visibili e misurabili. Uno degli effetti più rilevanti è la riduzione del ghiaccio marino: negli ultimi 45 anni, la sua estensione nel mese di settembre è diminuita di oltre il 40%
Perché avviene l’amplificazione artica?
Il principale meccanismo che causa questo fenomeno è un feedback positivo, ovvero un ciclo che si auto alimenta e che amplifica il riscaldamento. Quando la temperatura superficiale aumenta, il ghiaccio marino si riduce. Questa perdita di ghiaccio provoca a sua volta un ulteriore riscaldamento, poiché il ghiaccio riflette circa il 60-70% della radiazione solare, mentre la superficie oceanica libera ne riflette solo il 5%, assorbendo il restante 95% del calore solare.
Il riscaldamento iniziale, dovuto principalmente all’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera e al conseguente effetto serra, innesca così un circolo vizioso: meno ghiaccio, più calore assorbito, temperature più alte e ulteriore fusione. Questo processo, noto come diminuzione dell’albedo (ovvero della capacità riflettente di una superficie), è cruciale per comprendere l’amplificazione artica.
Perché in Artide e non in Antartide?
L’amplificazione artica è un fenomeno specifico dell’Artide, che è un mare circondato da terraferma, mentre l’Antartide è un continente circondato da oceani.
In Artide, la diminuzione del ghiaccio marino riduce direttamente l’albedo, amplificando il riscaldamento della superficie. In Antartide, invece, la calotta continentale è molto più spessa e isolata, e per ora i suoi cambiamenti non hanno un impatto significativo sull’albedo regionale.
Tuttavia, la situazione potrebbe peggiorare anche in Antartide se non riusciremo a rallentare l’aumento delle temperature globali. Un ulteriore riscaldamento potrebbe portare a cambiamenti irreversibili anche in questa regione polare.
Quali sono le conseguenze globali dell’amplificazione artica?
Gli effetti dell’amplificazione artica non si limitano alle regioni polari, ma si estendono a livello globale. Uno dei principali impatti è l’aumento del livello del mare. Sebbene la fusione del ghiaccio marino non contribuisca direttamente all’innalzamento degli oceani, la rapida scomparsa della calotta groenlandese rappresenta una delle principali cause. Entro il 2100, si stima infatti che la perdita di ghiaccio della Groenlandia contribuirà per 15-25 cm all’innalzamento globale, pari a circa il 30% del totale previsto.
La perdita di ghiaccio artico altera le correnti oceaniche e atmosferiche, influenzando il clima globale. In maniera diretta, la fusione della calotta polare contribuisce all’innalzamento del livello dei mari e alle variazioni negli equilibri termici, fisici e chimici dei mari e dell’atmosfera.
In maniera indiretta, l’impatto è ancora più evidente alle latitudini medie: l’aumento degli eventi estremi (alluvioni, ondate di calore, tempeste) rappresenta una minaccia significativa per la vulnerabilità delle infrastrutture e per le comunità costiere.
Il progetto MACMAP: la ricerca di INGV
Per comprendere meglio questi fenomeni, il progetto MACMAP, coordinato da INGV, ha avviato uno studio sulla perdita di massa glaciale in Groenlandia.
Nella Groenlandia nord-occidentale, presso il fiordo di Wolstenholme, il progetto sta monitorando il ghiacciaio Harald Moltke. Questo ghiacciaio riversa grandi quantità di ghiaccio nell’oceano Atlantico, generando iceberg che scompaiono gradualmente durante la stagione estiva.
Per studiare questi fenomeni, sono state installate quattro stazioni sismiche e un mareografo lungo il fiordo. Questi strumenti registrano le onde sismiche e mareografiche generate dai distacchi di ghiaccio, permettendo di stimare quanta massa glaciale si perde, se questa perdita sta accelerando e quali aree sono più vulnerabili.
Un altro aspetto fondamentale del progetto riguarda lo studio dell’albedo nelle aree circostanti il fiordo. Monitorando i parametri climatici e la capacità riflettente di neve e ghiaccio, si cerca di comprendere come vari l’albedo nel tempo e quali saranno le conseguenze a lungo termine in questa regione polare.
Un futuro incerto, ma non inevitabile
Conoscere i meccanismi dell’amplificazione artica e monitorarne gli effetti è essenziale per prevedere i cambiamenti futuri e mitigarne le conseguenze. Progetti come MACMAP forniscono dati preziosi per migliorare le previsioni climatiche e per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, non solo per l’Artide, ma per l’intero pianeta.