IL CLOUD SEEDING E L’ALLUVIONE IN SPAGNA: ECCO PERCHÉ È IMPOSSIBILE CHE CI SIANO LEGAMI

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IL CLOUD SEEDING E L’ALLUVIONE IN SPAGNA: ECCO PERCHÉ È IMPOSSIBILE CHE CI SIANO LEGAMI

IL CLOUD SEEDING E L’ALLUVIONE IN SPAGNA: ECCO PERCHÉ È IMPOSSIBILE CHE CI SIANO LEGAMI

di Andrea Corigliano
Fisico dell’Atmosfera

L’alluvione che ha colpito la Comunità Valenciana è ancora sotto gli occhi in tutti. L’evento ha suscitato emozioni forti che si sono susseguite tra sgomento, rabbia e incredulità per quanto è successo. Non è però la prima volta che, di fronte a fenomeni atmosferici particolarmente violenti, insieme alle immagini della devastazione scorrono sui social e sui principali mezzi di informazione anche teorie cospirazioniste, messe spesso in circolo per insinuare dubbi e per provare a minare le solide basi scientifiche su cui poggia da sempre la fisica dell’atmosfera.

Sono teorie che fanno breccia soprattutto in chi non ha sviluppato una cultura di base in questo campo e che quindi è portato a spiegare ciò che ritiene «strano» – perché non spiegabile con il ristretto bagaglio di nozioni che possiede – ricorrendo a teoremi che non poggiano su alcun fondamento scientifico. Manca, innanzitutto, la percezione del fenomeno meteorologico estremo nella sua grandezza, nell’energia che è stata necessaria per formarlo e che lo sostiene e, non da ultimo, nelle forze in gioco che hanno permesso che si formasse e che fanno parte della dinamica atmosferica alla mesoscala e alla scala sinottica. Diventa allora facile, in questo modo, tirare in ballo esperimenti come l’inseminazione artificiale delle nubi, nota comunemente come «cloud seeding», dimostrando tra l’altro di non conoscere quali sono le condizioni in cui si può tentare questa pratica, peraltro costosa, per provare a portare a casa qualche goccia di pioggia in più, peraltro non assicurata.

Questo ennesimo polverone è stato sollevato da un articolo pubblicato ad agosto da un sito di meteorologia – non dall’Agenzia di Meteorologia spagnola AEMET – e rispolverato in questi ultimi giorni, in cui si faceva riferimento ad un presunto allarme per i possibili rischi legati a questa tecnica che era stata applicata in Marocco per contrastare la siccità: nulla di sconosciuto perché, effettivamente, lo stato nord africano ha portato avanti più volte questo programma, noto con il nome di Al-Ghaith, negli ultimi decenni per sostenere l’agricoltura soprattutto nell’area in prossimità della Catena dell’Atlante. Arrivare però a sostenere che questa tecnica abbia potuto contribuire all’alluvione in Spagna solo perché ad agosto aleggiavano questi timori significherebbe in pratica pensare che l’inseminazione condotta tre mesi fa sia riuscita a dare effetti a scoppio ritardato in un’area diversa da quella in cui questa tecnica è stata praticata: basterebbe fermarsi qui perché stiamo lavorando già molto con la fantasia.

Spieghiamo invece che è impossibile che ciò sia potuto accadere perché il cloud seeding è un’operazione che, per provare a essere efficace, deve essere condotta in una finestra temporale ben precisa e in condizioni ambientali ben definite dallo stato termodinamico in cui si trova la nube che deve essere inseminata solo quando si è già formata. Quello che si fa è agire sulla microfisica delle nubi e quindi intervenire sul tipo e sulla concentrazione dei nuclei di condensazione e di ghiacciamento che funzionano da collante per aggregare le goccioline di nube e formare rispettivamente le gocce di pioggia e i cristalli di ghiaccio. In pratica, è come se alla nube si desse un piccolo aiuto artificiale per accelerare la formazione delle precipitazioni aggiungendo nuclei di condensazione e di ghiacciamento a quelli che sono già presenti e che da sempre favoriscono le precipitazioni: tra questi, citiamo per esempio alcune particelle di aerosol come il solfato di ammonio e il cloruro di sodio, le polveri di caolinite o persino alcuni batteri di materiale vegetale in decomposizione come il «pseudomonas syringae» che accelerano la formazione e la caduta delle idrometeore.

Nel caso per esempio dell’inseminazione igroscopica – che si attua nelle nubi a base calda con temperatura superiore a 0 °C – la tecnica avviene aggiungendo sali che si accrescono velocemente, diventano nuclei di condensazione e, insieme agli altri nuclei già presenti, concorrono alla formazione della pioggia per coalescenza, cioè tramite il processo che aggrega le goccioline a seguito di collisioni fino a quando il loro peso vince la forza dei moti ascensionali e le porta a cadere. Nel caso dell’inseminazione glaciogena, utilizzata invece per le nubi fredde, si interviene inseminando in un ambiente sovraraffreddato delle particelle per arrivare ad una ottimale concentrazione di nuclei di ghiacciamento. Affinché però si possa sperare che l’inseminazione dia i frutti, bisogna aspettare che la nube si sviluppi in altezza fino ad arrivare, al sua sommità, ad una temperatura non inferiore a -30 °C e che al suo interno sia presente una quantità più che sufficiente di acqua sovraraffreddata.

L’argomento è molto complesso e non può essere certamente discusso in poche righe. Quanto abbiamo però esposto dovrebbe essere comunque sufficiente a comprendere che il margine di insuccesso di questi esperimenti è molto ampio e che quindi la tecnica di inseminazione può avere esito incerto o nullo dal momento che, per essere efficace, richiede interventi mirati nei tempi che dipendono strettamente dalla dinamica evolutiva della nube che si vuole inseminare: non è che una mattina un aereo si alza in volo, semina anche a cielo sereno (come in molti credono) e poi magicamente inizia a piovere. Anche questa è pura fantasia.

L’azione di inseminazione mirata nel tempo e nello spazio può produrre effetti mirati nel tempo e nello spazio solo nell’area in cui avviene l’esperimento, tanto che si stima che in caso di successo l’incremento della precipitazione può variare dal 10% al 15% al massimo entro poche ore dall’inseminazione. Si tratta quindi di un aumento davvero esiguo che non può mai giustificare il verificarsi di piogge monsoniche, cioè di una precipitazione di 42 millimetri in dieci minuti, di 103 millimetri in mezz’ora, di 185 millimetri in un’ora e di ben 772 millimetri in ventiquattro ore, anche perché un’eventuale inseminazione avvenuta in Marocco agirebbe in Marocco e non a centinaia di chilometri di distanza.

In ultimo, le piogge estreme erano state previste dalla modellistica numerica, altrimenti l’Agenzia Meteorologica spagnola non avrebbe emesso un’allerta rossa specificando il «rischio meteorologico estremo con fenomeni non abituali di intensità eccezionale», come è poi realmente successo.

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