Il “curioso” caso mediatico dell’inquinamento atmosferico del Nord Italia
In questa metà di febbraio di inquinamento dell’aria, in particolare delle città del Nord, parlano tutti. Che cosa è accaduto di così grave in quest’ultimo mese rispetto al solito? In realtà nulla di straordinariamente diverso. La Pianura Padana è da anni una delle aree più inquinate d’Europa, con valori spesso ben oltre le soglie di sicurezza
di Cristina Da Rold
www.lescienze.it
Meno di dieci anni le iniziative di Cittadini per l’Aria – nota associazione milanese nata con lo scopo di promuovere politiche per una migliore qualità dell’aria – erano scarsamente prese in considerazione dall’opinione pubblica. Molte famiglie partecipavano al monitoraggio della qualità dell’aria, vedendo le conseguenze dell’inquinamento oltre soglia sulla salute respiratoria dei propri figli, ma certamente l’argomento non riempiva le prime pagine dei giornali né i telegiornali come avviene ultimamente.
Nelle ultime settimane è balzata su tutti i giornali un’analisi di IQAir, un’azienda svizzera, secondo la quale Milano sarebbe la terza città più inquinata dal mondo. Poco dopo ARPA Lombardia-Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha dichiarato a La7 che quei dati sono poco attendibili perché mostrano una fotografia su base oraria, che quindi varia molto velocemente, e perché mettono insieme dati provenienti da fonti diverse quindi poco confrontabili tra loro. E infatti già il 21 febbraio Milano era al nono posto, non più al terzo.
A Torino l’emergenza aria in questi giorni è diventata addirittura materia giudiziaria con gli ex sindaci, Chiara Appendino e Piero Fassino e l’ex governatore della Regione Sergio Chiamparino, imputati nel processo in cui viene contestato loro il reato di inquinamento ambientale. Per loro i pubblici ministeri Vincenzo Pacileo e Gianfranco Colace hanno disposto la citazione diretta a giudizio nel processo ordinato dalla Procura che si aprirà il 18 giugno a Palazzo di Giustizia. L’accusa è quella di non aver preso delle contromisure adeguate nel corso degli anni.
Perché l’inquinamento aumenta?
Il problema è che la qualità dell’aria cala, ma in realtà stiamo lavorando sulle emissioni: in vent’anni le concentrazioni di particolati sono diminuite di molto, ma evidentemente non abbastanza. La situazione preoccupante è dovuta in particolare alla conformazione orografica del Bacino Padano. Il problema non è che vengono emesse molte più sostanze inquinanti rispetto agli altri paesi ma che in un’area come la Pianura Padana è più complesso “diluire” queste alte concentrazioni a causa di uno scarso movimento dell’aria.
In questi giorni le inversioni termiche, frequenti nei mesi invernali e favorite dalla forte stabilità atmosferica che caratterizza l’area padana, mantengono l’aria alle basse quote più fredda e quindi incapace di risalire in atmosfera, risultando “irrespirabile” per chi esce di casa. Quanto più l’aria ristagna, tanto meno gli inquinanti vengono diluiti.
Come stanno le cose
Sembra incredibile: in questa metà di febbraio 2024 di inquinamento dell’aria parlano tutti. Di chi è la responsabilità: forse degli influencer sui social media che hanno iniziato davvero a prendere parte alla causa? Oppure dell’immissione in commercio di sempre più app gratuite in grado di dirti quanto è inquinata l’aria che respiri usando un intenso color viola scuro per la Pianura Padana?
Che cosa è accaduto di così grave in quest’ultimo mese rispetto al solito? In realtà nulla di straordinariamente diverso. Molte centraline hanno segnalato valori ancora più alti del normale nelle grandi città del nord, come Milano, tanto che a partire dal 20 febbraio, in Lombardia scattano misure antismog in nove province, ma nulla di fuori scala. La Pianura Padana è da anni una delle aree più inquinate d’Europa, con valori spesso ben oltre le soglie di sicurezza, e lo mostrano i dati seri dell’Agenzia europea dell’ambiente e quelli provenienti dalle centraline ARPA.
Ad alimentare il dibattito è un video che sta facendo il giro del web dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea, che mostra in 59 secondi le concentrazioni orarie di PM10 (particolato con un diametro medio pari o inferiore a 10 micrometri) nella Pianura Padana dal 1 gennaio al 31 gennaio 2024. Basta vedere i colori utilizzati per capire che la situazione è pessima.
Un dato solido viene pubblicato ogni anno da Legambiente nel consueta rapporto Mal’Aria. L’edizione 2024 mostra che sono 18 le città fuorilegge per superamento dei limiti di smog nel 2023. Erano 29 nel 2022 e 31 nel 2021. In testa alla classifica c’è Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi, seguita da Torino (Grassi) con 66, Treviso (strada S. Agnese) 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62. Anche le tre città venete, Rovigo (Centro), Verona (Borgo Milano), e Vicenza (Ferrovieri), superano i 50 giorni, rispettivamente 55, 55 e 53. Milano (Senato) registra 49 giorni, Asti (Baussano) 47, Cremona (Piazza Cadorna) 46, Lodi (viale Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la lista Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellerini) e Ferrara (Isonzo) con 36.
Come viene misurato l’inquinamento dell’aria
Secondo le direttive e gli standard legali dell’Unione Europea, le concentrazioni di PM10 superiori a 50 microgrammi per metro cubo (μg/m³) sono considerate pericolose e questa soglia non dovrebbe essere superata per nessun luogo per un numero specifico di giorni all’anno, generalmente fissato a 35 giorni. Per il PM 2,5 il valore limite annuale è di 25 µg/m³, una soglia da poco abbassata da parte dell’Organizzazione mondiale della Salute in relazione alle incalzanti evidenze sul ruolo dell’inquinamento sul peggioramento della salute e sul rischio di malattie croniche.
L’indicatore che usano le ARPA regionali è l’Indice della Qualità dell’Aria che fa riferimento a cinque classi di giudizio e che viene calcolato in base ad indicatori di legge relativi a tre inquinanti critici: la concentrazione media giornaliera di PM10 il valore massimo orario di biossido di azoto, e il valore massimo delle medie su otto ore di ozono. A seconda del valore si associano cinque colori, dal verde al viola.
Il colore arancione, rosso o viola (corrispondente a un valore dell’indice superiore a 100) indica che almeno uno degli inquinanti supera il limite di legge. In realtà però l’ARPA Emilia-Romagna chiarisce che il numero e la definizione delle classi dell’indice sono determinati da esigenze di natura comunicativa, più che da motivazioni di tipo epidemiologico o tossicologico. La letteratura scientifica non ha individuato una soglia di assenza di effetto per alcun inquinante, né intervalli di concentrazione all’interno dei quali si manifestino effetti sanitari specifici.
Per costruire un indice di qualità dell’aria su basi scientifiche sarebbe necessario conoscere il rischio sanitario associato a ogni possibile combinazione dei livelli degli inquinanti. Lo stato attuale delle conoscenze in ambito epidemiologico è tuttavia abbastanza lontano da tale obiettivo: difficoltà di tipo statistico e tossicologico rendono infatti problematica la conoscenza dell’effetto sia dei singoli inquinanti, sia delle varie combinazioni dei diversi inquinanti.
La percezione del problema aumenta. Ma basterà?
Sul numero di settembre 2019, “Le Scienze” pubblicava un lungo articolo che faceva il punto delle iniziative che le Regioni del Bacino Padano stavano mettendo in atto per contrastare gli effetti già chiaramente devastanti dell’inquinamento dell’aria. Si citava fra gli altri il progetto PREPAIR, che aveva preso il via due anni prima e che si concluderà proprio il 31 dicembre 2024, frutto del Tavolo di Bacino Padano, nel quale le regioni hanno pianificato azioni comuni con lo scopo di limitare le emissioni nei prossimi anni. Nel 2023 è stata pubblicata un’indagine sulla percezione dei cittadini rispetto al problema. I risultati evidenziano che l’aria che respiriamo è generalmente percepita come “in peggioramento” a fronte di dati che mostrano una generale riduzione delle concentrazioni di inquinanti.
La complessità del tema si riflette nella difficoltà dei cittadini nell’individuare e mettere in corretta correlazione cause e inquinanti, nonché a identificare soluzioni efficaci e coerenti. Se nella edizione 2019 della stessa indagine i rispondenti indisponibili o disinteressati erano il gruppo più numeroso del campione (33 per cento), e i proattivi il più piccolo (13 per cento), nel 2023 i rapporti sono capovolti. Il gruppo degli indisponibili si è ridotto al 19 per cento, mentre gli impegnati sono il 39 per cento. Oggi i due terzi del campione ritiene che la qualità dell’aria sia peggiorata nel corso degli anni.
Rispetto alla precedente indagine, si conferma quindi la netta percezione di un andamento di peggioramento nella qualità atmosferica. Il questionario chiedeva ai partecipanti di autovalutare il livello di informazione sulla qualità dell’aria nel proprio contesto geografico. La percentuale di intervistati che si sono auto-valutati come “molto ben informato” o “ben informato” è pari al 27 per cento del campione, mentre il 29 per cento degli intervistati si considera “poco informato” o “per niente informato”.