Il ruolo dei canyon sottomarini nell’instabilità della calotta antartica

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Il ruolo dei canyon sottomarini nell’instabilità della calotta antartica

Il lavoro, svolto un gruppo di ricerca internazionale che coinvolge in prima linea l’OGS, ha evidenziato il ruolo chiave di queste strutture geologiche nella risalita d’acqua calda dalle zone abissali alla base della calotta
Fonte: OGS
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I canyon antartici hanno un ruolo cruciale nell’instabilità della calotta antartica orientale, fungendo da condotti che facilitano il trasferimento di acqua relativamente calda (chiamata Circumpolar Deep Water) dalle zone abissali verso la piattaforma continentale, e da qui verso la base della calotta glaciale, contribuendo al suo scioglimento. Il nuovo studio, realizzato da un team di ricerca internazionale capitanato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e pubblicato su Nature Communications, evidenzia la scoperta all’interno dei canyon, di corpi sedimentari che rappresentano l’impronta geologica di persistenti correnti di fondo che fluiscono lungo i canyon trasportando il calore oceanico verso il continente antartico.

“L’intrusione di acque relativamente calde sulla piattaforma continentale è ampiamente riconosciuta come una minaccia per la calotta glaciale antartica” commenta Federica Donda, geologa marina della Sezione di Geofisica dell’OGS, prima autrice dell’articolo. “Definirne l’entità e la persistenza a lungo termine è fondamentale per studiare le possibili risposte della calotta glaciale al riscaldamento climatico”.
Il lavoro di Nature Communications si è concentrato sui ghiacciai Totten e Ninnis che si trovano allo sbocco dei due principali bacini sub-glaciali dell’Antartide orientale: l’Aurora-Sabrina e il Wilkes.

“L’analisi dei dati geofisici e oceanografici acquisiti nell’ambito di una campagna italo-australiana ha portato alla scoperta di corpi sedimentari chiamati sediment drifts, simili a dei duomi di ampiezza pari ad alcune migliaia di metri e spessore variabile da 40 a 80 metri, le cui caratteristiche  interne ed esterne indicano che essi si sono formati da correnti di fondo dirette verso la piattaforma continentale” continua Donda. “Ciò trova riscontro nei dati oceanografici acquisiti in uno dei canyon al largo del ghiacciaio Totten, che hanno registrato correnti in prossimità del fondo mare, a una profondità di circa 3500 metri, pari a circa 10 centimetri/secondo. Tali correnti sono legate a una circolazione oceanica caratterizzata dalla presenza di grandi sistemi di vortici che ruotano in senso orario, e che trasportano diverse masse d’acqua, tra cui le acque calde della Circumpolar Deep Water. La componente di tali vortici diretta verso sud viene convogliata dai canyon, il cui rilievo supera localmente i 700 metri, risultando quindi delle vie preferenziali per il trasferimento delle masse d’acqua verso il continente. Lo spessore dei  corpi sedimentari in essi rinvenuti suggerisce che il trasferimento di calore oceanico è perdurato almeno nell’ultimo milione d’anni”.   

La calotta glaciale dell’Antartide orientale sta ricevendo crescente attenzione dal mondo scientifico perché il suo scioglimento, anche parziale, potrebbe contribuire enormemente  all’innalzamento del livello del mare. I risultati di questo studio hanno messo in luce il ruolo chiave dei canyon sottomarini che costituiscono pertanto aree chiave per comprendere i meccanismi legati allo scioglimento della calotta nel passato e nel presente, contribuendo alla formulazione di previsioni del futuro innalzamento del livello del mare. 

Lo studio ha coinvolto l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, la University of Southampton, la Rutgers State University of New Jersey, la Colgate University, la Geoscience Australia, il All-Russia Scientific Research Institute for Geology, il Mineral Resources of the Ocean, the St. Petersburg State University, la University of Tasmania e la Macquarie University.

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