UN TEMPORALE AUTORIGENERANTE VISTO DAL BASSO PER COGLIERE LE DINAMICHE DEL SISTEMA E VEDERE LE PIOGGE CHE GENERANO LE ALLUVIONI LAMPO

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UN TEMPORALE AUTORIGENERANTE VISTO DAL BASSO PER COGLIERE LE DINAMICHE DEL SISTEMA E VEDERE LE PIOGGE CHE GENERANO LE ALLUVIONI LAMPO

UN TEMPORALE AUTORIGENERANTE VISTO DAL BASSO PER COGLIERE LE DINAMICHE DEL SISTEMA E VEDERE LE PIOGGE CHE GENERANO LE ALLUVIONI LAMPO

di Andrea Corigliano – Fisico dell’atmosfera

Più volte, negli ultimi giorni, vi ho mostrato come si vede un temporale autorigenerante dal satellite o dal radar perché sono stati tanti i casi che si sono presentati non solo in Italia, ma anche nella vicina Francia e per finire, anche in Spagna dove purtroppo gli effetti sono stati davvero catastrofici: al momento, si parla di oltre 200 vittime e ancora di numerosi dispersi. Abbiamo spiegato che questo fenomeno, chiamato anche «temporale V-shaped» per la classica forma a V che assume, diventa il responsabile delle alluvioni lampo se persiste a lungo sulla stessa area perché le precipitazioni che genera sono a carattere di nubifragio continuo: in pratica, è come trovarsi sotto una cascata d’acqua che può insistere anche per diverse ore.

Come si mostra questa impressionante macchina atmosferica che converte il vapore acqueo in piogge torrenziali se lo guardiamo dal basso? Per osservare una panoramica del fenomeno, ci viene per esempio in aiuto una fotografia che fu scattata il 25 ottobre 2011 dalle alture di Riomaggiore (SP) verso nord-ovest da Dean Gill, un cacciatore di temporali: in questo caso, la struttura temporalesca è stata quella che causò l’alluvione delle Cinque Terre e della Val di Vara, dove purtroppo persero la vita ben tredici persone. In questo evento, il primato di precipitazione più abbondante spettò a Brugnato dove caddero 472 millimetri di pioggia in 6 ore e 511 millimetri in 12 ore. Nella comunità valenciana ne sono caduti quasi 500 in otto ore: stiamo quindi parlando all’incirca della stessa massa d’acqua che si è riversata in poco tempo sull’area interna, prossima ai rilievi montuosi. Osserviamo insieme la prima foto. Quelle «ochette» che vediamo sul mare, cioè quelle piccole onde sulla cui cresta si vede la schiuma, testimoniano la spinta delle correnti di scirocco in risalita dal Mar Tirreno lungo la costa del Levante Ligure spezzino: è l’aria calda e umida che alimenta il temporale.

Se aguzziamo la vista, si nota che in lontananza le «ochette» scompaiono quasi in prossimità di quella banda nuvolosa che si allunga sul mare e che si trova a una quota più bassa: questa struttura si chiama «nube a mensola» – «shelf cloud» in inglese – e la sua presenza proprio laddove non si vedono più le «ochette» non è casuale perché questa nube si forma a causa della risalita dell’aria calda pompata dai venti sciroccali che in questo settore vengono scaraventati verso l’alto dalle correnti discendenti del temporale che, poco più in là, sta dando i massimi effetti in termini di piogge intense. Un particolare di questa nube accessoria ci viene mostrato nella seconda foto scattata dallo stesso autore a una distanza ravvicinata, probabilmente nei pressi di Corniglia, da dove si può osservare ancora meglio il muro di pioggia presente subito dietro la nube, in scorrimento dal mare verso la terraferma sotto la spinta delle correnti in quota provenienti da sud-ovest. Immaginate ora questo nastro quasi stazionario che scorre per due, tre, quattro, cinque, otto ore sempre sulla stessa zona, dove i violenti nubifragi diventano così persistenti: non ci vuole molto ad arrivare a 472 mm in sei ore o a quasi 500 mm in otto ore e si può fare ben poco per contenere un autentico diluvio se non mettersi in salvo.

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