A cinque anni da Vaia, più alberi a rischio bostrico di quelli abbattuti dalla tempesta
Giacomoni (Etifor): «Occorre intensificare gli interventi sul campo in chiave economica, ambientale e sociale»
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Tra il 28 e 29 ottobre di cinque anni fa la tempesta Vaia riversò venti da oltre 200 km/h su Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, lasciandosi alle spalle 42.800 ettari di bosco danneggiati e danni per 2 mld di euro. Nelle stesse aree, è ad oggi in corso un’epidemia di bostrico che rischia di danneggiare più alberi di quelli abbattuti dall’evento meteo estremo in sé.
Oltre 25mila ettari di foresta aggiuntivi, per più di 5 mln mc di legname, sono stati infatti attaccati da un coleottero grande pochi millimetri – il bostrico, appunto – che normalmente si nutre di alberi morti o deboli scavandone la corteccia, ma che, grazie alla sovrabbondanza di legname schiantato, ha cominciato subito dopo la tempesta ad attaccare anche le piante sane riproducendosi ad un ritmo allarmante.
Finora i danni da bostrico ammontano a 175 mln di euro solo per il mancato guadagno lungo la filiera del legno, ma senza interventi correttivi andrà molto peggio: secondo Etifor, spin-off dell’Università di Padova che subito dopo la tempesta Vaia si è adoperata per riforestare e monitorare l’infestazione, entro il 2028 il legname “bostricato” supererà gli 8,7 mlc mc distrutti dalla tempesta.
«La forma di lotta più efficace contro il bostrico è la rimozione immediata del materiale schiantato e di quello infestato in tempo utile – spiega Jacopo Giacomoni, project manager di Etifor – bloccando così le larve in fase di sviluppo, ma purtroppo è spesso impossibile per via della difficoltà nel raggiungere molte aree e dei costi di intervento mediamente onerosi. Dove fattibile, si interviene con approcci diversi in base al contesto che possono prevedere o l’esbosco degli alberi morti e di quelli limitrofi o il loro mantenimento per favorire lo sviluppo di insetti e animali antagonisti».
La previsione degli attacchi parassitari era stata preannunciata già immediatamente dopo Vaia, predisponendo dunque una capillare rete di monitoraggio con apposite trappole disseminate nel territorio.
Ottomila insetti per trappola è considerato un valore soglia per l’indicazione di una fase epidemica dell’infestazione, valore ancora superato in moltissimi distretti forestali con medie fino a 20-30mila unità per trappola nella provincia autonoma di Trento.
«Occorre intensificare gli interventi sul campo in chiave economica, ambientale e sociale – conclude Giacomoni – valorizzando il legname schiantato e bostricato, supportando la creazione di infrastrutture come le strade forestali o mettendo in sicurezza i sentieri, rimboscando con specie autoctone pronte ad affrontare le sfide climatiche già in atto».