Le supernove lontane confermano le previsioni di Einstein sulla dilatazione del tempo
Analizzando oltre 1500 supernove nell’universo lontano, osservate dalla Terra negli ultimi dieci anni, gli astronomi hanno mostrato, con una precisione inedita, la prova più evidente della dilatazione temporale cosmologica prevista da Albert Einstein
di Jonathan O’Callaghan/Scientific American
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Nonostante più di un secolo di sforzi per dimostrare il contrario, sembra che Albert Einstein non possa ancora sbagliare. O almeno questo è il caso della sua teoria speciale (o ristretta) della relatività, che prevede che il tempo scorra più lentamente per gli oggetti che si muovono a velocità estremamente elevate. Chiamato dilatazione temporale, questo effetto cresce di intensità quanto più ci si avvicina alla velocità della luce, ma è stranamente soggettivo: un passeggero di un’astronave in accelerazione percepirebbe il tempo scorrere normalmente, ma gli osservatori esterni vedrebbero l’astronave muoversi sempre più lentamente man mano che la sua velocità si avvicina a quella della luce.
Per quanto controintuitivo, questo effetto è stato verificato e confermato nei moti di qualsiasi cosa, dai satelliti in orbita intorno alla Terra alle galassie più lontane. Ora un gruppo di scienziati ha fatto un ulteriore passo avanti osservando più di 1500 supernove in tutto l’universo per rivelare gli effetti della dilatazione temporale su una scala cosmica sbalorditiva. I risultati dei ricercatori, ancora una volta, giungono a una conclusione fin troppo familiare. “Einstein ha ragione ancora una volta”, afferma Geraint Lewis dell’Università di Sydney, coautore dello studio.
Nel lavoro, pubblicato all’inizio del mese sul server di preprint arXiv.org, Ryan White dell’Università del Queensland in Australia e i suoi colleghi hanno utilizzato i dati della Dark Energy Survey (DES) per studiare la dilatazione temporale. Negli ultimi dieci anni, i ricercatori coinvolti nella DES hanno usato il telescopio Victor M. Blanco dell’Osservatorio interamericano di Cerro Tololo, in Cile, per studiare particolari esplosioni di stelle chiamate supernova di tipo 1a in miliardi di anni di storia cosmica. Usando questo vasto insieme di supernove, DES cerca di perfezionare la nostra comprensione dell’accelerazione dell’espansione dell’universo, che sembra essere guidata dalla misteriosa energia oscura; a gennaio i ricercatori hanno utilizzato questo insieme di dati per suggerire che questa accelerazione potrebbe cambiare nel tempo.
Inoltre, i dati delle supernove DES hanno offerto agli scienziati una nuova possibilità di studiare la dilatazione temporale cosmologica, cioè la dilatazione temporale causata dall’espansione dell’universo. Uno dei risultati di questa espansione è che gli oggetti più lontani si allontanano da noi molto più velocemente di quelli più vicini: ciò significa che più lontano nell’universo DES ha guardato, più forte dovrebbe essere stato l’effetto della dilatazione temporale sulle supernove osservate. “Se osservassimo qualcos’altro, questo dimostrerebbe che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nelle basi della cosmologia”, afferma Tamara Davis dell’Università del Queensland, coautrice dell’articolo. “Mi piace il fatto che possiamo effettivamente vedere la dilatazione temporale. È evidente fin dall’osservazione dei dati che c’è.”
La relazione in sé è molto semplice: l’entità di stiramento del caratteristico flash-and-fade di una supernova è un fattore 1 + z, dove z è il redshift della supernova, una misura di quanto l’espansione cosmica ha dilatato le lunghezze d’onda della luce emessa dalla supernova mentre viaggiava verso la Terra. A redshift più elevati corrispondono distanze cosmiche maggiori. “Viviamo in un universo in espansione e una delle conseguenze di ciò dovrebbe essere che osserviamo l’universo più distante [e quindi più antico, NdR]correre al rallentatore rispetto all’universo attuale”, spiega Lewis.
Per gli oggetti nell’universo vicino, dove i redshift sono prossimi allo zero, l’effetto della dilatazione temporale cosmologica è estremamente piccolo. Ma l’universo è enorme: il James Webb Space Telescope (JWST), per esempio, ha recentemente rilevato una galassia lontana con un redshift da record di 14,32, appena 290 milioni di anni dopo il big bang. In genere, dal primo scoppio all’ultimo bagliore, una supernova può durare circa tre mesi, ma quando entra in gioco la dilatazione del tempo, una supernova con un redshift di 1 sembra raddoppiare la sua lunghezza.
La dilatazione temporale cosmologica è nota da tempo, ma misurarla è difficile. Alcuni dei nostri migliori sforzi hanno cronometrato i gamma ray burst, lampi di energia straordinariamente luminosi visti in tutto l’universo, o i quasar, regioni luminose e calde di materiale vorticoso intorno a buchi neri supermassicci. L’anno scorso Lewis ha usato circa 200 quasar per studiare la dilatazione temporale cosmologica, riuscendo quasi a osservare questa esatta relazione 1 + z in azione, ma con incertezze piuttosto ampie. Il lavoro di White, usando un campione molto più ampio di supernove, più prevedibili dei quasar, ha permesso una misurazione molto più accurata.
Le supernove di tipo 1a sono esplosioni cosmiche fondamentali causate quando una nana bianca – il cadavere di una stella di medie dimensioni che si raffredda lentamente – aspira così tanto materiale da una compagna da innescare una reazione termonucleare ed esplodere. L’esplosione avviene quando la nana bianca in crescita raggiunge circa 1,44 volte la massa del nostro Sole, una soglia nota come limite di Chandrasekhar. Questo limite fisico conferisce a tutte le supernove di tipo 1a una luminosità abbastanza costante, rendendole utili fari cosmici per misurare le distanze intergalattiche. “Dovrebbero essere tutti eventi dello stesso tipo, indipendentemente dalla posizione nell’universo”, spiega White. “Provengono tutti dall’esplosione di stelle nane bianche, che avviene quasi esattamente con la stessa massa, indipendentemente dal luogo in cui si trovano.”
La costanza di queste supernove in tutto l’universo osservabile è ciò che le rende potenti sonde della dilatazione temporale: in linea di principio, nient’altro dovrebbe rallentare in modo così radicale e preciso la loro progressione apparente in corrispondenza di distanze sempre maggiori. Usando il set di dati di 1504 supernove di DES, il lavoro di White mostra con sorprendente precisione che questa correlazione è vera fino a un redshift di 1,2, un tempo in cui l’universo aveva circa cinque miliardi di anni. “Questa è la misura più precisa” della dilatazione temporale cosmologica, afferma White, fino a sette volte più precisa di precedenti misure della dilatazione temporale cosmologica che usavano un numero inferiore di supernove.
Il risultato è “davvero impressionante”, afferma Amitesh Singh dell’Università del Mississippi, sottolineando che la misurazione della dilatazione temporale è “una delle prove più dirette dell’espansione dell’universo”. Tuttavia, questa misurazione non è di per sé un risultato rivoluzionario, dato che pochi, se non nessuno, cosmologi affidabili sosterrebbero che l’universo non si sta espandendo o che la relatività speciale è sbagliata. “Non voglio essere cinica quando dico che non è sorprendente”, afferma Nicole Lloyd-Ronning dell’Università del New Mexico a Los Alamos. Ma, aggiunge, “è una conferma della fisica che riteniamo di conoscere. È una manifestazione della relatività speciale e dell’espansione cosmica in generale”.
La dilatazione temporale pone però alcuni dilemmi interessanti, in particolare per gli studi sull’universo lontano. Come già accennato in precedenza, di recente il JWST ha rivelato supernove che si estendono nel cosmo lontano, tra cui una supernova di tipo 1a a un redshift di 2,9, o circa due miliardi di anni dopo il big bang, la più lontana finora osservata. A causa della dilatazione temporale, “a un redshift di 2, si moltiplica per 3”, dice Ori Fox, astronomo dello Space Telescope Science Institute. Ciò significa che gli eventi a un redshift di 2 durerebbero “forse da 9 mesi a 1 anno” visti dalla Terra. Ma a redshift molto più alti, “si parla di tempi di anni”, dice Fox, il che rende le supernove nell’universo ancora più antico difficili da individuare quando gli astronomi le cercano confrontando le immagini prima e dopo di galassie potenzialmente ospitanti supernove. “Se ci si trova a un redshift di dieci, si parla di almeno quattro anni” per vedere una supernova accendersi e spegnersi, spiega Fox.
Questa particolare parte dell’indagine sull’energia oscura, centrata sulle supernove, si è conclusa, quindi fino a quando non verrà raccolta una nuova serie di dati, è improbabile che la misura di White della dilatazione temporale cosmologica venga superata. “È una misura abbastanza definitiva”, dice Davis. “Non c’è bisogno di fare di meglio”. Con questa misura in mano, chi si torce le mani per la nostra presunta ignoranza cosmica può stare tranquillo: la nostra migliore teoria che descrive il cosmo in generale sembra essere vera, il che non significa, naturalmente, che non avremmo dovuto controllare. “Uno dei presupposti è che viviamo in un universo descritto dalle equazioni di Einstein”, dice Lewis. “Non possiamo limitarci a dire questo e non fare nulla. Dobbiamo verificare le nostre ipotesi”.