Quante persone sono in pericolo di vita ogni giorno abitando sotto (o sopra) i vulcani?

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Quante persone sono in pericolo di vita ogni giorno abitando sotto (o sopra) i vulcani?

Ogni anno nel mondo ne eruttano una sessantina. Alcuni sono i soliti noti, altri ci colgono di sorpresa. Ma la lava non è (quasi mai) l’elemento più pericoloso.
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La grande attività vulcanica degli anni passati del Kilauea ha provocato soltanto un ferito grave (un uomo, colpito da un proiettile di lava mentre era seduto al balcone): è il risultato di una capillare rete di monitoraggio del vulcano hawaiano, attivo da 35 anni. Non sempre però, il bilancio è così positivo.

Nel mondo 800 milioni di persone abitano nel raggio di 100 km da un vulcano attivo – una distanza che comporta rischi potenzialmente letali. Tra questi, 200 milioni vivono in Indonesia. Secondo un’analisi commissionata dalla BBC ai vulcanologi dell’Università di Bristol (Regno Unito), dal 1500 ad oggi circa 280 mila persone sono state uccise da eruzioni vulcaniche o fenomeni connessi, 170 mila da sei eventi soltanto.

La maggior parte di queste persone è finita vittima di colate di fango vulcanico nelle Filippine, di fiumi di lava nella Repubblica Democratica del Congo, di proiettili di roccia in Giappone. Alcuni anni fa, tre persone sono morte in Italia cadendo in un cratere della Solfatara di Pozzuoli e un’altra persona è morta durante una eruzione dello Stromboli. Dal 2000 ad oggi le vittime di vulcani sono state più di 2.000.

La lava del Kilauea, che ha percorso 5 km fino all’oceano, a temperature di 1.200 °C, non risulta particolarmente mortale perché procede abbastanza lentamente da consentire un’evacuazione a passo d’uomo. I guai cominciano quando, lungo il percorso, causa esplosioni, o quando, giunta al mare, genera sbuffi di vapore, acido cloridrico e frammenti di vetro. Anche l’anidride solforosa, rilasciata dal vulcano hawaiano in fase eruttiva e non solo, rappresenta una possibile minaccia.

Acqua mista a ceneri vulcaniche a Bali. Quando questi fiumi di fango precipitano dalle pendici di un vulcano ad elevate velocità, prendono il nome di lahar. | REUTERS/Johannes P. Christo

In ogni caso, gas e lava combinati sono responsabili soltanto del 2% delle morti legate a vulcani. Il più luttuoso evento vulcanico si registrò in Camerun nel 1986, quando oltre 1.500 persone perirono nel sonno per una nube di anidride carbonica rilasciata dal Lago Nyos.

La maggior parte delle vittime di vulcani – 120 mila negli ultimi 500 anni – muore per le colate piroclastiche e i lahar. Le prime sono valanghe velocissime di roccia, ceneri e gas che raggiungono i 700 °C di temperatura e annientano chiunque si trovi sulla loro strada. Hanno una velocità di discesa che può raggiungere i 700 km orari e sono tra i fenomeni vulcanici più mortali in assoluto – fu una colata piroclastica a distruggere Pompei nel 79 d. C. e a uccidere 30 mila persone in Martinica nel 1902.

I lahar sono fiumi di fango vulcanico (acqua, ceneri e detriti) che si formano per l’interazione di pioggia, neve o ghiaccio con il materiale vulcanico, e che possono trasportare rocce, alberi, auto – qualunque oggetto si ritrovino ad inghiottire. Nel 1985, 25 mila persone morirono a causa dei lahar a Nevado del Ruiz, in Colombia. Storicamente, inoltre, le più imponenti eruzioni vulcaniche sono state seguite da periodi di carestia o epidemie dovute ai cambiamenti climatici innescati dai gas eruttati.

I vulcani più pericolosi in assoluto sono, spesso, quelli meno studiati, perché sorprendono con risvegli inaspettati. Oggi i satelliti consentono il monitoraggio delle montagne più remote del mondo, ma soltanto il 20% dei vulcani terrestri ha una rete di sorveglianza terrestre.

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