Siccità: sotto il profilo idrico, per l’Italia, l’estate è già arrivata… con sei mesi d’anticipo
Anbi: «Le risorse idriche, anche dove sono superiori all’anno scorso, permangono spesso al di sotto delle medie storiche»
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Il nuovo anno è iniziato da poco e l’Italia dovrebbe essere ancora in pieno inverno, ma i dati relativi alla disponibilità d’acqua raccontano un’altra storia. Quella di un’estate normale, solo anticipata di sei mesi.
Come mostra il nuovo Osservatorio sulle risorse idriche aggiornato dall’Anbi, l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica, pur con qualche eccezione al nord la disponibilità d’acqua non manca; lo stress idrico aumenta scendendo verso il centro Italia e al sud, raggiungendo l’apice in Sicilia e Sardegna.
Dopo un 2023 caratterizzato dalla siccità soprattutto sulle regioni del nord «l’Italia si è nuovamente rovesciata – spiega Francesco Vincenzi, presidente Anbi – ma i sei mesi d’anticipo climatico fanno temere soprattutto per il futuro dell’agricoltura meridionale. Non è certo normale parlare di rischio siccità a gennaio, così come va evidenziato che le risorse idriche, anche dove sono superiori all’anno scorso, permangono spesso al di sotto delle medie storiche. Questo è conseguenza di un andamento pluviometrico disomogeneo e che quest’anno sta finora portando anche poca neve».
La siccità invernale arriva infatti dopo l’anno più caldo mai registrato a livello globale, e il secondo in classifica per l’Italia. Il trend imposto dalla crisi climatica è noto, ma le azioni in risposta stentano. La scorsa primavera si è insediata la Cabina di regia contro la siccità, voluta dal Governo Meloni e presieduta dal ministro Salvini. A maggio c’è stata la prima riunione, ma da allora sembra sparita nel nulla, nonostante il commissario nazionale Nicola Dell’Acqua abbia indicato tre ragionevoli priorità d’azione.
Nel frattempo la nuova crisi siccità prende piede. I livelli dei grandi laghi del nord, ad eccezione del Sebino, sono infatti stabilmente sopra la media del periodo; decisamente diversa, iniziando a scendere lungo la Penisola, è la situazione dei principali corsi d’acqua in Emilia Romagna, che hanno flussi sotto media, ma soprattutto nettamente inferiori a quelli dell’anno scorso.
Analogo andamento si registra nella confinante Toscana, dove il fiume Ombrone segna una portata di 6,60 metri cubi al secondo, quando l’anno scorso era mc/s 35,6 e la media di Gennaio è mc/s 29,03.
Una situazione simile si verifica nel Lazio: i principali fiumi (Tevere ed Aniene) hanno portate quasi dimezzate alla media, mentre i laghi registrano livelli in discesa rispetto all’anno scorso.
«Quanto si sta registrando nell’Italia centrale dimostra l’importanza di realizzare nuovi invasi che, di fronte all’irregolarità dei fenomeni atmosferici, aumenterebbero la possibilità di trattenere acqua piovana sul territorio, garantendo maggiore sicurezza idrica», commenta Massimo Gargano, dg Anbi.
È utile però ricordare che creare nuovi invasi non basta, e non sempre è la soluzione migliore, come evidenziato la scorsa primavera da alcune delle maggiori associazioni ambientaliste italiane.
È necessario semmai agire su più fronti puntando sulle soluzioni basate sulla natura (Nbs), ad esempio rinaturalizzando i fiumi e la rete idrica superficiale, o realizzando “città spugna” e Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde.
Senza dimenticare che i vetusti acquedotti italiani – il 60% è in funzione da più di 30 anni – perdono oltre il 40% della risorsa idrica che trasportano, anche a causa degli scarsi investimenti nel servizio idrico a livello nazionale.
Da non sottovalutare, infine, il ruolo di contrasto alla siccità che può avere la realizzazione di nuovi dissalatori: ad oggi in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1 % delle fonti di approvvigionamento idrico, contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna.