Quando la ”lava” è blu: il mistero del vulcano Kawah Ijen in Indonesia

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Quando la ”lava” è blu: il mistero del vulcano Kawah Ijen in Indonesia

di Lucia Pappalardo
ingvvulcani.com

All’estremità orientale dell’isola di Giava, nel cuore dell’Indonesia, sorge la caldera di Ijen, una depressione vulcanica larga 20 chilometri che si è formata più di 50mila anni fa. Al suo interno si sono sviluppati una serie di stratovulcani minori; tra questi, il Kawah Ijen, uno dei crateri storicamente attivi, è noto per la sua incredibile “lava” di colore blu fluorescente. Lo stesso fenomeno si verifica occasionalmente anche in altri vulcani come il Dallol in Etiopia (Figura 1).

Figura 1 - La “lava” blu del vulcano Kawah Ijen. Fotografia tratta da: https://www.geologyin.com/2014/06/spectacular-neon-blue-lava-pours-from.html
Figura 1 – La “lava” blu del vulcano Dallol in Etiopia. Fotografia di Olivier Grunewald tratta da: https://www.geologyin.com/2014/06/spectacular-neon-blue-lava-pours-from.html

Questo singolare fenomeno è dovuto alla combustione di gas solforici che fuoriescono ad alta pressione e temperatura (fino a 600°C) da fratture presenti nel vulcano. Esposti all’ossigeno contenuto nell’aria, i gas bruciano rapidamente e in alcuni momenti possono condensare come zolfo liquido e scorrere verso valle creando l’illusione di una “lavadi colore blu. Poiché si tratta in realtà di fiamme e non di lava, l’effetto è visibile solo di notte!

Di giorno invece appare lo spettacolare lago craterico dalle acque turchesi presente nella parte sommitale del vulcano. La bellezza delle sue acque tuttavia non deve trarre in inganno; si tratta infatti del più grande lago acido al mondo. E sono proprio i gas vulcanici a conferire a questa immensa laguna di puro acido i suoi bei riflessi verde smeraldo (Figura 2).

Figura 2 - Il lago acido di Kawah Ijen, si estende per circa 1 km nella parte sommitale del vulcano. Fotografia: Jimmy McIntyre - Editor HDR One Magazine/Wikimedia Commons
Figura 2 – Il lago acido di Kawah Ijen, si estende per circa 1 km nella parte sommitale del vulcano. Fotografia: Jimmy McIntyre – Editor HDR One Magazine/Wikimedia Commons.

Il lago craterico

Il lago ha un’estensione di circa un chilometro e un volume di circa 36 milioni di metri cubi, il pH dell’acqua ha un valore di circa 0,5 sulle sponde e 0,13 nella zona più centrale a causa dell’elevata concentrazione di acido solforico e cloridrico, il che indica un valore di acidità molto elevato, in grado di sciogliere i metalli ed estremamente nocivo per gli esseri viventi.

Chi non ricorda la famosa scena del film “Dante’s Peak”? In cui, nella finzione cinematografica, mentre una famiglia cercava di mettersi in salvo dal vulcano in eruzione attraversando il lago in barca, aiutata dal vulcanologo interpretato da Pierce Brosnan, i gas vulcanici trasformavano (troppo!) rapidamente il placido ambiente lacustre in una trappola mortale di acido?

A Kawah Ijen l’emissione imponente di gas solforici è anche all’origine dei cospicui depositi di zolfo che caratterizzano le pareti rocciose che circondano il lago craterico. Lo zolfo è un minerale prezioso utilizzato per una vasta gamma di prodotti e processi industriali, dalla produzione di zucchero a quella di fiammiferi, fino a quella dei medicinali; per questo motivo viene estratto dalle miniere prossime al lago vulcanico da oltre 40 anni (Figura 3).

Figura 3 - Minatori durante l’estrazione di zolfo in prossimità del lago craterico acido di Kawah Ijen. Foto: Credit: Aurelie Marrier d'Unienville/INSTITUTE
Figura 3 – Minatori durante l’estrazione di zolfo in prossimità del lago craterico acido di Kawah Ijen. Foto: Credit: Aurelie Marrier d’Unienville/INSTITUTE

Estrarre lo zolfo

L’estrazione avviene manualmente, un lavoro estenuante e pericoloso. Per aumentare l’efficienza, i minatori inseriscono dei tubi metallici nelle fessure della roccia per incanalare le fumarole ricche di gas solforico. Via via che il gas caldo si raffredda all’interno dei tubi, condensa formando zolfo liquido che appare di colore rosso sangue quando è ancora fuso, per poi diventare giallo quando solidifica. Si forma così quello che i minatori chiamano “l’oro del diavolo” per il suo colore giallo limone e perché costituisce un’importante fonte di reddito, ma anche per la pesante contropartita pagata dai minatori indonesiani con danni alla propria salute.

Il viaggio dei minatori inizia verso mezzanotte. Si raggiunge la cima del vulcano a circa 2800 m di altezza, per poi scendere per 200 metri all’interno del cratere lungo le ripide pareti del vulcano fino al lago. Qui, sotto l’inquietante luce blu delle fiamme dei gas solforici, lo zolfo viene ridotto in pezzi, caricato in ceste di bambù e trasportato a spalla dai minatori fuori dal cratere. Ogni lavoratore riesce a trasportare fino a 70 kg di zolfo due volte al giorno, il guadagno è infatti proporzionale alla quantità di materiale trasportato.

Nell’atmosfera irritante e corrosiva del cratere, i minatori lavorano senza alcuna protezione fatta eccezione per un panno umido usato per coprire naso e bocca. I numerosi turisti che visitano la zona indossano invece maschere antigas, un lusso inaccessibile per i minatori che ancora oggi, come i loro padri, scelgono di asportare lo zolfo a mani nude per non rallentare le operazioni di estrazione (Figura 4).

Figura 4 - Un giovane minatore durante l’estrazione di zolfo in prossimità del lago craterico acido di Kawah Ijen Source: CEphoto, Uwe Aranas/Wikimedia Commons
Figura 4 – Un giovane minatore durante l’estrazione di zolfo in prossimità del lago craterico acido di Kawah Ijen Source: CEphoto, Uwe Aranas/Wikimedia Commons.

Kawah Ijen con la sua iconica lava blu, il bellissimo lago turchese e le miniere di zolfo rimane tra i vulcani più spettacolari e pericolosi della Terra. L’eruzione magmatica più significativa in tempi recenti è avvenuta nel 1817, con una serie di violente esplosioni che sono durate per 33 giorni. Le cronache del tempo riportano che il Sole fu oscurato dall’enorme quantità di cenere vulcanica, le risorse idriche contaminate dai gas acidi e i tetti delle capanne di bambù collassarono per il peso dei frammenti vulcanici. Negli ultimi 300 anni sono inoltre documentate almeno una decina di piccole eruzioni freatiche, che sono circoscritte all’area craterica ma possono rappresentare un serio rischio per chi lavora in prossimità del lago acido e per i turisti.

Durante il 2011 – 2012, il vulcano ha dato segni di risveglio testimoniati da sciami sismici percepiti anche dalla popolazione e da un aumento di 12°C della temperatura del lago. In seguito a questi fenomeni il sistema di monitoraggio del vulcano è stato implementato dall’Indonesia’s Center for Volcanology and Geologic Hazards Mitigation (CVGHM) che, dislocato in 77 piccoli osservatori sparsi lungo i 5.000 chilometri dell’arcipelago indonesiano, controlla i suoi 120 vulcani attivi, di cui 75 hanno prodotto eruzioni in tempi storici.

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