La tempesta geomagnetica del luglio 1962: quando l’uomo creò aurore nei cieli del Pacifico
Circa sessant’anni fa il test nucleare denominato “Starfish Prime” condotto dall’esercito USA originò una forte tempesta magnetica, la prima mai creata “artificialmente”. La tempesta accese aurore nei cieli delle isole Hawaii e provocò la perdita accidentale dei satelliti in orbita bassa
di Fabio Giannattasio
Tratto da INGVAMBIENTE
Il 9 Luglio 1962 si verificò una delle tempeste geomagnetiche più intense mai registrate nell’era spaziale. La particolarità? Semplice: non era di origine solare.
L’Atollo Johnston, nell’Oceano Pacifico a circa 1450 km a sudovest delle Hawaii è un fazzoletto di terra emersa, di area inferiore a 3 km quadrati. Si trova geograficamente in Oceania, ma appartenente agli Stati Uniti d’America. Classificato come “territorio non incorporato degli Stati Uniti”, è infatti amministrato dal governo americano attraverso un ente denominato “Servizio della pesca e della fauna selvatica degli Stati Uniti”, che ne ha la giurisdizione dal 2003.
Quel 9 luglio del 1962 dalla base di lancio posta sull’atollo decollò un razzo con a bordo un ordigno termonucleare ad idrogeno denominato W49. Dopo 13 minuti e 41 secondi dal lancio, alle 9:00:09 UTC (corrispondenti alle 23:00:09 dell’8 Luglio 1962 secondo l’ora di Honolulu) l’ordigno venne fatto esplodere ad un’altezza di circa 400 km per effettuare un test.
Cosa accadde dopo?
L’esplosione provocò un impulso elettromagnetico molto più intenso di quanto atteso, tanto da mandare fuori scala molti strumenti e vanificando quindi ogni sforzo di ottenere misure accurate per quantificare gli effetti dell’evento. Il test nucleare aveva creato una vera e propria tempesta geomagnetica. Dalle Hawaii alla Nuova Zelanda numerose testimonianze parlarono di magnifiche aurore mai viste prima, con strisce arcobaleno nel cielo di mezzanotte. Le comunicazioni radio si interruppero, ci furono danni alla rete elettrica delle Hawaii (circa 300 lampioni a Honolulu si spensero improvvisamente), scattarono numerosi allarmi antifurto, furono danneggiati i collegamenti a microonde delle compagnie telefoniche, rendendo impossibile chiamate da Kauai alle altre isole Hawaii.
L’enorme impulso emesso dall’esplosione aveva ionizzato la parte alta dell’atmosfera terrestre sopra al Pacifico. Aveva causato forti variazioni dell’intensità del campo geomagnetico, che è poi via via tornata verso il valore iniziale prima dell’evento con l’attenuarsi della ionizzazione. Tali variazioni hanno generato una vera e propria tempesta geomagnetica artificiale per centinaia di km intorno all’Atollo Johnston.
L’effetto sui satelliti in volo
Ma i danni causati dall’esperimento nucleare non si limitarono all’interruzione delle comunicazioni radio e ai danni alle reti elettriche delle Hawaii. Furono ben più gravi. L’esplosione causò infatti la perdita prematura di tutti i satelliti in orbita all’epoca, compresa la prima missione britannica, l’Ariel-1, e il satellite americano per le comunicazioni Telstar-1, che ironia della sorte fu lanciato il giorno dopo il test nucleare.
Solitamente durante le tempeste geomagnetiche di origine solare, l’energia introdotta nell’ambiente circumterrestre porta ad un riscaldamento della parte alta dell’atmosfera che si espande, aumentando l’attrito al volo dei satelliti. In questo caso ad abbattere i satelliti fu uno sciame di elettroni ad altissima energia generati dall’esplosione e da essa disseminati nella magnetosfera terrestre. Tali particelle hanno bersagliato i satelliti danneggiando le loro componenti elettroniche, la strumentazione di bordo ed in particolare i pannelli solari, necessari per la ricarica delle batterie che forniscono energia al satellite. Non solo, ma questi elettroni fortemente accelerati e intrappolati nella magnetosfera terrestre ci rimasero per anni, colpendo e danneggiando inesorabilmente tutti i satelliti in orbita a quell’epoca.
La vita nelle acque dell’Atollo Johnston
Nonostante la portata dell’evento e la radioattività dell’area in prossimità delle acque contaminate, scienziati della National Oceanic Atmospheric Administration statunitense hanno osservato sui fondali oceanici forme di vita resiliente. Durante campagne oceanografiche, con l’uso di piccoli sommergibili, hanno osservato una incredibile foresta di spugne silicee nota come Forest of The Weird (“foresta delle stranezze”). Lo scheletro delle spugne è costituito da strutture aghiformi di silice, lo stesso materiale di cui è costituito il vetro (non a caso vengono comunemente chiamate anche spugne di vetro). Sono tutte rivolte nella direzione della corrente, dalla cui carezza trattengono le sostanze nutrienti di cui hanno bisogno per vivere.
Nel Luglio del 2022 nei pressi di una montagna sottomarina a Nord dell’atollo a 3000 metri di profondità è stata scoperta una nuova creatura marina dall’aspetto peculiare. E’ composta da un gambo di circa 2 metri ed è provvista da tentacoli lunghi circa 40 centimetri. La specie di appartenenza ancora non è del tutto certa.
Come a ribadire che la vita resiste nelle condizioni più estreme. Lo farà anche nonostante la devastazione provocata dall’uomo, e ancor più lo farà dopo l’uomo.