Il lato nascosto della Luna è sempre meno oscuro

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Il lato nascosto della Luna è sempre meno oscuro

Il materiale proveniente dal lato della Luna non visibile da Terra, recuperato di recente dal lander cinese Chang’e 6, potrebbe risolvere un enigma di vecchia data: perché quel lato è così diverso da quello rivolto verso di noi? Non c’è nessun lato oscuro della Luna, in realtà. Anzi, è tutto buio- Pink Floyd, “Eclipse”
di Phil Plait
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Il 25 giugno un pezzo di Luna è caduto sulla Terra. Si trattava di un pezzo consistente: quasi due chilogrammi di roccia e polvere estratti dalla crosta lunare dal lander cinese Chang’e 6, che aveva toccato la superficie lunare poche settimane prima. Messi in una capsula di ritorno lanciata da un razzo, quei campioni si sono incontrati con la navicella madre Chang’e 6 nell’orbita lunare e poi hanno viaggiato su un modulo di ritorno a Terra per un viaggio di 380.000 chilometri verso casa, paracadutandosi infine nella Mongolia interna per essere recuperati e studiati da scienziati entusiasti.

L’impresa è stata più o meno la stessa del ritorno del campione lunare prelevato dalla missione Chang’e 5 del 2020, salvo una differenza molto importante: questa volta – e per la prima volta in assoluto – il materiale proveniva dal lato lontano della Luna, che è sempre rivolto in senso opposto alla Terra. Ciò ha richiesto ulteriori passaggi, come l’uso di satelliti dedicati in orbita lunare per trasmettere le comunicazioni, ma il risultato scientifico potrebbe giustificare gli sforzi. I ricercatori sperano che i minerali contenuti in questi campioni storici possano aiutare a risolvere un mistero di lunga data nella scienza planetaria: perché il lato lontano della Luna è così diverso da quello vicino.


Noi vediamo sempre e solo una faccia lunare perché la Luna impiega circa lo stesso tempo per ruotare una volta su sé stessa e per completare una singola orbita intorno alla Terra. Non si tratta di una coincidenza: la cosa è legata alla forte influenza mareale del nostro pianeta sul nostro satellite naturale. Il risultato è che, più o meno, possiamo dividere la Luna in due emisferi: il lato che è sempre rivolto verso di noi – il lato vicino – e quello che punta sempre dall’altra parte, il lato lontano.

Chiunque abbia osservato la Luna ha familiarità con le caratteristiche più evidenti del lato vicino: molte grandi macchie scure, approssimativamente circolari, sullo sfondo di un terreno più luminoso. Gli antichi astronomi soprannominarono queste macchie scure “maria” (latino per “mari”) per via del loro aspetto simile all’acqua, se viste dalla Terra. In realtà si tratta di pianure di minerali vulcanici basaltici – lava solidificata – eruttati da sotto la superficie molto tempo fa. Le regioni più luminose del lato vicino sono invece altipiani più antichi, pesantemente craterizzati e più riflettenti, che si innalzano dalle pianure.

Gli astronomi avevano a lungo ipotizzato che l’altra faccia della Luna, per lo più invisibile, fosse simile. Ma le ricognizioni spaziali infransero queste aspettative nel 1959, quando la sonda sovietica Luna 3 trasmise la prima immagine del lato più lontano. Sebbene fosse sgranata e sfocata, la fotografia era comunque abbastanza chiara da rivelare un paesaggio estremamente diverso. Il lato lontano era quasi tutto un aspro altopiano, mentre i vasti mari del lato vicino si riducevano a poche e sparse macchie scure. Decenni di osservazioni successive non hanno fatto altro che ampliare lo sconvolgente divario tra gli emisferi. I dati gravitazionali delle due navicelle GRAIL (Gravity Recovery and Interior Laboratory) in orbita lunare, per esempio, indicavano che la crosta del lato lontano era in media più spessa di circa 20 chilometri rispetto a quella del lato vicino.


Perché i due emisferi erano così diversi? Si può essere tentati di pensare che le maree terrestri abbiano avuto un ruolo, ma le cose non sono mai così semplici.

La causa deve risalire alla nascita della Luna. L’attuale visione dell’origine lunare, ampiamente accettata dagli scienziati, è chiamata ipotesi dell’impatto gigante (nota anche come big splat, che mi piace parecchio). In questo scenario, un mondo delle dimensioni di Marte – che gli astronomi chiamano Theia, dal nome della titanide che nella mitologia greca era la figlia di Gaia – ha sbattuto contro la Terra con un angolo radente poco dopo la formazione del nostro pianeta 4,6 miliardi di anni fa. L’immenso rilascio di energia ha fatto a pezzi Theia, facendo sprofondare il suo nucleo nelle profondità della Terra e facendo schizzare in orbita i suoi strati esterni e molto materiale terrestre.

Tutta quella roccia surriscaldata si è raffreddata rapidamente nello spazio ed è divenuta la Luna. Gli scienziati discutono ancora sui dettagli, ma il nostro satellite potrebbe essersi formato dai detriti in un arco di tempo che va da pochi mesi a pochi anni! A quel tempo, la Luna era molto più vicina alla Terra di quanto non lo sia oggi, forse solo un decimo della distanza attuale; nel corso degli anni, le forze di marea l’hanno gradualmente spinta più lontano.

A quella distanza ravvicinata, l’interazione di marea tra i due corpi era molto forte e la Luna appena nata potrebbe essere entrata in rotazione sincrona (cioè con un periodo di rotazione su sé stessa uguale al periodo di rivoluzione intorno alla Terra) in appena un anno. Questo è un tempo molto più breve di quello in cui la sua crosta può essersi formata e solidificata, il che significa che la dicotomia tra i due emisferi non può essere stata causata dalla forza di attrazione mareale della Terra. Deve essere successo qualcos’altro per ispessire il lato più lontano quando la crosta si è inizialmente raffreddata.

Gli scienziati hanno avanzato alcune idee, ma nessuna si è rivelata perfetta per spiegare la dicotomia che vediamo oggi. Forse dai detriti del big splat si è formata una seconda luna più piccola che alla fine si è scontrata a bassa velocità con la luna più grande e ne ha ricoperto il lato opposto con materiale aggiuntivo. O forse i processi fisici in atto all’interno della Luna neonata hanno permesso a un lato di diventare più spesso.

Poi, nel 2014, un gruppo di astronomi ha pubblicato una nuova spiegazione, probabilmente migliore. Il colpevole non erano le maree del nostro pianeta, ma la Terra stessa.

In tutti i modelli che hanno studiato l’evoluzione della giovane Luna, nessuno ha tenuto conto appieno del fatto che un’enorme Terra si stagliava prepotentemente nel cielo lunare. Poco dopo la formazione della Luna, la Terra era così vicina che doveva occupare ben 40 gradi di diametro angolare nel cielo visto dalla Luna, coprendo un’area celeste 20 volte più grande di quella attuale.


Ricordiamo che a quel tempo la Terra era calda. L’impatto di Theia avrebbe vaporizzato gran parte della superficie del nostro pianeta e fuso il resto. Per molti secoli, se non millenni, il calore della roccia che bolliva a circa 2000 gradi Celsius avrebbe cotto il lato vicino della luna nascente, portandolo a circa 1000 gradi Celsius, mentre il lato lontano si sarebbe raffreddato a temperature gelide.

Questo ha profonde implicazioni. All’inizio, quando la Luna era ancora del tutto fusa, avrebbe avuto un’atmosfera di rocce e metalli incandescenti. Gli elementi più duri, come il calcio e l’alluminio, hanno un punto di ebollizione molto alto e sarebbero rimasti sotto forma di gas sul lato vicino della Luna, mentre si sarebbero facilmente condensati sul lato lontano, più freddo. Questi elementi spazzati dal vento avrebbero interagito con altri sul lato lontano, formando minerali relativamente leggeri come il feldspato, che avrebbero galleggiato sulla superficie per creare gradualmente la crosta più spessa di quel lato.

È interessante notare che i rilevamenti orbitali mostrano una maggiore quantità di feldspato sul lato lontano rispetto a quello vicino. Inoltre, questo processo potrebbe aver concentrato altri minerali sul lato vicino, compresi quelli radioattivi che avrebbero riscaldato la crosta su questo lato e permesso al magma di prorompere. Questo avrebbe inondato gran parte della superficie del lato vicino creando i mari scuri, mentre il lato lontano sarebbe rimasto per lo più privo di crateri.

Questo risolve la misteriosa dicotomia lunare? L’idea è la migliore che ci sia al momento, ma naturalmente sono necessarie altre prove a sostegno. Il materiale del lato estremo portato a Terra da Chang’e 6 potrà forse fornire alcuni indizi, una volta che gli scienziati avranno eseguito analisi chimiche dettagliate.

È buffo: a volte la gente chiama il lato lontano della Luna il suo “lato oscuro”, ma è un’idea sbagliata. Questo lato riceve infatti la stessa illuminazione di quello vicino nelle due settimane di illuminazione solare che costituiscono la metà di ogni giorno lunare completo. In questo senso, l’affermazione della canzone dei Pink Floyd era giusta. Questa frase può forse essere riscattata da un’interpretazione più poetica: il “lato oscuro” è quello su cui siamo più all’oscuro. Non lo conosciamo così bene perché non è visibile dalla Terra ed è ancora in gran parte inesplorato.

Ma questo non è più vero come un tempo. Presto dovremmo avere le risposte alle domande che ci siamo posti fin dall’inizio dell’era spaziale. Abbiamo mappato il lato più lontano della Luna e ora ne abbiamo anche dei campioni da studiare. All’orizzonte si intravedono lampi di luce e sta nascendo una nuova era di scoperte. La nostra comprensione del lato lontano non resterà oscura per sempre.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American”. Traduzione ed editing a cura di “Le Scienze”. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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