Rilevato un lampo radio veloce che ha viaggiato per otto miliardi di anni
L’inaspettata intensità del lampo luminoso ha spinto i ricercatori ad adattare i loro modelli sul modo in cui si comporta questa forma di energia intergalattica, che si conferma essere uno strumento utile a studiare la composizione e l’evoluzione dell’universo
di Gemma Conroy/Nature
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Alcuni scienziati hanno misurato il lampo radio veloce (fast radio burst) più lontano mai registrato. Il lampo di energia, luminoso e brevemente rilevabile, ha attraversato l’universo per circa otto miliardi di anni – quasi la metà dell’età dell’universo – prima di raggiungere i telescopi sulla Terra. Sfidando gli attuali modelli è anche risultato più di tre volte più potente del previsto.
L’età del lampo radio veloce è stata la sorpresa più grande per i ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati su “Science”. “Non sapevamo se i lampi radio veloci esistessero già in un tempo così remoto”, afferma il coautore dello studio Stuart Ryder, astronomo alla Macquarie University di Sydney, in Australia.
Nel giugno 2022, Ryder e i suoi colleghi hanno rilevato l’insolito lampo radio veloce – denominato FRB 20220610A – grazie al telescopio Australian Square Kilometre Array Pathfinder nell’Australia occidentale. Per individuare la galassia da cui ha avuto origine i ricercatori hanno usato anche il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory in Cile e l’Osservatorio W. M. Keck alle Hawaii.
Un viaggio accidentato
Quando i lampi radio veloci viaggiano attraverso le galassie e tra di esse, passano attraverso un gas caldo, che fa sì che le loro onde radio a bassa frequenza rallentino maggiormente rispetto a quelle a frequenza più alta, un fenomeno noto come dispersione. Ciò significa che le onde radio con frequenze diverse raggiungono i telescopi sulla Terra in tempi leggermente diversi, consentendo agli scienziati di dedurre la presenza di materiale troppo caldo e disperso per essere rilevato direttamente da altri tipi di telescopi, spiega Ryder. Si tratta quindi di utili strumenti cosmologici per l’analisi dell’universo, perché permettono agli scienziati di rilevare e misurare la materia che si trova tra le galassie e che attualmente è invisibile per noi.
Il segnale prodotto dal nuovo lampo radio veloce era più disperso rispetto alla maggior parte delle osservazioni precedenti, il che suggerisce che FRB 20220610A abbia avuto un percorso accidentato durante il suo viaggio di otto miliardi di anni. L’insolita dispersione del segnale, unita alla grande distanza dalla galassia ospite, ha inoltre confermato ciò che studi precedenti sui fast radio burst vicini avevano suggerito: più lontani sono, più dispersi saranno i loro segnali che raggiungeranno la Terra.
Il lampo radio veloce è stato anche potente, emettendo un’energia 3,5 volte superiore alla quantità massima prevista dai modelli. Secondo Ryder, tali calcoli dovrebbero essere modificati per tenere conto di eventi così estremi. “Ora possiamo affinare le nostre stime sulla probabile distribuzione delle energie dei burst“, afferma Ryder.
Kiyoshi Masui, astrofisico al Massachusetts Institute of Technology a Cambridge, non è sorpreso che i lampi radio veloci persistano a tali distanze. Gli scienziati possono imparare molto da questi impulsi lontani, aggiunge Masui. “L’aspetto entusiasmante è che stiamo iniziando a vederli e a misurarne le proprietà”, afferma. “Via via che il campione di questi burst lontani crescerà, ci diranno molto su come si è evoluto l’universo.”
Un “incidente galattico”
Per quanto riguarda la causa del lampo, quando i ricercatori hanno ingrandito l’immagine della galassia di origine di FRB 20220610A, hanno scoperto che era composta da due o tre agglomerati luminosi. Ciò suggerisce che l’esplosione potrebbe essere scaturita da un gruppo di galassie in collisione piuttosto che da una sola, un evento comune agli albori dell’universo. “Molte galassie si stavano ancora assemblando e stavano sperimentando grandi incidenti galattici”, dice Ryder.
Il prossimo passo di Ryder e del suo gruppo è capire meglio le condizioni dell’universo primordiale che hanno generato la potente esplosione. “È un aspetto che intendiamo sicuramente approfondire”, dice Ryder.