Perché l’uomo è così interessato al Polo Sud della Luna?
La regione meridionale polare del nostro satellite naturale risponde alle esigenze primarie di una possibile colonia umana, ovvero energia, acqua e comunicazione. Motivo per cui sta attirando l’attenzione delle agenzie spaziali, come hanno mostrato anche le recenti missioni di Russia e India
di Emiliano Ricci
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Nelle scorse settimane siamo stati testimoni di due nuove missioni dirette verso il Polo Sud della Luna, in una sfida a distanza fra Russia e India. La prima, Luna-25, dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, è purtroppo fallita proprio a ridosso dell’allunaggio a causa di un errore tecnico nella manovra di riduzione dell’orbita (i motori sono rimasti accesi troppo a lungo), in preparazione all’atterraggio morbido sulla superficie lunare.
Inviata come ideale prosecuzione del programma lunare sovietico rimasto fermo alla missione Luna-24, che atterrò sul nostro satellite il 18 agosto 1976, Luna-25 aveva come obiettivo principale una serie di dimostrazioni tecnologiche – allunaggio morbido compreso – sulla fattibilità del nuovo programma di esplorazione lunare Luna-Glob (sfera lunare) della Roscosmos, ma fra gli obiettivi scientifici c’era lo studio della superficie del satellite nella regione in prossimità del Polo Sud lunare, fra cui la perforazione fino a due metri di profondità per la ricerca di ghiaccio d’acqua. Ma i sogni russi di ritornare sulla Luna a 47 anni di distanza dall’ultima volta si sono infranti alla base di Pontecoulant G, un cratere di 36 chilometri di diametro nell’emisfero meridionale del satellite (posto a circa 57 gradi di latitudine sud, nel sistema di coordinate selenografiche), dove la sonda si è schiantata il 19 agosto 2023, alle 13:58 ora estiva italiana.
La seconda missione, Chandrayaan-3, dell’Indian Space Research Organisation (ISRO), l’agenzia spaziale indiana, è invece stata un successo, e ha reso l’India la quarta nazione capace di compiere un atterraggio morbido sulla Luna, dopo Unione Sovietica, Stati Uniti e Cina. A differenza di Luna-25, infatti, il lander Vikram – “valore”, ma chiamato così in onore del fisico Vikram Sarabhai, considerato il padre del programma spaziale indiano – con a bordo il rover Pragyan (saggezza) è atterrato dolcemente sul suolo lunare il 23 agosto 2023, alle 14:34 ora estiva italiana, in una regione prossima al Polo Sud lunare. Il sito di allunaggio, ribattezzato pochi giorni fa dall’India “Shiv Shakti point”, si trova infatti oltre 69 gradi di latitudine sud (e 32 gradi di longitudine est), in una zona compresa fra i crateri Manzinus C e Simpelius N. Il punto dista circa 600 chilometri dal Polo Sud lunare, ed è la prima volta che una missione arriva in prossimità di un polo lunare.
Per inciso, il nome Shiv Shakti deriva da Shiva, una delle principali divinità indù, e Shakti, l’energia divina femminile, spesso rappresentata come la moglie di Shiva.
L’obiettivo dichiarato di Chandraayaan-3 (veicolo lunare), dopo il fallimento della missione precedente, Chandraayaan-2, del 2019, è invece principalmente scientifico, oltre che, ovviamente, volto a dimostrare la capacità tecnologica indiana di atterrare sulla Luna: esplorare la regione polare sud della Luna e andare alla ricerca di acqua allo stato solido, proprio come il suo predecessore e come era nelle intenzioni della Russia con la missione Luna-25.
“Andiamo al Polo Sud lunare perché è la migliore ‘proprietà immobiliare’ sulla Luna”, spiega a “Le Scienze” Erik Asphaug, professore di scienze planetarie al Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, a Tucson. “Ci sono regioni quasi eternamente illuminate dal Sole, mentre, non lontane da queste, si trovano regioni eternamente al buio, quindi piene di ghiacci che costituiscono ottime risorse spaziali, e tutte sono in linea di vista continua con la Terra. Quindi, in pratica, le regioni del Polo Sud lunare rispondono a tutte e tre le esigenze primarie di una possibile colonia lunare: energia, acqua e comunicazione.”
Gli astronomi hanno infatti scoperto che alla base di alcuni crateri polari ci sono aree che sono rimaste nell’oscurità totale per un miliardo di anni o più, e che quindi hanno raccolto le molecole provenienti dall’impatto di comete e asteroidi, che hanno portato acqua e altre sostanze volatili. Questi crateri sono situati in regioni dove la luce solare non raggiunge mai il fondo a causa dell’angolazione dell’asse di rotazione della Luna. Proprio a causa di questa mancanza di luce solare diretta, queste regioni rimangono estremamente fredde, con temperature che possono scendere fino a -250 °C. I ghiacci intrappolati nelle regioni lunari permanentemente in ombra sono quindi una testimonianza di ciò che è stato trasportato nel tempo sulla Luna.
“E quindi, dato che la Luna gira intorno alla Terra, si può pensare che questa sia la registrazione di ciò che è stato portato anche sulla Terra in quello stesso periodo di tempo; registrazione che sul nostro pianeta è andata ormai cancellata a causa dell’erosione e dell’attività geologica”, conferma Asphaug, autore del libro Quando la Terra aveva due lune (Adelphi, 2021).
La scoperta dell’acqua – che si trova sotto forma di ghiaccio – sulla Luna è stata un momento significativo nella ricerca spaziale. Inizialmente, infatti, si riteneva che il nostro unico satellite naturale fosse un ambiente completamente arido. In seguito, analisi più approfondite dei campioni di rocce lunari raccolti dalle missioni Apollo hanno iniziato a suggerire la presenza di piccole quantità d’acqua. “In effetti, l’acqua è stata rilevata per la prima volta nei campioni Apollo, circa 40 anni dopo il termine del programma, quando le tecniche di laboratorio erano migliorate”, commenta Asphaug, secondo il quale questa scoperta illustra l’importanza di conservare i campioni in modo che le future generazioni di scienziati possano studiarli con strumenti migliori.
Tuttavia, la conferma della presenza d’acqua è arrivata da missioni più recenti. La prima a raccogliere indizi sulla presenza di acqua al Polo Sud lunare è stata la missione indiana Chandrayaan-1, nel settembre 2009, seguita subito dopo, a ottobre dello stesso anno, dalla missione statunitense Lunar CRater Observation and Sensing Satellite (LCROSS; ma la conferma definitiva della NASA è arrivata solo a marzo 2010).
Uno dei quesiti a cui i planetologi vorrebbero dare risposta è relativo all’origine dell’acqua lunare. “Al momento non sappiamo se l’acqua sulla Luna sia di origine endogena o esogena”, spiega ancora Asphaug. “L’ultima cometa di grandi dimensioni che ha impattato con la Luna risale a circa un miliardo di anni fa, e potrebbe aver depositato molta acqua, da cui deriva l’attuale riserva idrica. Oppure, asteroidi più piccoli potrebbero aver portato acqua nel tempo. Questa sublima nelle zone della Luna illuminate dal Sole e continua a ‘saltellare in giro’ (combinata o meno con altre molecole) finché non finisce in una trappola fredda.” Ma il dibattito sulla fonte e sulla distribuzione dell’acqua lunare e degli altri materiali volatili è ancora ben lontano dall’essere risolto. Quello che è certo, tuttavia, è che la risposta a questa domanda fornirà vincoli fondamentali per comprendere la formazione e l’evoluzione della Luna.
“In effetti sono molte le fonti di acqua sulla Luna”, conferma David Kring, principal scientist al Lunar and Planetary Institute (LPI) della Universities Space Research Association (USRA). “Una parte dell’acqua si è accresciuta con la Luna durante il suo processo di formazione e si trova nell’interno lunare. Quest’acqua può essere stata liberata da eruzioni vulcaniche. Anche i grandi asteroidi e le comete che hanno avuto un impatto hanno fornito acqua fresca durante il primo miliardo di anni di storia della Luna. Oggi, a contribuire al rifornimento di acqua sulla Luna sono i micrometeoriti e il vento solare, che depositano piccole quantità di acqua direttamente sul suolo lunare.”
Dunque è proprio la possibile presenza di depositi concentrati di ghiaccio d’acqua ad attirare i progettisti delle missioni verso le regioni polari. Anche se in linea generale l’acqua potrebbe essere prodotta dalla regolite in qualsiasi punto della Luna, al Polo Sud sarà molto più facile e meno costoso estrarla, in particolare se l’acqua è concentrata in forma ghiacciata.
Tuttavia, l’interesse per il Polo Sud lunare non riguarda solo la presenza di acqua. “La regione polare meridionale è un terreno antico – spiega Kring – quindi i campioni raccolti lì possono rivelare nuovi dettagli su come si è formata la Luna, su come un oceano di magma lunare si è cristallizzato per formare una crosta e su come l’impatto di asteroidi e comete ha modificato quella parte di crosta. D’altra parte, il Polo Sud si trova proprio sul bordo del più grande bacino d’impatto della Luna, chiamato bacino d’impatto del Polo Sud-Aitken”.
Ma non ci sono solo gli aspetti scientifici a spingere agenzie governative e aziende private (come SpaceX, per esempio) verso la Luna. Le implicazioni a lungo termine di una presenza umana o di risorse sfruttabili al Polo Sud lunare sono rilevanti anche dal punto di vista commerciale. “La Luna è il luogo migliore dell’intero sistema solare per comprendere le origini planetarie, compresa l’origine del nostro pianeta Terra. Ma la Luna è anche un terreno di prova necessario. Qualunque sia l’obiettivo, dobbiamo sviluppare le capacità di esplorazione del nostro satellite prima di poterci spingere più in profondità nello spazio”, conclude Kring.