I punti deboli della centrale nucleare di Kursk e rischi dello scenario peggiore
Le attività militari nelle sue vicinanze sono particolarmente preoccupanti per la tipologia di reattori e di infrastrutture presenti nel perimetro nucleare, l’impianto è stato costruito con la stessa tecnologia della centrale di Chernobyl.
dal nostro inviato Piergiorgio Pescali
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Come spiega un resoconto sul posto, in occasione della visita dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica Kursk- Martedì 27 agosto, assieme al direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Mariano Grossi, ho seguito la visita alla centrale nucleare di Kursk, a poche decine di chilometri dal fronte dell’avanzata ucraina in territorio russo iniziata all’inizio del mese.
La visita, effettuata con un gruppo di colleghi dell’agenzia, è stata richiesta dallo stesso direttore generale della Rosatom, Alexey Likhacev, dopo che un drone è stato abbattuto il 22 agosto, a circa 100 metri dal deposito di combustibile nucleare.
“L’attività militare nelle vicinanze di una centrale nucleare è un serio rischio per la sicurezza nucleare”, ha affermato Grossi e, benché ogni attacco di tipo militare o terroristico a un sito atomico sia una grave e pericolosa violazione del protocollo di sicurezza, le minacce alla centrale di Kursk sono particolarmente preoccupanti per la tipologia di reattori e di infrastrutture presenti nel perimetro nucleare.
Anche se si è portati a paragonare la situazione di Kursk con la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, occupata da marzo 2022 dalle truppe russe, il contesto attuale è decisamente più preoccupante.
I sei reattori presenti a Zaporizhzhia, tutti di tipo VVER, sono protetti da un involucro di acciaio spesso 20 centimetri e da altri due contenitori di calcestruzzo rinforzato di 1,5 metri ciascuno che mantengono il nucleo contenente le barre di combustibile al riparo anche dai missili convenzionali più potenti. Le numerose disconnessioni elettriche che impediscono all’acqua di raffreddamento di circolare all’interno del cuore del reattore sono sempre state risolte con l’intervento dei generatori di emergenza. I pericoli di fusione dei noccioli, che peraltro allo stato attuale sono tutti in condizione di fermo a freddo, sono stati scongiurati con l’intervento dei generatori di emergenza e i depositi a secco di scorie a Zaporizhzhia hanno perso gran parte della loro attività radioattiva.
Mentre le dighe vengono fatte saltare, le centrali a carbone funzionano a singhiozzo, i pannelli solari e le turbine eoliche sopravvissute alla distruzione vengono smantellate e trasferite in Russia per poter essere lì riutilizzate, il nucleare si è dimostrata essere, anche in scenari di guerra, la fonte energetica non fossile più sicura e stabile, che fornisce, nonostante il fermo di Zaporizhzhia, il 50 per cento dell’energia prodotta in Ucraina.
A Kursk, però, ci troviamo davanti a una situazione assai differente: la centrale nucleare russa propone un potenziale pericolo più reale e grave rispetto a quello offerto dalla centrale ucraina e alla quasi totalità dei 439 reattori attualmente in funzione nel mondo. Quella di Kursk è, infatti, una delle ultime tre centrali al mondo che usano ancora reattori di tipo RBMK, lo stesso modello che ha causato l’incidente di Chernobyl nel 1986 (altri due reattori sono nella centrale di Leningrad e tre reattori in quella di Smolensk).
A Kursk, sebbene i reattori delle Unità 1 e 2 siano ormai fermi e in fase di decommissione, le Unità 3 e 4 smetteranno di funzionare rispettivamente nel 2029 e nel 2031. Oltre a queste, vi è un reattore prototipo MKER (successore dell’RBMK), che non abbiamo visitato in quanto la realizzazione è stata sospesa nel 2012 e altre due unità attualmente in via di costruzione, due reattori di terza generazione plus VVER-TOI, perfezionamento dei VVER-1300 su cui Rosatom sta investendo per il mercato internazionale. In uno dei due VVER-TOI è già stato caricato il combustibile nucleare e dovrebbe raggiungere la criticità entro la fine del 2024.
Il quadro che offre Kursk è quindi il peggior scenario che si possa immaginare in una situazione bellica. “È una centrale con uno spettro completo di situazioni diverse che l’AIEA deve fronteggiare: reattori in fase di smantellamento, reattori operativi e reattori in costruzione”, ha affermato Grossi.
Alexander Shutikov, responsabile della sicurezza, durante la visita ci informa che la sicurezza dei reattori RBMK è stata migliorata dopo l’incidente di Chernobyl.
“Sono state ridisegnate le barre di controllo, si è aumentata la percentuale di uranio-235 nel combustibile dal 2 al 2,4 per cento, è stato incrementato il numero di barre di controllo manuale da 30 a 48 e si sono aggiunte ottanta barre fisse di controllo di assorbimento”, ha spiegato Shutikov. “Tutto questo ha innalzato la sicurezza dei reattori migliorando l’operabilità e il coefficiente di vuoto positivo.”
Il pericolo, però, al di là delle violazioni dei sette pilastri e dei cinque principi per la protezione delle centrali nucleari richiesti dalla AIEA, è che i reattori RBMK, a differenza dei VVER, sono praticamente “privi di una cupola protettiva” e all’interno “del raggio d’azione dell’artiglieria” ha spiegato preoccupato Grossi.
Chiaro, quindi, che l’attacco del drone abbia spinto la AIEA ad agire con prontezza: “C’è stato un rischio di incidente nucleare” ha concluso il direttore dell’Agenzia atomica, dopo che le autorità russe hanno mostrato alla squadra i relitti del drone abbattuto: “la situazione era seria”.
La visita, come era prevedibile, non ha attribuito ad alcuno dei due contendenti, ucraini o russi, la responsabilità del mancato incidente causato il 22 agosto.
“Non abbiamo evidenziato prove indiscutibili e senza quelle non possiamo abbandonarci a speculazioni”, ha aggiunto ancora Grossi, ribadendo che la AIEA non ha evidenziato nessun tipo di smercio di sostanze radioattive nelle centrali ucraine da far pensare che Kiev stia cercando di fabbricare una bomba sporca. “Non abbiamo le competenze militari per confermare che una o l’altra parte abbia compiuto, volontariamente o per errore, un attacco alla centrale”, ha commentato Grossi di fronte agli ospiti russi.
La centrale di Kursk era già stata oggetto di “attenzione” di altri droni nel settembre 2023, quando nei pressi del villaggio di Makarovka, dove sono in costruzione i VVER-TOI, la contraerea russa ha abbattuto un altro velivolo telecomandato senza che questo causasse danni.
Nonostante le attività militari in corso, il governatore della regione, Alexey Smirnov ha affermato che “la situazione nel sito ora è stabile, tutti i processi procedono normalmente. Le guardie stanno adottando tutte le misure per garantire la sicurezza dell’impianto” e “l’avvio del primo reattore VVER-TOI è previsto per dicembre, come da programma. Questa sarà una tappa importante nello sviluppo dell’industria nucleare”.
Questa decisione potrebbe porre seri problemi di sicurezza in futuro, visto che la centrale continuerà a essere operativa in un contesto bellico ancora attivo.
Le autorità russe ci hanno fatto chiaramente capire che Kursk è una delle centrali più importanti nel contesto energetico ed economico russo, in particolare nella politica di transizione che vorrebbe, entro il 2040 aumentare dal 20 al 25 per cento la quota di energia prodotta dal nucleare.
Proprio l’importanza logistica e simbolica della centrale di Kursk nel programma nucleare russo, la espone al pericolo. Durante la visita è comunque emerso il consenso, sia da parte russa che da parte della AIEA, che Kiev difficilmente avanzerà sino a occupare la centrale di Kursk: oltre a dover spendere energie, denaro, tempo e mettere in conto perdite militari considerevoli, non ha il personale tecnico e scientifico per garantire il buon funzionamento dei reattori RBMK. Chernobyl, oltre a occupare la maggior parte delle risorse umane che conoscono quel tipo di reattori, è ancora un pezzo di storia che l’Ucraina si vuole lasciare alle spalle.
Sebbene anche il comandante delle unità di forze speciali russe, Apti Alaudinov, abbia ammesso che “le forze armate ucraine non hanno le risorse per occupare il sito nucleare”, avere la consapevolezza di poter essere al centro del mirino dell’artiglieria di Kiev è un colpo psicologico al morale di chi lavora all’interno della centrale. “Operare in un contesto di grande incertezza e di costante pericolo è rischioso” ha commentato Grossi aggiungendo che l’ansia riscontrata tra i lavoratori “può indurre inconsapevolmente a creare errori”.
Lo stesso Grossi ha affermato che proporrà al consesso delle Nazioni Unite di creare una zona cuscinetto demilitarizzata attorno alla centrale di Kursk. Una richiesta già più volte avanzata gli scorsi anni anche per la centrale di Zaporizhzhia, senza però che nessuna delle parti in causa, pur esprimendo a parole una consonanza con il direttore generale dell’AIEA, ha mai voluto portare a termine.
La settimana prossima Grossi si recherà in Ucraina dove incontrerà Zelensky, al quale confermerà la volontà della AIEA di estendere la presenza dei propri inviati nelle centrali nucleari ucraine e a cui ripeterà l’appello rivolto anche a Putin: “C’è bisogno ora più che mai di dialogo”.