Alla Via Lattea potrebbero mancare mille miliardi di masse solari
L’osservazione di stelle in lento movimento alla periferia della Via Lattea suggerisce che la nostra galassia potrebbe essere assai meno massiccia di quanto ritenuto finora. Il risultato, se confermato da ulteriori misurazioni, potrebbe avere profonde implicazioni per la materia oscura
di Adam Mann/Scientific American
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C’è qualcosa di strano nella Via Lattea. Recenti misurazioni suggeriscono che le stelle ai margini della nostra galassia si stanno comportando in modo anomalo. Viaggiano molto più lentamente rispetto alle stelle in posizione analoga in altre galassie. Una possibile spiegazione dei rallentamenti stellari della Via Lattea è che la nostra galassia sia straordinariamente carente di materia oscura, la materia invisibile che si pensa agisca da impalcatura gravitazionale per le strutture cosmiche. Un’altra ipotesi è che le nostre concezioni fondamentali sulla materia oscura, come per esempio la quantità di materia oscura presente nell’universo, siano in qualche modo profondamente errate.
Questo grattacapo deriva dal satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea, che fornisce informazioni senza precedenti sulla velocità e la posizione di quasi due miliardi di stelle nella Via Lattea. L’anno scorso il gruppo di Gaia ha reso note le misurazioni più precise del telescopio spaziale, spingendo gli astronomi a rinnovare le loro valutazioni del comportamento stellare a livello galattico. Diversi gruppi indipendenti hanno ora segnalato le orbite stranamente lente delle stelle lungo il bordo esterno della Via Lattea, l’estremità periferica del vortice luminoso della nostra galassia.
Le velocità stellari offrono un modo per pesare una galassia; la forza gravitazionale che ogni particolare stella sente dipende dalla massa totale della galassia. Uno studio derivato da Gaia, pubblicato il 27 settembre sulla rivista “Astronomy & Astrophysics”, ha stimato che la massa combinata di gas, polveri, stelle e materia oscura della nostra galassia sia pari a circa 200 miliardi di volte quella del Sole, un valore considerevole per voi e per me, ma cinque volte inferiore a quello rilevato da altre valutazioni precedenti. Poiché il materiale visibile della Via Lattea non è scomparso, un modo semplice – e particolarmente interessante – per spiegare questo risultato è che c’è molta meno materia oscura in giro di quanto si pensasse in precedenza.
D’altra parte, pesare una galassia è un’operazione notoriamente complicata, quindi è possibile che nei dati di Gaia o nelle nuove analisi si nascondano errori che creano l’illusione di un assetto anomalo della Via Lattea. Ma il fatto che più gruppi abbiano riscontrato lo stesso risultato dà più sostanza alle scoperte. Se fossero vere, potrebbero costringere a ripensare la fisica fondamentale e a riesaminare tutte le altre galassie dell’universo.
“Mettiamola così”, dice Stacy McGaugh, astronomo della Case Western Reserve University, non coinvolto in alcuno dei recenti studi: “Se funzionasse così, sarebbe rivoluzionario”.
Negli anni settanta, l’astronoma Vera Rubin e i suoi colleghi iniziarono a misurare i moti stellari in altre galassie. Ci si aspettava che le stelle intorno alla periferia di una galassia orbitassero a un passo più lento rispetto a quelle più vicine, proprio come Nettuno, che ruota intorno al Sole ogni 165 anni, e Mercurio, che lo fa in 88 giorni. Eppure, stranamente, Rubin e i suoi collaboratori scoprirono che le stelle periferiche viaggiavano più o meno alla stessa velocità delle loro sorelle più centrali, suggerendo che un’enorme riserva di materia nascosta all’interno e intorno a ogni galassia attirava gravitazionalmente le stelle più lontane per aumentare la loro velocità. Questa materia invisibile, già allora chiamata materia oscura, si supponeva formasse immensi aloni che circondavano le galassie, superando la materia visibile di un fattore 10 per le galassie grandi e di ben 100 volte per le galassie nane.
Misurare come si muove tutto ciò che si trova nella nostra galassia mentre è bloccato al suo interno non è un compito facile. Per questo gli astronomi tendono a supporre che le stelle della Via Lattea si comportino come quelle di altre galassie. Il Sole, che si trova a circa 26.000 anni luce dal centro galattico, orbita intorno a esso a circa 800.000 chilometri all’ora, e la maggior parte delle osservazioni di altre stelle all’interno e all’esterno della Via Lattea ha sostenuto l’idea che le velocità stellari più lontane dovrebbero essere ampiamente coerenti con quelle della nostra stella.
Il satellite Gaia, lanciato nel 2013, offre il miglior test di questa semplice nozione grazie alle misurazioni straordinariamente precise della posizione e del movimento tridimensionale delle stelle nella Via Lattea. Ma questo test è stato un processo graduale, perché la precisione dei calcoli di Gaia migliora di pari passo con il tempo di osservazione del suo campione stellare. Utilizzando Gaia, il fisico teorico Francesco Sylos Labini del Centro studi e ricerche “Enrico Fermi” (CREF) di Roma e i suoi collaboratori hanno osservato lievi accenni di un declino nelle velocità stellari della Via Lattea alcuni anni fa. Questi segnali sono diventati molto più evidenti nell’ultima pubblicazione dei dati di Gaia, risalente al 2022, che fissa i moti stellari con una precisione doppia rispetto al precedente, risalente al 2018. Tali miglioramenti consentono agli astronomi di tracciare i percorsi delle stelle con maggiore precisione e a distanze molto più elevate rispetto al passato.
Solo quest’anno, quattro diversi lavori hanno rivelato un calo precipitoso delle velocità delle stelle fino a 100.000 anni luce dal centro della Via Lattea. Il recente studio di “Astronomy & Astrophysics” definisce questo calo “kepleriano”, cioè simile a quello osservato nei pianeti del sistema solare, i cui moti furono descritti con precisione per la prima volta dall’astronomo tedesco del XVII secolo Johannes Kepler.
Questa scoperta è in contrasto con tutte le aspettative. A parte qualche piccola deviazione, i grafici delle orbite stellari in altre galassie mostrano costantemente le stelle dal centro all’orlo vorticare con una velocità simile, come se fossero strette nella morsa gravitazionale della materia oscura. “Ma per il momento, e questo è molto interessante, non abbiamo trovato altre galassie che mostrino questo declino kepleriano”, dice François Hammer dell’Osservatorio di Parigi, coautore del recente studio di “Astronomy & Astrophysics”.
In senso lato, l’idea che la Via Lattea sia unica tra tutte le galassie contraddice un principio fondamentale della cosmologia, secondo cui non c’è nulla di speciale in un particolare luogo dell’universo. Le scoperte creano problemi più specifici a causa della stima della massa inferiore estrapolata di 200 miliardi di Soli per la nostra galassia. Gli astronomi sono abbastanza sicuri delle loro misurazioni del materiale visibile nella Via Lattea, che ammonta a una massa di circa 60 miliardi di Soli. Se entrambe le cifre sono corrette, ciò implica che il rapporto tra materia oscura e materia ordinaria è di appena 2,3 a 1, molto meno del rapporto di 10:1 che si riscontra in galassie di dimensioni simili.
Dato che la percezione di un ridimensionamento della Via Lattea emerge da diverse analisi indipendenti, alcuni ricercatori ritengono che, anche se fosse autentico, il declino non sarebbe rappresentativo della nostra galassia nel suo complesso. Stelle ancora più lontane e attualmente al di là dei limiti dell’esame di alta precisione di Gaia potrebbero mostrare un corrispondente aumento di velocità per compensare l’anomalo calo. “Sarei molto sorpreso se continuasse così, perché allora ci sarebbero molte cose che si rompono tutte insieme”, afferma l’astrofisica Lina Necib del Massachusetts Institute of Technology, coautrice di uno degli altri documenti sul declino delle velocità stellari, pubblicato sul server di preprint arXiv.org.
La sua idea è sostenuta da diversi tipi di prova. La Grande nube di Magellano, che si trova a circa 160.000 anni luce dal centro galattico, è una galassia satellite che orbita attorno alla nostra a più di 1 milione di chilometri all’ora, un valore coerente con i modelli standard di materia oscura. Un altro tipo di prova arriva dai flussi stellari: resti di piccole galassie e ammassi stellari che si sono avvicinati troppo alla Via Lattea e sono stati triturati dalla sua gravità. Questi flussi stellari si estendono a grandi distanze e forniscono stime della massa della nostra galassia in linea con le approssimazioni più pesanti.
C’è anche la possibilità che, in qualche modo, questi diversi gruppi stiano fraintendendo inavvertitamente i loro dati. All’Università della Pennsylvania, l’astronoma Robyn Sanderson genera al computer simulazioni della Via Lattea e poi immagina che tipo di mappe osserverebbe un satellite Gaia virtuale se fosse collocato al loro interno. “Il mio gruppo ha esaminato come queste ipotesi troppo semplicistiche, che tutti sanno essere troppo semplicistiche, portino a uno strano risultato in cui il modello descrive comunque i dati, ma non corrisponde necessariamente alla realtà del sistema sottostante”.
Sanderson, che non è stata coinvolta in alcuno dei lavori, è scettica nel trarne conclusioni definitive. Sottolinea che mentre Gaia fornisce informazioni tridimensionali impareggiabili, le incertezze sulle sue misurazioni di velocità stellare aumentano proporzionalmente a quanto lontano si guarda nella galassia.
I dati futuri provenienti da strutture come l’Osservatorio Vera C. Rubin (originariamente chiamato Large Synoptic Survey Telescope e rinominato nel 2019) si spera possano trovare stelle nelle zone più esterne della Via Lattea che possano aiutare a risolvere il dibattito. Anche il prossimo rilascio di dati di Gaia, previsto per la fine del 2025, potrebbe fornire informazioni più precise. Hammer è ansioso di esaminare più da vicino altre galassie e vedere se anche le loro velocità stellari possano mostrare diminuzioni simili a quelle della Via Lattea.
Per McGaugh, l’episodio fa parte di un normale e sano fermento che ci si aspetta da una comunità di ricerca matura: “Ci vorrà un po’ di tempo per sistemare le cose, ma credo che impareremo qualcosa durante il processo”, sottolinea. Necib è d’accordo e dice di trovare l’attuale dibattito più eccitante che preoccupante: “Sì, è strano – spiega – il che onestamente rende la scienza interessante. Mi piace quando le cose sono strane.”