Dove è finito il Pianeta Nove del sistema solare? I suoi nascondigli si stanno esaurendo
Anche se non mancano gli indizi di una sua possibile presenza, alcuni ricercatori hanno recentemente ristretto la porzione di spazio in cui potrebbe trovarsi questo misterioso corpo planetario al di là di Nettuno
di Philip Plait/Scientific American
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Il Pianeta Nove esiste?
Questo mistero ha lasciato perplessi gli scienziati per decenni, ma la risposta – e l’ipotetico mondo – rimane inafferrabile. Gli astronomi che guidano la ricerca del potenziale pianeta in orbita attorno al Sole, ben oltre Nettuno, hanno recentemente rivelato di aver ridotto la sua potenziale posizione nel cielo, eliminando il 78 per cento dei suoi possibili nascondigli. Anche se questo allontana le probabilità che il pianeta esista, resta ancora molto cielo da cercare, compresi i punti più difficili da setacciare.
Dall’osservazione di altre stelle, sappiamo che la possibilità di un mondo ancora da scoprire non è troppo remota (in senso figurato). Nel 2000, gli astronomi hanno pubblicato un lavoro che mostrava l’esistenza di un esopianeta intorno alla stella HD 163296 a una distanza di quasi 50 miliardi di chilometri, oltre dieci volte la distanza di Nettuno dal Sole (modestamente: ero un autore di quel lavoro), molto più lontano di quanto suggerissero i modelli dell’epoca. In effetti, in seguito sono stati trovati diversi pianeti in orbita attorno a quella stella a grande distanza. Quindi, a priori, è possibile che un pianeta esista nelle fredde e buie profondità del sistema solare. Potrebbe anche essere piuttosto grande, delle dimensioni di un gigante di ghiaccio come Nettuno.
Le prime osservazioni credibili a sostegno dell’esistenza di un pianeta di questo tipo nelle nostre vicinanze sono arrivate alla fine del 2003, quando è stato scoperto l’oggetto trans-nettuniano (o TNO) Sedna. Con un diametro di circa 1000 chilometri, è classificato come pianeta nano e la sua orbita è molto insolita: non si avvicina mai al Sole per più di 11 miliardi di chilometri, ben al di fuori dell’orbita di Nettuno, e raggiunge la sorprendente distanza di 140 miliardi di chilometri; per avere un’idea, si tratta rispettivamente di oltre 75 e 900 volte la distanza Terra-Sole. I modelli teorici mostrano che è difficile che un corpo con queste caratteristiche si sia formato sul posto. È più probabile cioè che si sia formato più vicino al Sole e che una massa planetaria invisibile più lontana – il Pianeta Nove – lo abbia attratto nell’orbita attuale. La scoperta di un secondo strano oggetto simile, 2012 VP113, ha spinto gli astronomi Chad Trujillo e Scott Sheppard a proporre la possibile esistenza di un corpo planetario di questo tipo nel sistema solare esterno.
Via via che venivano individuati altri TNO, soprattutto quelli molto distanti, emergeva uno schema insolito e inaspettato. Seguono orbite ellittiche che dovrebbero essere orientate in qualsiasi direzione, ma invece sembrano avere un allineamento particolare: tutti i loro assi lunghi (quelli che gli astronomi chiamano assi maggiori) sono approssimativamente allineati. Non proprio paralleli, ma abbastanza vicini da far sospettare che stesse accadendo qualcosa di non casuale. Nel 2016 gli astronomi del Caltech Konstantin Batygin e Mike Brown (lo dichiaro: Brown è un amico personale) hanno pubblicato un documento che mostrava che le orbite di questi oggetti non solo erano allineate nell’orientamento, ma condividevano anche un grado simile di inclinazione rispetto all’orbita terrestre. La possibilità di un allineamento del genere in un campione così piccolo, hanno concluso i due ricercatori, era di gran lunga inferiore all’uno per cento. Hanno inoltre sostenuto che il colpevole potrebbe essere un oggetto planetario di massa superiore a dieci volte quella della Terra, la cui gravità avrebbe attratto nel tempo questi corpi ghiacciati lontani, allineandoli.
In modo un po’ ironico, hanno dato a questo ipotetico pianeta il soprannome di Pianeta Nove (o P9), una presa in giro nei confronti degli astronomi ancora insoddisfatti del declassamento dello status planetario di Plutone da parte dell’Unione astronomica internazionale nel 2006. E visto che l’ho tirato in ballo, aggiungo che non credo che il termine “pianeta” sia qualcosa che dobbiamo definire; anzi, non credo che possa essere definito. È un concetto, non una definizione, come “rosso” o “continente”: i limiti di queste parole sono sfumati e non dovremmo permettere che il nostro pensiero su di esse sia eccessivamente limitato da definizioni arbitrarie.
In ogni caso, col tempo sono emerse altre prove indirette dell’esistenza di P9, in particolare una leggera inclinazione dell’asse di rotazione del Sole, nessuna delle quali era conclusiva, ma tutte abbastanza curiose da spingere gli astronomi a cercare un responsabile. Ma tutte le prove indirette del mondo (o dei mondi) non si sommano a un’unica osservazione diretta del pianeta. Quindi la questione era ancora sul tavolo.
Molti telescopi effettuano monitoraggi del cielo, campagne osservative di raccolta di immagini grandangolari che mappano ampie zone della volta celeste per cercare quelli che gli astronomi chiamano “transienti“: oggetti che cambiano luminosità o posizione nel tempo. Tra questi vi sono stelle che esplodono, buchi neri che divorano materia, asteroidi e, potenzialmente, il Pianeta Nove.
Brown e Batygin hanno guidato il lavoro di setaccio dei dati di ricerca. Insieme al collega Matthew Holman hanno pubblicato i loro ultimi risultati nel numero di aprile 2024 dell'”Astronomical Journal“.
Utilizzando gli allineamenti del TNO e lavorando a ritroso, hanno calcolato l’orbita più probabile per P9, definendone la forma approssimativa e lo spazio di orientamento. Purtroppo la posizione effettiva del possibile pianeta nella sua orbita non è vincolata. Ciò significa che potrebbe trovarsi in qualsiasi punto del suo percorso intorno al Sole, il che lascia un’ampia porzione di cielo ancora potenzialmente nascosta dal Pianeta Nove.
Gli astronomi hanno passato al setaccio diversi monitoraggi del cielo alla ricerca di questa scoperta storica. In primo luogo, le osservazioni della Dark Energy Survey (DES) hanno dato esito negativo dopo aver cercato circa il dieci per cento dello spazio in cui potrebbe nascondersi il Pianeta Nove.
Inoltre, il 56 per cento di quello spazio possibile è stato escluso esaminando anche tre anni di dati della Zwicky Transient Facility (ZTF). Infine si sono rivolti all’indagine Pan-STARRS1, che dal 2009 al 2015 ha coperto i tre quarti dell’intero cielo visibile da un telescopio in cima a Haleakalā a Maui, nelle isole Hawaii. Gli astronomi hanno passato al setaccio i dati per cercare un oggetto in movimento che corrispondesse al comportamento previsto dal Pianeta Nove. Non si tratta di un compito semplice: inizialmente hanno trovato 1,3 miliardi di oggetti, ma usando varie tecniche sono riusciti a ridurli a soli 244 milioni. L’elaborazione ha comunque richiesto mesi di calcolo al computer.
Purtroppo i dati non hanno rivelato alcun pianeta. Considerando le rilevazioni DES e ZTF (e tenendo conto delle sovrapposizioni nella copertura), gli astronomi hanno eliminato il 78 per cento dei possibili nascondigli di P9.
Ciò riduce la probabilità che il presunto pianeta esista. Ma anche se in calo, non è nulla. Il 22 per cento del cielo in cui potrebbe ancora nascondersi comprende una grande porzione che si affaccia sul piano della nostra galassia, la Via Lattea, dove le stelle sono molto più affollate, rendendo la ricerca più difficile. Se c’è, è ben nascosto. L’Osservatorio “Vera Rubin”, che dovrebbe entrare in funzione nel 2025, sarà però in grado di effettuare ricerche efficienti in questi punti del cielo, per cui presto potremo sapere come stanno le cose per P9.
Se personalmente penso che esista? Come scienziato non posso esprimermi né in un senso né nell’altro. Ma come essere umano ammetto prontamente di desiderare che sia là fuori. Un altro pianeta nel sistema solare! Impareremmo così tanto su questa regione lontana, e farebbe progredire la nostra comprensione di come il sistema solare si è formato ed evoluto nel corso del tempo. A complicare le cose, anche se gli astronomi non dovessero trovare P9, non significa che non sia mai esistito; gli strani allineamenti nel sistema solare esterno potrebbero essere stati scolpiti in un lontano passato, ma poi la gravità di una stella vicina di passaggio potrebbe aver espulso il pianeta dal sistema solare.
Oppure potrebbe essere là fuori, freddo e buio, in attesa che noi rileviamo il suo debole bagliore dalla luce riflessa di un Sole terribilmente lontano. Anche contando Plutone, è passato quasi un secolo dall’ultima volta che è stato scoperto un nuovo pianeta del sistema solare, più o meno due secoli se non lo si conta. Presto lo sapremo – in un modo o nell’altro.