L’Emilia-Romagna un anno dopo l’alluvione: analisi meteorologica e ricerca sulle precipitazioni estreme
Il CNR-ISAC ripercorre gli eventi del maggio 2023 in Emilia-Romagna e indaga sul ruolo dei cambiamenti climatici negli eventi estremi
Tratto da Greenreport
A un anno dai tragici eventi dell’alluvione dell’Emilia-Romagna del maggio 2023, l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del CNR (CNR-ISAC) ripercorre quanto successo dal punto di vista meteorologico, presentando gli studi in corso e le prospettive future di ricerca.
Dall’ analisi sinottica emerge che «La dinamica della circolazione atmosferica nei giorni dell’alluvione del maggio 2023 è stata caratterizzata in troposfera (lo strato dell’atmosfera a diretto contatto con la superficie terrestre) dalla presenza di una circolazione di bassa pressione. Un ciclone mediterraneo originatosi sul Nord Africa è risalito verso il Centro Italia convogliando correnti umide dal mar Adriatico verso l’Emilia-Romagna. Una simile configurazione ha caratterizzato entrambi gli eventi alluvionali del 2 e del 17 maggio. Questa configurazione è tipicamente responsabile di precipitazioni intense sul Medio-Alto Adriatico, dove l’aria calda e umida proveniente da sud raccoglie ulteriore umidità dall’Adriatico prima di deviare verso ovest, entrando in Pianura Padana e impattando sull’Appennino dove è costretta a sollevarsi».
Mario Marcello Miglietta, professore ordinario in fisica dell’atmosfera e oceanografia all’università di Bari e associato al CNR-ISAC, spiega che «La stazionarietà della configurazione, che ha favorito la persistenza della pioggia, risulta ancora più evidente dalle mappe in media troposfera, dove un’onda baroclina è rimasta stazionaria sul Mediterraneo centrale, delimitata ai suoi lati da due strutture anticicloniche che hanno determinato una configurazione di blocco. E’ interessante notare come la maggior parte della precipitazione abbia assunto carattere stratiforme tipico della pioggia orografica, in cui un flusso d’aria caldo e umido si solleva sui rilievi determinando precipitazione sul lato sopravento. Questa configurazione risulta in genere più facilmente predicibile rispetto ad altri tipi di eventi dominati da condizioni di instabilità e da convezione intensa».
Dall’analisi meteorologica fornita dal Met Office britannico si nota che per il 2 maggio la struttura frontale a carattere stazionario situata sull’Emilia-Romagna e anche le due strutture di alta pressione a ovest e a est del bacino del Mediterraneo che hanno determinato la stazionarietà sul Mediterraneo centro-occidentale del sistema depressionario. Una configurazione simile si è avuta per l’evento del 17 maggio.
Al CNR-ISAC evidenziano che «La risalita di masse d’aria dall’Adriatico verso la Pianura Padana, incontrando aria proveniente da nord-est, e l’ascesa sui rilievi dell’Appennino emiliano-romagnolo si evincono anche dalla simulazione del CNR-ISAC con il sistema di previsione meteorologica WRF. Si nota in particolare la presenza del ciclone che risale lentamente la penisola italiana da sud verso nord. Per gli addetti ai lavori, dalla simulazione si possono notare nello specifico due aree di moti verticali ascendenti: una più ampia al disopra dei 4.000 m, causata dalla risalita delle masse d’aria lungo la struttura frontale; l’altra ben ancorata all’Appennino emiliano-romagnolo (circa 44° N), causata dall’ascesa delle masse d’aria lungo l’Appennino».
Paolo Ghinassi, assegnista di ricerca al CNR-ISAC, sottolinea che «Gli eventi alluvionali di maggio 2023 (1-2 e 16-17) sono stati estremi ed eccezionali in termini di quantità di pioggia caduta, superando i record precedenti per il mese di maggio (risalenti al maggio 1939) su gran parte della regione. La precipitazione è stata notevole anche in termini di durata, dell’ordine di 48 ore per ciascuno degli eventi».
Stefano Federico, ricercatore del CNR-ISAC , fa notare che «Nel corso della giornata del 2 maggio sono stati superati i 100 mm di pioggia in ben 33 stazioni della Rete regionale dei pluviometri, mentre nella giornata del 16 maggio questa soglia è stata superata in 42 stazioni della rete. Le precipitazioni più intense si sono avute su superfici di centinaia di chilometri quadrati rappresentando un record storico delle piogge osservate sull’area, con un tempo di ritorno stimato in circa 200 anni».
Silvio Davolio, professore ordinario in oceanografia e fisica dell’atmosfera all’università di Milano e associato al CNR-ISAC, e Giulia Panegrossi, prima ricercatrice del CNR-ISAC. aggiungono: «L’afflusso di umidità di origine subtropicale ha interessato anche gli strati più elevati dell’atmosfera, soprattutto nel corso dell’evento di metà maggio, e ciò ha contribuito ad alimentare le precipitazioni. Lo si evidenzia dalle misure da satellite e dal prodotto sperimentale Advected Layer Precipitable Water, sviluppato presso la Colorado State University».
Per quanto riguarda la condizione del terreno in quei giorni, «Le forti piogge di inizio maggio (e nei giorni successivi) hanno creato condizioni di terreno quasi saturo di umidità che non è stato in grado di assorbire le abbondanti piogge associate al secondo evento di metà maggio, con un impatto idrologico devastante».
Il CNR-ISAC sta studiando gli eventi del 2 e del 17 maggio 2023 inquadrandoli sia da un punto di vista meteorologico che nel contesto del cambiamento climatico e Federico dice che «La previsione della precipitazione effettuata con i modelli sviluppati e/o utilizzati in configurazione operativa presso il CNR-ISAC per i due eventi meteorologici è stata più che soddisfacente. I modelli, infatti, hanno predetto sia i notevoli accumuli che l’estensione delle aree di precipitazione abbondante».
Un gruppo di ricercatori del CNR-ISAC sta ora lavorando alla simulazione ad alta risoluzione dell’evento che ha colpito l’Emilia-Romagna con il modello di previsione MOLOCH, sviluppato al CNR-ISAC. Paolo Stocchi, ricercatore del CNR-ISAC, spiega a sua volta che «L’obiettivo è non solo quello di studiarne le caratteristiche, ma anche di applicare nuovi metodi di analisi per comprendere il ruolo dei cambiamenti climatici. In particolare, si analizza come si sarebbe potuto sviluppare l’evento se una simile condizione meteorologica fosse accaduta nel passato, quando la temperatura globale e del mare Mediterraneo erano inferiori».
Questo approccio consente di comprendere meglio il ruolo dei cambiamenti climatici su eventi recenti ad alto impatto, come quello verificatosi in Emilia-Romagna. Infatti, anche se è noto che gli estremi di pioggia tendono a intensificarsi in un clima più caldo, ad oggi non ci sono ancora abbastanza elementi per chiarire in modo netto il ruolo dei cambiamenti climatici in questo specifico evento.
Lo studio “Limited net role for climate change in heavy spring rainfall in Emilia-Romagna”. pubblicato da World Weather Attribution pochi giorni dopo l’alluvione non aveva trovato collegamenti con il cambiamento climatico, ma era stato criticato perché si era focalizzato sul caratterizzare eventi di precipitazione su un’area spaziale (l’intera Emilia-Romagna) e un periodo temporale (21 giorni) che non rispecchiano bene le brevi durate e la ristretta localizzazione spaziale degli eventi di maggio 2023.
Il progetto Evaluating the changing risk of cyclones for Italian precipitation extremes (ENCIRCLE), iniziato recentemente, potrebbe fornire qualche indicazione in più. Giuseppe Zappa, primo ricercatore del CNR-ISAC sottolinea che «ENCIRCLE è una collaborazione tra il CNR-ISAC e il Dipartimento di fisica dell’università di Bologna. Il progetto mira ad analizzare la variabilità climatica recente grazie a nuove simulazioni ottenute con modelli di clima a scala regionale e globale, così da comprendere meglio i processi che portano alla formazione di cicloni associati a precipitazione estreme sul territorio Italiano. Un importante obiettivo è quello di quantificare come il cambiamento climatico sta impattando la frequenza e l’intensità di questi eventi, inclusi casi di studio specifici come l’evento alluvionale dell’Emilia Romagna».
Gli studi in corso potranno quindi fornire ulteriori conoscenze agli enti preposti alla gestione delle emergenze, consentendo loro di sviluppare strategie e strumenti sempre più efficaci per affrontare e mitigare i rischi associati agli eventi meteorologici estremi.
Stocchi conclude: «Questa alluvione fa parte di una serie di eventi meteorologici e climatici estremi che negli ultimi decenni hanno causato danni alle infrastrutture e, purtroppo, perdite umane. Questa serie di eventi ha sollevato all’interno della comunità scientifica la necessità di studiare il ruolo dei cambiamenti climatici nell’alterare le probabilità e l’entità di tali fenomeni».