Tunguska: cosa è successo 116 anni fa nei cieli della Siberia?

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Tunguska: cosa è successo 116 anni fa nei cieli della Siberia?

Viene descritta come l’esplosione naturale più grande della storia: l’evento di Tunguska, nel 1908 in Siberia
Tratto da www.wired.it

Erano le 7,14 del mattino del 30 giugno 1908, a Tunguska, nella Siberia centrale, quando un contadino vide “il cielo che si spaccava in due, in alto sopra la foresta apparve un fuoco enorme da cui proveniva un calore tremendo. Poi il cielo si richiuse, si sentì un forte boato e la terra tremò“.

Gli effetti dell’esplosione potentissima furono avvertiti fino in Europa settentrionale e in Asia centrale: in alcuni luoghi si manifestarono enormi nubi argentee, in altri un’insolita luminosità del cielo notturno

Nella notte di quel 30 giugno di 116 anni fa, molte persone nel Regno Unito approfittarono di un insolito e prolungato bagliore in cielo per fare una partita in notturna a cricket o leggere all’aria aperta il giornale, senza accendere la luce. Non sapevano che a oltre 5.500 chilometri di distanza da loro ci fosse stata da poco una gigantesca e misteriosa esplosione nell’atmosfera terrestre, che fu chiamata poi “l’evento di Tunguska”.

La grande esplosione

S. Semenov era a tavola, pronto a fare colazione nella sua casa di Vanavara, una piccola località rurale nella Russia siberiana. All’improvviso notò un grande bagliore in cielo: era come se si fosse “diviso in due parti”, avrebbe raccontato in seguito, e una metà si fosse incendiata. Mentre la strana striscia in cielo diventava sempre più grande, Semenov avvertì un’insolita e crescente sensazione di calore, al punto da volersi togliere la camicia per il gran caldo. Era sorpreso e stava cercando di pensare a cosa fare, quando sentì un forte colpo; balzò di qualche metro e cadde a terra privo di sensi. Fu la moglie a riportarlo in casa, dove rinvenne in tempo per sentire un’altra successione di colpi molto forti seguiti da un tremore del terreno. Spaventato, steso a terra con la faccia rivolta verso il pavimento, Semenov cercò di proteggersi la testa nel timore che qualcosa lo potesse colpire. Quando tutto sembrò essere finito, Semenov si rialzò tra i vetri rotti delle finestre, uscì e fece il conto dei danni nel suo orto.

La testimonianza di Semenov è arrivata fino ai giorni nostri grazie al mineralogista Leonid Alekseevič Kulik, che la raccolse nel 1930 durante una delle sue spedizioni dedicate proprio allo studio dell’evento di Tunguska. Secondo le ricostruzioni fatte da Kulik e altri ricercatori, il grande bagliore in cielo si produsse intorno alle 7:17 locali del 30 giugno 1908. Tra i primi ad avvistarlo ci furono alcuni coloni russi, come Semenov, e diverse persone del popolo nomade siberiano dei tungusi (Evenchi). Il bagliore fu osservato dalle colline a nord-ovest del lago Baikal: era bluastro e molto intenso, al punto da rendere più luminose le prime ore di quella mattina d’estate.

Dopo una decina di minuti si produsse un forte lampo in cielo, seguito da un rumore intenso paragonabile a una fortissima cannonata, avrebbero raccontato in seguito i testimoni. Come era successo a Semenov, molte persone furono sbalzate a metri di distanza da dove si trovavano, spinte da una ventata molto intensa e seguita da un tremore del suolo. In un’area di circa 2mila chilometri quadrati intorno al punto dell’esplosione, 80 milioni di alberi furono piegati e abbattuti in pochi istanti dalla forte onda d’urto. L’effetto fu devastante, ma i danni a cose e persone contenuti, perché la zona era scarsamente abitata.

https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRghdfD7G9M3je-0mEPqSIknaXfYy8XZlJs285VYNVyYLCHfbf4LAMa non c’erano state vittime umane, e questo potrebbe essere una delle ragioni per cui ci vollero ben 13 anni perché uno scienziato cominciasse a interessarsi di quello che era accaduto, e successe solo grazie al caso.

Nel 1921 Daniil Svyatsky, storico dell’astronomia ed editor della rivista di divulgazione Mirovedeniye, mostrò a Leonid Kulik, mineralogista del Museo di San Pietroburgo, un calendario del 1910.  Sul retro era stato ristampato un articolo giornalistico su un probabile meteorite caduto in Siberia nel 1908. L’articolo era molto sensazionalistico, e con dettagli in gran parte inventati, ma come disse Svyatsky “Tu sai che non c’è fumo senza fuoco”

Kulik, nell’ambito di una missione sui meteoriti caduti in Russia, fece un sopralluogo nei villaggi e la voce fu confermata dagli abitanti, a cui furono distribuiti questionari standardizzati. Lo scienziato però non poté raggiungere il luogo dell’evento, impresa per cui servivano altre risorse. Finalmente nel 1927 la missione fu finanziata e Kulik si ritrovò di fronte a un paesaggio apocalittico. Quella mattina qualcosa aveva appiattito al suolo circa 2000 km quadrati di taiga siberiana. Le stime variano, ma l’energia liberata è stata nell’ordine dei megatoni, molte volte superiore alle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Cosa sarebbe successo al posto degli abeti ci fosse stata una città? Un piccolissimo assaggio del caos che sperimenteremmo lo abbiamo visto il 15 febbraio 2013 con la meteora di Chelyabinsk, sempre in Russia ma in una zona ben più popolata della taiga.

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Una foto scatta da Leonid Kulik durante la spedizione a Tunguska del 1938 (foto: Sovfoto/UIG via Getty Images)


Di che cosa si trattava

L’evento di Tunguska è oggi generalmente familiare specialmente agli appassionati di scienza e/o a quelli di cultura pop. Da una parte c’è stato un grande dibattito, che in parte continua tuttora, sulla natura dell’oggetto e sulle tracce che avrebbe lasciato. Dall’altra alcune caratteristiche dell’evento, unico (finora) nel suo genere, hanno favorito la creazione di ipotesi che, pur essendo senza base scientifica, sono penetrate nella narrativa, nel cinema, nelle serie tv. 

Per quanto riguarda le spiegazioni scientifiche, dal 1927 a oggi ci sono state diverse spedizioni e molte discussioni sulla stampa specializzata. La comunità scientifica è concorde sul fatto che un oggetto extraterrestre sia entrato nell’atmosfera e che con l’attrito sia esploso sopra il punto di impatto. Questo significa che l’impatto, tecnicamente, non è avvenuto e tutti gli effetti registrati sono dovuti all’esplosione a qualche chilometro dalla superficie. Il dibattito riguarda la classificazione dell’oggetto (asteroide, cometa, o meteoroide), le dimensioni e la presenza o meno di uno o più crateri, nel caso uno o più frammenti di dimensioni rilevanti siano sopravvissuti all’esplosione.

Il consenso tuttavia non significa unanimità. Per esempio ci sono anche scienziati che escludono un’origine extraterrestre e propongono il rilascio di un’enorme quantità di gas metano dal suolo, che si sarebbe poi incendiato in atmosfera generando l’esplosione. Negli anni però sono state avanzate spiegazioni ben più ardite, anche se in linea con lo spirito dei tempi. Nel 1965 su Nature due fisici proposero che, per avere gli effetti osservati, l’asteroide o cometa avrebbe dovuto essere fatto di antimateria. Nel 1973 e sempre su Nature altri due fisici tirarono in ballo un piccolo buco nero, come quelli allora da poco proposti da Stephen Hawking (che è anche stato uno dei primi sostenitori dell’Asteroid day).

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