Ecco come l’aumento della temperatura degli oceani innesca episodi di freddo record in inverno
I fronti oceanici presenti nell’Atlantico e nel Pacifico fungono da termostato per controllare la frequenza delle ondate di freddo anomale
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L’ultimo anno è stato il più caldo mai registrato dall’inizio dell’era pre-industriale – e probabilmente negli ultimi 100mila anni –, fornendo l’ennesima testimonianza di un progressivo innalzamento della temperatura media globale, legato all’uso dei combustibili fossili.
Eppure alcune parti del mondo, come accaduto recentemente in America del nord, sperimentano con sempre maggiore frequenza episodi di freddo record. Come si conciliano questi due fenomeni?
Il punto di contatto è nell’enorme quantità di calore che stanno accumulando gli oceani, secondo un nuovo studio realizzato dal Korea institute of science and technology (Kist) insieme all’Università di Yonsei.
I ricercatori hanno infatti scoperto il ruolo degli oceani alle medie latitudini come fonte di ondate di freddo anomale particolarmente frequenti nell’Asia orientale e nel Nord America, aprendo la strada a una risposta a medio e lungo termine ai cambiamenti climatici invernali.
Le correnti oceaniche hanno un forte impatto sul clima dei paesi vicini poiché trasportano non solo materia sospesa e disciolta, ma anche energia termica. In particolare, le regioni in cui le temperature cambiano rapidamente in una stretta fascia latitudinale, come la Corrente del Golfo nell’Oceano Atlantico e la regione a valle della Corrente Kuroshio nell’Oceano Pacifico, sono chiamate “fronti oceanici”; tali fronti fungono da termostato per controllare la frequenza delle ondate di freddo invernale.
La ricerca congiunta Kist-Yonsei attribuisce dunque le ondate di freddo estremo all’eccessivo accumulo di calore in questi fronti oceanici: dall’inizio degli anni 2000 l’anomala tendenza al grande freddo invernale nell’Asia orientale ha coinciso con l’accumulo di calore vicino alla Corrente del Golfo nel Nord Atlantico, e quella in Nord America ha coinciso con l’intensificazione dell’accumulo di calore vicino alla Corrente di Kuroshio.
«Applicare gli effetti dei fronti oceanici rivelati in questa ricerca ai modelli climatici di riscaldamento globale può migliorare le previsioni sui cambiamenti climatici per il prossimo futuro», spiega il co-autore dello studio Mi-Kyung Sung, ricercatore del Kist.