Un paesaggio temporaneamente ghiacciato in cima ai giganteschi vulcani all’equatore di Marte

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Un paesaggio temporaneamente ghiacciato in cima ai giganteschi vulcani all’equatore di Marte

Nelle mattine delle stagioni più fredde, sulle cime vulcaniche nella regione equatoriale marziana di Tharsis si forma brina d’acqua. A evidenziarla sono state le immagini raccolte dalla sonda Exomars Trace Gas Orbiter dell’Agenzia spaziale europea.
di Frédéric Schmidt e Adomas Valantinas/The Conversation
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Una scoperta importante per aiutarci a capire il ciclo dell’acqua su Marte e per identificare risorse chiave per una eventuale esplorazione umana

La formazione di brina d’acqua è comune sulla Terra, soprattutto in inverno, quando il vapore acqueo atmosferico si condensa e congela sulla superficie. Su Marte l’atmosfera è circa 100 volte meno densa di quella terrestre, ma anch’essa contiene vapore acqueo. Tuttavia, l’atmosfera di Marte contiene una quantità di vapore acqueo 10.000 volte inferiore a quella del nostro pianeta, quindi la formazione di ghiaccio è meno probabile.

Lo scambio di acqua tra la superficie e l’atmosfera di Marte non è attualmente ben compreso. La formazione di brina non solo sarebbe un indizio importante per aiutarci a capire il ciclo dell’acqua, ma anche per identificare risorse chiave per una potenziale futura esplorazione umana. L’acqua è necessaria per la vita e potrebbe anche essere usata come propellente per razzi.

Viaggio in cima ai vulcani di Marte
Il nostro nuovo studio, pubblicato su “Nature Geoscience”, riporta l’esistenza di grandi depositi di brina mattutina transitoria in cima ai vulcani in una regione di Marte chiamata Tharsis, che comprende i vulcani Olympus, Arsia e Ascraeus Montes e Ceraunius Tholus. Questi sono stati rilevati attraverso l’analisi di immagini a colori ad alta risoluzione raccolte dalla sonda Exomars Trace Gas Orbiter (TGO) dell’Agenzia spaziale europea (ESA). La scoperta è stata confermata da osservazioni indipendenti effettuate dalla sonda Mars Express dell’ESA e dallo spettrometro NOMAD a bordo del TGO.


Le simulazioni numeriche del clima di Marte mostrano che le temperature superficiali dei vulcani sono compatibili con l’esistenza di acqua ghiacciata. Infatti, i risultati mostrano che i depositi di brina mattutina sono correlati alle stagioni marziane più fredde (sì, ci sono stagioni su Marte, proprio come sulla Terra). Sulle vette marziane, tuttavia, le temperature sono molto più basse, comprese tra -130 °C e -30 °C. Inoltre, i vulcani sull’equatore del pianeta sono molto esposti all’energia solare, il che spiega la rapida scomparsa della brina al mattino.

Immagine ripresa dalla sonda CaSSIS di un’area chiara e leggermente bluastra dovuta al gelo nel cratere vulcanico di Olympus Mons (© Adomas Valantinas)

Tutto è iniziato con l’osservazione di aree più chiare e leggermente bluastre sulle cime dei vulcani marziani da parte della videocamera CaSSIS. Dopo diversi mesi di indagini, queste inaspettate aree chiare sembrano essere presenti solo nelle osservazioni del primo mattino e durante le stagioni fredde su Marte. La videocamera HRSC è stata in grado di confermare queste osservazioni, ma restava da scoprire l’origine di questo fenomeno.

Su Marte esistono due tipi di composti volatili: l’acqua (H20) e l’anidride carbonica (CO2). Questi due composti possono facilmente cambiare fase tra gas e solido nelle condizioni marziane. Purtroppo, nella loro forma solida, entrambi appaiono bianchi o luminosi nella gamma di luce visibile (osservabile anche dai nostri occhi) dello strumento CaSSIS. È quindi difficile distinguerli con una semplice immagine. Abbiamo quindi dovuto effettuare una vera e propria indagine su queste aree leggermente bluastre. Siamo riusciti a stabilire due tipi di argomentazioni principali, una basata sulla spettroscopia e l’altra sulla simulazione numerica del microclima dei vulcani marziani.

Grazie alla scomposizione dei colori o delle lunghezze d’onda della luce proveniente dalla superficie, è possibile distinguere tra H20 e CO2. Questa è la tecnica della spettroscopia, resa possibile dallo strumento NOMAD. Abbiamo cercato di identificare questi due composti su misurazioni effettuate in condizioni estreme, al mattino presto, con poca luce solare. Poiché lo strumento è ottimizzato per osservare direttamente il Sole, queste osservazioni sono difficili e di non facile lettura. I risultati non mostrano alcuna firma di CO2 e mostrano una possibile firma di acqua.

Tuttavia, se la CO2 è presente su uno strato sottile, non ci aspetteremmo di vedere alcuna firma spettrale. Questo argomento non è quindi definitivo. I membri belgi del gruppo hanno poi effettuato una simulazione numerica del microclima dei vulcani su Marte. Si tratta dello stesso tipo di strumento usato per prevedere il clima sulla Terra, ma in questo caso è stato adattato a Marte. Le simulazioni concludono che al momento dell’acquisizione delle immagini contenenti le zone chiare, le condizioni sono adatte alla condensazione dell’acqua, ma non della CO2. Queste due prove combinate supportano quindi l’ipotesi della formazione di ghiaccio d’acqua.

Modello di vista 3D dell’Olympus Mons come osservato dalla fotocamera HRSC a bordo di Mars Express (© Adomas Valantinas)

Un sottile strato di brina
Utilizzando le informazioni degli strumenti disponibili, siamo stati in grado di stimare lo spessore di questo strato di brina. È molto sottile, appena dieci micrometri (1/100 di millimetro). Questa quantità di brina è dettata dalla quantità di vapore acqueo disponibile nell’atmosfera del pianeta, appena 1/10.000 di quella terrestre.


Poiché la condensazione deve iniziare alcune ore prima dell’alba, la circolazione atmosferica ha permesso all’acqua di accumularsi dall’atmosfera circostante. Considerata la superficie coperta dalla brina, la quantità totale di acqua è dell’ordine di 60 piscine olimpioniche. Se si riuscisse a raccoglierla, si potrebbe coprire il fabbisogno idrico degli astronauti per diversi anni, ma sulla scala del pianeta Marte, questa quantità rimane molto piccola. La quantità di acqua disponibile su Marte, principalmente sotto forma di ghiaccio ai poli, è stimata in un trilione(1000 miliardi) di piscine olimpioniche. Si tenga presente che sulla Terra c’è circa 100 volte più acqua che su Marte.

La scoperta del ghiaccio sulle cime più alte del sistema solare ci permetterà di affinare la comprensione dell’attuale ciclo dell’acqua su Marte. In questo modo sarà possibile prevedere meglio il clima di Marte, in vista di future esplorazioni, ma anche comprendere meglio il clima passato di Marte e la sua potenziale abitabilità.

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