Il nuovo campione di asteroidi della NASA sta già riscrivendo la storia del sistema solare
Lo studio del materiale incontaminato dell’asteroide Bennu riportato sulla Terra dalla missione OSIRIS-REx è iniziato da poco, ma già ha prodotto diverse sorprese
di Robin George Andrews/Scientific American
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I meteoriti sono messaggeri che provengono dalle profondità del tempo primordiale, frammenti di asteroidi e comete che si sono formati accanto al Sole da materie prime più antiche della nostra stessa stella. Ma i loro messaggi sono spesso confusi a causa del loro incontro finale e fatale con la Terra, lacerato dal loro tuffo infuocato attraverso l’atmosfera del nostro pianeta e contaminato dal tumulto ambientale del nostro mondo, in continua evoluzione. Inoltre, a differenza di un pacco postale smarrito, non hanno l’indirizzo del mittente che ne riveli la provenienza.
Ma che cosa accadrebbe se gli scienziati che desiderano scrivere la storia dei primi giorni del sistema solare potessero evitare questi problemi? Invece di affidarsi esclusivamente ai capitoli casuali e sparsi della storia cosmica dei meteoriti, non sarebbe meglio visitare direttamente gli archivi più antichi dello spazio – asteroidi e comete – per riportare indietro interi libri geologici da leggere?
La sonda della NASA Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, and Security-Regolith Explorer (OSIRIS-REx) ha fatto proprio questo nel 2020, quando si è tuffata verso la superficie dell’asteroide near-Earth Bennu e ha recuperato alcune rocce risalenti a 4,5 miliardi di anni fa, prima di riportarle sulla Terra lo scorso settembre in modo traumatico. Non si tratta della prima (o della seconda) sonda spaziale che preleva qualcosa da un asteroide. Ma ha recuperato il campione più grande finora: ben 121,6 grammi di materiale incontaminato proveniente dagli albori del sistema solare.
Quasi subito dopo l’atterraggio della capsula di ritorno del campione sulla Terra, gli scienziati hanno iniziato gli esami di laboratorio. All’inizio di questo mese, in occasione della Lunar and Planetary Science Conference di The Woodlands, in Texas, hanno presentato i primi risultati approfonditi a tutto il mondo. Le loro analisi sono preliminari, ma sembra che la forma originaria di Bennu fosse sorprendentemente familiare nel vasto abisso degli eoni. Miliardi di anni fa Bennu faceva apparentemente parte di un mondo ricco d’acqua, ora perduto e comunque dimenticato, con un cuore geologico pulsante e un’abbondanza di materiale organico prebiotico. Per molti aspetti, questo mondo senza nome avrebbe potuto somigliare alla Terra primitiva e senza vita.
“All’interno dei suoi minerali Bennu contiene letteralmente i mattoni della vita”, afferma Louisa Preston, astrobiologa dell’University College di Londra.
Le conclusioni più solide devono ancora arrivare, ma è già chiaro che questi preziosi frammenti di Bennu nascondono un immenso potenziale. “Quello che stiamo cercando di fare con questi campioni è capire come si è formata la Terra, non solo la sua acqua, non solo i suoi composti prebiotici, ma il pianeta stesso”, sottolinea Harold Connolly, geologo della Rowan University e responsabile dell’analisi dei campioni di OSIRIS-Rex.
E non si tratta solo del nostro pianeta blu-verde. Alcuni dei grani microscopici del campione rivelano che l’odissea di Bennu è iniziata prima che il Sole bruciasse i primi fuochi, il che significa che gli scienziati planetari possono usarlo come punto di appoggio nella loro ascesa verso la risposta a una delle domande più durature e monumentali del loro campo di indagine. “Qual era la mineralogia di partenza del sistema solare? Da dove proveniva quella polvere, tutta da una sola stella o da più generazioni di stelle o da diversi tipi di stelle?”, si chiede Ashley King, meteorologo del Museo di storia naturale di Londra e membro del gruppo scientifico di OSIRIS-REx.
Grazie all’audace incursione della missione negli antichi archivi di Bennu, “stiamo mettendo insieme tutto questo”, aggiunge Connolly.
Preludio presolare
Il termine “Origin” [“origini”, NdT] nel nome completo di OSIRIS-REx si riferisce alla genesi e alla storia di Bennu come rappresentante di tutti gli altri asteroidi ricchi di carbonio e acqua che hanno girato intorno al Sole negli ultimi miliardi di anni. Si tratta di un’impresa mastodontica. “Finora abbiamo esaminato l’1 per cento del campione”, dice Connolly. Ma questo è sufficiente per iniziare a testare una lista di ipotesi che il gruppo ha sviluppato riguardo alla vita di Bennu.
Una domanda chiave è la seguente: che cosa ha contribuito a formare il corpo originario (o “genitore”) di Bennu? Gli indizi risiedono nei suoi grani presolari, cristalli che si sono condensati prima dell’esistenza del Sole: “In pratica, i mattoni con cui è costruito il sistema solare”, chiarisce Pierre Haenecour, cosmochimico dell’Università dell’Arizona e membro del gruppo OSIRIS-REx.
Finora sono state identificate almeno due grandi categorie di grani presolari. Molti presentano le firme chimiche di stelle di massa medio-bassa che si trovavano nelle ultime fasi della loro vita; queste stelle producono potenti venti stellari quando invecchiano, espellendo gran parte della loro atmosfera nello spazio profondo per creare nubi di gas e polvere che possono essere riciclate in una stella appena nata. Altri grani suggeriscono un’origine più violenta.
“Abbiamo alcuni grani presolari che sembrano avere composizioni… più coerenti con quelle che troviamo nelle supernove”, spiega Haenecour. Nel complesso, ciò supporta l’ipotesi di lunga data secondo cui il sistema solare sarebbe stato seminato e arricchito dalla morte esplosiva di una vasta gamma di fornaci termonucleari.
Non molto tempo dopo la nascita del Sole, i pianeti hanno iniziato ad aggregarsi intorno a esso sotto l’influenza della gravità, compreso l’ignoto corpo genitore di Bennu. Oggi Bennu potrebbe esistere come asteroide di medie dimensioni in un’orbita vicina alla Terra, ma il gruppo sospetta che, eoni fa, il suo genitore carico d’acqua abbia preso forma per la prima volta oltre la linea della neve, un diffuso confine termico circumstellare che determina dove le sostanze più volatili, tra cui l’acqua, possono esistere sotto forma di ghiaccio intorno a una stella.
Non c’è ancora accordo su quanto lontano si sia formato il proto-mondo di Bennu. Un’ipotesi prevede che non si trovasse nella fascia di asteroidi tra Marte e Giove, ma in un luogo più lontano. La chiave per verificare questa idea sarà l’assenza o la presenza di vari ghiacci e dei loro residui all’interno del campione; il ghiaccio d’acqua può esistere vicino al Sole, anche all’interno della fascia degli asteroidi, mentre il monossido di carbonio congelato deve essere più distante – da qualche parte nel regno di Nettuno – per resistere alla vaporizzazione.
L’assortimento di sostanze chimiche temperate già trovato nel campione è “coerente con un’origine esterna al sistema solare”, afferma Kelly Miller, cosmochimica al Southwest Research Institute di San Antonio, in Texas. È interessante notare che alla conferenza è stata annunciata anche la rilevazione di una quantità di ammoniaca, una sostanza estremamente volatile. Questa potrebbe essere associata alla materia organica dell’asteroide. Ma se provenisse da ghiaccio di ammoniaca, “questo spingerebbe il corpo genitore di Bennu ancora più lontano nel sistema solare esterno”, afferma Connolly, forse nel regno dei pianeti giganti di ghiaccio Urano e Nettuno, o anche oltre.
Il mondo acquatico perduto
Ovunque si sia formato il corpo genitore di Bennu, non era certo in stasi. Il campione sembra essere pieno di argille e altri assemblaggi minerali che sono chiari segni di trasformazioni dinamiche, come la saturazione in acqua liquida o addirittura l’evaporazione di parte di quell’acqua che lascia sali. “Bennu è dominato da materiali alterati dall’acqua”, afferma Sara Russell, scienziata planetaria del Museo di storia naturale di Londra e membro del gruppo scientifico di OSIRIS-Rex.
Anche se l’acqua non era bollente, era certamente calda e la sua composizione potrebbe essersi evoluta nel tempo, il che suggerisce che i sistemi idrotermali multipli siano stati guidati dallo scioglimento del ghiaccio. Il ghiaccio si è fuso, almeno per qualche milione di anni, perché il corpo genitore aveva un nucleo geologico caldo riscaldato dal decadimento degli isotopi radioattivi. Secondo Connolly, il precursore di Bennu era largo almeno dieci chilometri, forse di più.
A febbraio il gruppo della missione ha annunciato la sorprendente presenza di fosfati nel campione. Sotto il carapace ghiacciato di Encelado, la luna di Saturno, un oggetto geologicamente tumultuoso, si trova un caldo oceano di acqua liquida che contiene una serie di ingredienti essenziali per la vita, tra cui i composti di fosforo. Dopo aver trovato fosfati nel campione di Bennu, il principal investigator di OSIRIS-REx Dante Lauretta ha ipotizzato che l’asteroide “potrebbe essere un frammento di un antico mondo oceanico”.
“Non sono ancora disposto ad arrivare a questo punto, perché non abbiamo ancora sufficienti dati petrologici e petrografici per definire una narrazione”, spiega Connolly. Ma Bennu è decorato con caratteristiche che potrebbero essere collegate a un’attività geologica sorprendente.
Uno dei tipi di roccia osservati dalla sonda su Bennu, che ha l’aspetto di un “cavolfiore”, è “molto simile a un mélange“, spiega Connolly, una roccia compatta e schiacciata, “che si forma tipicamente nelle zone di subduzione”, come quelle che si trovano ai margini continentali della Terra e nei bacini marini profondi. L’idea di un mondo precursore su Bennu, con una traslazione e un rotolamento di lastre tettoniche simile a quello della Terra, è a dir poco allettante. Ma queste rocce sono caotiche e difficili da interpretare. “Non significa che il corpo genitore fosse tettonicamente attivo”, afferma Connolly.
Attualmente, i più immaginano non tanto un mondo geologicamente iperattivo, quanto una roccia umida con una giovinezza dinamica. “Mi piace pensare che sia una grande palla di fango”, chiarisce King.
Il grande liberatore
Quella palla di fango è finita nella fascia degli asteroidi, forse dopo essere stata trascinata fuori da un’orbita più lontana dall’attrazione gravitazionale di Giove. Un’ipotesi di lavoro è che, dopo circa tre miliardi di anni, questo corpo madre sia stato distrutto da una collisione catastrofica, liberando il frammento che oggi conosciamo come Bennu, che alla fine si è fatto strada nello spazio vicino alla Terra.
Questa migrazione verso l’interno parla di un capitolo chiave nella storia del sistema solare: il trasferimento di acqua e di materiale organico prebiotico – composti a base di carbonio utilizzati dalla biologia – ai mondi rocciosi.
“È una questione di vecchia data: da dove viene l’acqua della Terra?”, si chiede Richard Binzel, esperto di asteroidi al Massachusetts Institute of Technology e co-investigator di OSIRIS-Rex. “Per molto tempo abbiamo pensato che provenisse dalle comete, perché sono gli oggetti più ricchi di acqua che osserviamo”. Ma negli ultimi anni le indagini sul ghiaccio d’acqua di varie comete hanno rivelato che le sue impronte chimiche sono molto diverse da quelle dell’acqua che riempie gli oceani della Terra.
Al contrario, l’acqua trovata in una miriade di meteoriti umidi è molto più simile a quella delle riserve idriche del nostro pianeta. E che dire di Bennu? La grande rivelazione è ancora lontana, ma a prescindere dal fatto che Bennu abbia acqua simile a quella terrestre, questa domanda perenne non avrà una risposta definitiva: i mari e gli oceani della Terra sono stati probabilmente ottenuti da una varietà di fonti cosmiche. È anche possibile che la loro creazione non dipenda affatto dagli asteroidi; piuttosto, gli oceani della Terra potrebbero essere stati imprigionati all’interno del pianeta durante la sua formazione, prima di fuoriuscire in superficie attraverso un antico vulcanismo.
Poi ci sono i composti organici. “La biologia è nata come chimica”, afferma Preston. Anche nel caso estremamente improbabile che il campione di OSIRIS-REx contenga microrganismi alieni fossilizzati, Bennu non fornirà alcuna risposta concreta su come la vita sia iniziata sulla Terra. Ma la vita non potrebbe esistere senza una serie di composti contenenti carbonio, come gli amminoacidi. Un’idea è che questi si siano formati negli spazi tra le stelle prima che asteroidi come Bennu trasferissero questi ingredienti sul nostro pianeta.
“Sappiamo che gli asteroidi possono portare questi elementi sulla Terra. Ma il passo fondamentale è: come sono diventati vita? Dobbiamo fare un inventario per poter rispondere a questa domanda”, afferma King. Il gruppo ha già identificato un lungo elenco di molecole organiche, tra cui una serie di amminoacidi, presenti nel campione. “Hanno anche trovato uracile e timina, una delle quattro basi nucleotidiche dell’RNA e… sostituita dalla timina nel DNA”, spiega Preston.
Alcune di queste sostanze cruciali per la vita hanno anche origini primordiali. “Bennu contiene materia organica che si è formata nel mezzo interstellare”, ha detto Ann Nguyen, planetologa della NASA e co-investigator di OSIRIS-REx, durante una presentazione alla conferenza.
Non tutti gli astrobiologi sono fissati con gli amminoacidi. “Forse sono un po’ eretico”, esordisce Cole Mathis, astrobiologo dell’Arizona State University, non particolarmente interessato alle abbondanze di materia organica in Bennu. “Non è difficile produrre amminoacidi: se si combinano azoto, carbonio e ossigeno, queste cose sono più o meno inevitabili”, chiarisce. Gli asteroidi possono averli portati sulla Terra, ma, proprio come l’acqua del pianeta, questi composti potrebbero essersi formati facilmente anche sulla Terra senza bisogno di una consegna simile a quella di Bennu.
Mathis vuole usare Bennu per esplorare il confine tra chimica e biologia. “Ci sono molecole così complesse che solo la vita può averle create”, spiega, proponendo la vitamina B12 come esempio. Non si aspetta di trovare qualcosa di simile nel campione. Ma vuole scoprire quali molecole possono essere prodotte sia dalla vita che dalla chimica abiotica e quali possono essere prodotte solo dalla vita. “Dove potrebbe essere la transizione?”
Bennu, spera, offrirà indizi su dove si trova questo confine, perché più un composto organico è barocco, più è difficile per la sola chimica crearlo. La domanda di Mathis, quindi, non riguarda l’abbondanza ma la convoluzione chimica: “Quali sono le singole molecole più complesse che possiamo trovare in questi materiali?”
Le risposte a questa domanda e a molte altre sono in arrivo. Sono nascoste in un piccolo sacchetto di materiale asteroideo incontaminato in attesa di essere indagate. Il ritorno a casa di questi grani potrebbe essere costato 1,2 miliardi di dollari. Ma in realtà non hanno prezzo perché possono fornire un contesto a quel famoso aforisma: “Siamo tutti polvere di stelle”. Gli scienziati stanno iniziando a scoprire l’esatta natura e provenienza di questa polvere di stelle, che ha dato vita a tutto ciò che vediamo, compresa la Terra e noi stessi.
Le speranze erano alte quando OSIRIS-REx ha raccolto il campione da Bennu. Sono già state superate. “L’universo ci ha sorriso”, conclude Connolly