Scoperte prove di attività vulcanica recente su Venere

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Scoperte prove di attività vulcanica recente su Venere

Depositi di colate di lava identificati in due diverse regioni sulla superficie del pianeta dimostrano che Venere è ancora un pianeta geologicamente attivo. E il volume di lava eruttata sarebbe paragonabile a quello della Terra
di Emiliano Ricci
www.lescienze.it

Con una massa, un raggio e una composizione simili alla Terra, Venere è spesso considerato un gemello del nostro pianeta, per quanto all’apparenza sembri molto diverso. Inoltre, entrambi i pianeti si sono formati in un ambiente simile all’interno del sistema solare, anche se poi hanno seguito un’evoluzione molto differente, permettendo alla nostra Terra la formazione di un ambiente favorevole allo sviluppo di vita, mentre Venere diventava un pianeta sempre più caldo e inospitale. Fra le caratteristiche che accomunano Venere alla Terra è la presenza di segni di vulcanismo diffuso, per quanto non legato a movimenti della crosta tipici della tettonica a placche terrestre.

Sul pianeta esiste infatti una grande varietà di formazioni geologiche modellate nel corso della sua storia, come evidenziato dalle immagini radar ottenute dalla missione NASA Magellan, operativa in orbita attorno a Venere fra il 1990 e il 1994, che hanno permesso di mappare la superficie di Venere con grande dettaglio. Questi dati hanno mostrato che circa il 75 per cento della superficie è costituita da pianure di lava basaltica, formate da eruzioni vulcaniche, e che l’attività vulcanica ha rinnovato ampiamente la superficie del pianeta negli ultimi 300-600 milioni di anni, con evidenze di attività fino a 2,5 milioni di anni fa. Questo suggerisce che Venere ha sperimentato eruzioni vulcaniche su larga scala in un passato relativamente recente.


La comprensione della geologia di Venere, inclusa la sua attività vulcanica, continua a essere un obiettivo importante per i geologi planetari, poiché offre indizi preziosi sulle differenze e le somiglianze nei processi geologici che modellano i pianeti rocciosi del sistema solare. Ora un gruppo di ricercatori italiani ha pubblicato su “Nature Astronomy” una nuova ricerca basata sulle osservazioni della sonda Magellan.

“La motivazione principale dietro questo studio è stata capire se il pianeta Venere presenti attività vulcanica in corso”, spiega a “Le Scienze” Davide Sulcanese, dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti e Pescara, primo autore dell’articolo. “Sebbene precedenti studi avessero ipotizzato la presenza di attività vulcanica sul pianeta, anche trovando evidenze di deformazione di una caldera vulcanica durante il periodo della missione Magellan, non era mai stata osservata la formazione di nuove colate laviche, che dimostrano in maniera univoca che Venere è attivo.”

L’analisi e l’interpretazione delle immagini radar acquisite dalla sonda Magellan non sono un compito banale. In particolare, occorre prestare attenzione alla presenza di distorsioni geometriche ed effetti di rumore, che possono rendere complicata una corretta visualizzazione del dato. Nonostante queste difficoltà, i dati raccolti da Magellan hanno fornito preziose informazioni sulla superficie di Venere che non sarebbe stato possibile ottenere in altro modo.

Un’immagine dell’area del Sif Mons con la regione vulcanica attiva evidenziata in rosso (©Università d’Annunzio/davide.sulcanese@unich.it)

Al fine di analizzare le differenze nelle immagini prodotte da un evento vulcanico, come le colate laviche, era imprescindibile che le aree da esaminare fossero state investigate in almeno due diversi periodi temporali, che avessero geometrie di visualizzazione simili, in modo da permettere un confronto diretto tra  il “prima” e il “dopo”. “Tale approccio ha ristretto le aree idonee alla nostra analisi a circa il 16 per cento della superficie di Venere”, precisa Sulcanese. “Tuttavia, con le future missioni, come VERITAS della NASA ed EnVision dell’Agenzia spaziale europea (ESA), sarà possibile estendere questo tipo di analisi sia in termini spaziali che temporali, migliorando notevolmente la nostra capacità di monitorare e comprendere l’attività vulcanica su Venere.”

Per giungere alla conclusione che i cambiamenti osservati nelle immagini radar sono dovuti a nuove colate laviche piuttosto che ad altri fenomeni geologici, i ricercatori hanno valutato l’ipotesi che tali cambiamenti potessero essere riconducibili a morfologie come dune o eventi franosi. Tuttavia, attraverso una serie di analisi morfologiche sono riusciti a escludere queste ipotesi alternative. Invece, le caratteristiche delle aree in cui hanno osservato dei cambiamenti, come la loro forma e distribuzione, sono compatibili con flussi di lava formatisi tra un’osservazione e l’altra. Per rafforzare questa conclusione è stata inoltre condotta la stessa analisi su dati radar terrestri, utilizzando le immagini del vulcano Pacaya in Guatemala durante l’eruzione del 2010.

“Nello specifico”, prosegue Sulcanese, “abbiamo analizzato immagini ottenute prima e dopo l’evento eruttivo, e i risultati hanno mostrato un aumento della retrodiffusione del segnale radar, o radarbackscatter in inglese, nelle aree coperte dalle nuove colate laviche, in maniera analoga a quanto osservato su Venere. Questo parallelismo tra i dati di Venere e quelli terrestri ha rafforzato la nostra interpretazione che le variazioni osservate sul pianeta siano dovute effettivamente a nuove colate laviche.”

Come illustra dettagliatamente a “Le Scienze” Marco Mastrogiuseppe, della Link Campus University di Roma, coautore dell’articolo, durante l’analisi delle variazioni nel backscatter radar il gruppo ha utilizzato i modelli elettromagnetici generalmente impiegati per Venere. Tali modelli sono stati applicati per verificare se le variazioni individuate nelle aree di studio potessero essere ricondotte alla differenza di angolo di incidenza tra le diverse osservazioni, piuttosto che  a nuove colate laviche. Tuttavia, tali modelli  non riescono a giustificare le differenze di backscatter osservate nelle aree di studio. “Pertanto abbiamo escluso che queste differenze siano riconducibili a una semplice differenza di angolo di incidenza”, commenta Mastrogiuseppe.

Un aspetto interessante dello studio è il confronto fra il vulcanismo di Venere e quello della Terra. È possibile confrontare l’attività vulcanica dei due pianeti in termini di volume di lava eruttato ogni anno.

“La scoperta di nuovi eventi lavici sulla superficie di Venere ha fornito un’opportunità unica per stimare il volume di queste colate, considerando gli spessori minimi e massimi tipici delle colate terrestri”, afferma Sulcanese. “Le nostre analisi indicano che Venere potrebbe avere un volume di lava eruttata del tutto paragonabile con quella terrestre”.

Questo confronto ha diverse implicazioni importanti. In primo luogo, suggerisce che Venere è ancora un pianeta geologicamente attivo, il che è cruciale per comprendere la sua dinamica interna. Inoltre, il grado di attività vulcanica di Venere può rivelarsi un’informazione fondamentale per ottenere nuove conoscenze su come Venere si sia evoluto durante la sua storia geologica.

“Come gruppo di ricerca siamo finanziati dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) per il supporto alla missione della NASA VERITAS”, spiega a “Le Scienze” Giuseppe Mitri, dell’Università “Gabriele d’Annunzio”, coautore dell’articolo. “Questo studio basato sui dati prodotti dalla precedente missione Magellan è stato intrapreso proprio in preparazione a questa missione. La scoperta che Venere è attivo ancora oggi è di fondamentale importanza, perché ci permetterà di capire meglio come i due pianeti si siano evoluti e come, durante la loro evoluzione, si siano differenziati tra loro.”

A questo punto non resta che attendere pazienti le prossime missioni dirette alla volta di Venere. Fra la fine di questo decennio e l’inizio del successivo la NASA ha in programma di lanciare le missioni VERITAS e DAVINCI, mentre l’ESA è impegnata con la missione EnVision. Una flotta di sonde che avrà l’obiettivo di esplorare la superficie e l’atmosfera del pianeta, cercando di svelare i misteri della sua struttura e della sua evoluzione.

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