Dal nucleo terrestre potrebbe uscire elio primordiale

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Dal nucleo terrestre potrebbe uscire elio primordiale

Il gas potrebbe filtrare dal nucleo della Terra secondo un meccanismo ancora da chiarire, affermano gli scienziati che hanno trovato rapporti isotopici di elio estremamente elevati nelle lave dell’isola di Baffin, in Canada. Altri esperti però avanzano dei dubbi sulle conclusioni dello studio
di Tom Metcalfe/Scientific American
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Una nuova analisi di antiche colate di lava nell’Artico canadese suggerisce che l’elio intrappolato nel nucleo della Terra potrebbe “uscire” lentamente nel mantello e poi raggiungere la superficie, un’idea che sfida la comprensione scientifica del funzionamento interno del nostro pianeta.

Si tratta dell’ultima prova a sostegno dell’ipotesi che i “serbatoi” primordiali di elio e altri elementi siano stati intrappolati nel centro della Terra quando il giovane Sole e i protopianeti si sono formati da una nube di gas e polvere più di 4,5 miliardi di anni fa.

Le scoperte “suggeriscono che da qualche parte nelle porzioni profonde del nostro pianeta, i gas siano conservati dalla formazione della Terra”, afferma l’autore principale del nuovo studio Forrest Horton, geochimico alla Woods Hole Oceanographic Institution.

Gli scienziati possono farsi un’idea della provenienza di un atomo di elio osservando il numero di neutroni presenti nel suo nucleo, una cifra che distingue le diverse specie, o isotopi, dell’elemento. Per esempio, l’isotopo elio-3, che ha due protoni e un neutrone, è stato prodotto nelle stelle e durante il big bang. Questo isotopo è estremamente raro sulla Terra.

L’elio-4, che costituisce la maggior parte del gas che riempie i palloncini delle feste e aiuta a raffreddare le macchine per la risonanza magnetica, ha due protoni e due neutroni in ogni nucleo. Questo isotopo è relativamente comune sulla Terra, dove si forma dal naturale decadimento radioattivo dell’uranio e del torio all’interno del nostro pianeta.

Per il nuovo studio, che è stato pubblicato su “Nature”, Horton e i suoi colleghi hanno analizzato campioni di colate laviche di 62 milioni di anni fa nella parte orientale dell’Isola di Baffin, un’isola artica dell’estremo nord del Canada coperta di roccia, neve e ghiaccio e abitata dagli orsi polari. I geologi studiano le lave da decenni per cercare di capire meglio come funziona il mantello terrestre. Per esempio, in uno studio pubblicato nel 2003, i ricercatori hanno trovato per la prima volta nelle lave livelli anormalmente elevati di elio-3, rispetto all’elio-4, i più elevati mai registrati nelle rocce dell’interno della Terra e fino a 50 volte il rapporto nell’atmosfera. In linea con le teorie geologiche prevalenti, i ricercatori hanno ipotizzato che l’elio-3 provenisse probabilmente da un serbatoio primordiale di elio all’interno del mantello, lo strato dell’interno della Terra al di sotto della crosta.

Nell’estate del 2018 il gruppo di Horton si è proposto di replicare questi risultati con una spedizione di due settimane sull’isola di Baffin per raccogliere campioni di lava. Nei laboratori di Woods Hole e del California Institute of Technology, i ricercatori hanno analizzato un minerale chiamato olivina nei campioni che contenevano microscopiche sacche di gas elio. Questo gas intrappolato aveva un rapporto tra elio 3 ed elio 4 ancora più elevato, pari ad almeno 65 e fino a 69 volte il rapporto atmosferico.

Rapporti isotopici elevati di elio si trovano anche nelle rocce vulcaniche di altri punti caldi del mondo, come le Hawaii e le isole Galápagos, dice Horton. Tuttavia, i rapporti nelle lave dell’Isola di Baffin sono circa due volte più alti di quelli trovati altrove.

Questi risultati senza precedenti hanno suggerito al gruppo di Horton che l’elio non provenisse dal mantello ma da una fonte ancora più profonda: il nucleo della Terra. Le lave contenevano altri elementi, come il neon, con rapporti isotopici che suggeriscono che potrebbero provenire dal nucleo. Questa possibilità ha implicazioni per la formazione della Terra e di altri pianeti, compresi gli esopianeti intorno ad altre stelle.

Ma come avrebbe fatto questo gas primordiale a raggiungere la superficie terrestre? Horton propone che l’elio possa essere prima fuoriuscito dalle parti esterne del nucleo del pianeta finendo nel mantello vicino. Poi l’elio potrebbe essere risalito in un pennacchio di roccia all’interno del mantello, che si è fuso durante la risalita, in modo che il magma risultante alla fine eruttasse sulla superficie sotto forma di lava.

Se così fosse, secondo Horton, i risultati ottenuti darebbero ai geochimici una rara visione dei processi che avvengono al confine tra il nucleo e il mantello terrestre, quasi 3000 chilometri sotto i nostri piedi.

I risultati potrebbero anche influenzare il modo in cui gli scienziati pensano all’evoluzione del nostro pianeta. Durante le prime fasi della formazione della Terra, l’elio e altri gas potrebbero essere stati abbondanti nel mantello roccioso. Ma Horton afferma che l’ipotesi che l’elio fuoriesca dal nucleo suggerisce che quasi tutto l’elio iniziale sia stato perso dalle porzioni rocciose del nostro pianeta durante le fasi successive di “miscelazione convettiva” all’interno del mantello, che quindi potrebbe essere più accuratamente miscelato di quanto si pensasse in precedenza.

Horton avverte, tuttavia, che questa non è ancora una risposta definitiva a un dibattito all’interno della comunità di geochimici sulle origini dell’elio terrestre e degli altri gas “nobili”, o non reattivi, che includono neon e argon. I geochimici si sono a lungo chiesti se questi gas provenissero da serbatoi primordiali o se fossero stati aggiunti dopo la formazione del nostro pianeta a causa dell’irradiazione del vento solare o di meteoriti contenenti elio.

Sebbene le nuove prove suggeriscano che i gas sfuggano al nucleo, Horton osserva che ciò non è stato dimostrato in modo definitivo. “Direi che c’è ancora una buona dose di incertezza sul fatto che l’elio provenga dal nucleo”, afferma.

Gli esperti sono divisi sulle conclusioni che possono trarre dallo studio. Cornelia Class, geochimica al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, che non ha partecipato allo studio, ritiene che Horton sia eccessivamente cauto. Secondo la studiosa, infatti, l’ultimo studio è “un’ottima prova” della tesi che l’elio stia fuoriuscendo dal nucleo.

Ma il geochimico Manuel Moreira dell’Osservatorio di scienze dell’universo dell’Università di Orléans in Francia, anch’egli non coinvolto nello studio, è più dubbioso. “L’ipotesi ricorrente che l’elio venga immagazzinato e successivamente fuoriesca dal nucleo rimane speculativa”, afferma. “Questo studio contribuisce comunque ad approfondire le origini dei gas nobili sulla Terra.”

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