Gli incendi emettono particelle organiche che modificano il clima

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Gli incendi emettono particelle organiche che modificano il clima

Il dark brown carbon evidenzia l’urgente necessità di rivedere i modelli climatici e di aggiornare gli approcci a un’ambiente che cambia
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Mentre il fumo degli incendi canadesi continua a oscurare vaste aree degli Stati Uniti, provocando una scarsa qualità dell’aria e conseguenze negative per la salute di milioni di americani, sempre più persone subiscono gli effetti di stagioni degli incendi prolungate de del cambiamento climatico in atto. Il nuovo studio “Shortwave absorption by wildfire smoke dominated by dark brown carbon”, pubblicato su Nature Geoscience, ha scoperto che gli incendi possono avere impatti climatici ancora maggiori di quanto si pensasse in precedenza. I ricercatori guidati da  Rajan Chakrabarty e Nishit Shetty del Center for Aerosol Science and Engineering, Department of Energy, Environmenta and Chemical Engineering della Washington University in St Louis, ha scoperto che «Gli incendi stanno causando un effetto di riscaldamento molto maggiore di quello che era stato spiegato dagli scienziati del clima». Lo studio, che si concentra sul ruolo del “dark brown carbon”-  una classe abbondante ma prima sconosciuta di particelle emesse con il  fumo degli incendi – evidenzia «L’urgente necessità di rivedere i modelli climatici e aggiornare gli approcci a un’ambiente che cambia».

Per condurre un’analisi completa di quel che costituisce i pennacchi di fumo degli incendi, il team di Chakrabarty e Shetty ha passato 45 giorni in diverse colpite dagli incendi negli Stati Uniti occidentali, dove ha campionato il fumo gassoso e le specie di aerosol e ne ha analizzato le proprietà chimiche e ottiche. Una ricerca è stata condotta nell’ambito della   campagna Fire Influence on Regional to Global Environments and Air Quality (FIREX-AQ), una joint venture guidata dalla NASA e dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).

Chakrabarty evidenzia che «La comprensione convenzionale è stata che i pennacchi scuri del fumo degli incendi contengono fuliggine di black carbon, che assorbe la radiazione solare, mentre i pennacchi più leggeri contengono principalmente carbonio organico che disperde la luce solare, il che significa che compensa l’assorbimento o l’effetto di riscaldamento della fuliggine. In genere, quando si tratta di riscaldamento, i modelli climatici ignorano o respingono il carbonio organico come insignificante rispetto al black carbon ma non è quello che rivelano le osservazioni sul campo. Questa non è un’immagine binaria. Invece, stiamo osservando un intero continuum in cui c’è un forte assorbimento della luce da parte del carbonio organico, o dark brown carbon, simile al black carbon».

Durante il campionamento del fumo terrestre e aereo derivante dai mega-incendi, il team di Chakrabarty ha riscontrato un assorbitore di luce anormalmente forte nei pennacchi di fumo che non era il black carbon, ma che rappresentava più della metà dell’assorbimento totale osservato.

Per capire di che materiale si trattasse e quali fossero le sue proprietà, Chakrabarty si è rivolto a  Rohan Mishra, professore associato di ingegneria meccanica e scienza dei materiali alla Washington University in St Louis e Arashdeep Thind, che ha conseguito un dottorato in scienza e ingegneria dei materiali nel 2021 mentre lavorava nel laboratorio di Mishra, ha utilizzato un sofisticato microscopio elettronico del Center for Nanophase Materials Sciences del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti al’Oak Ridge National Laboratory (ORNL), per misurare le proprietà ottiche delle singole particelle dai campioni di fumo raccolti dal team di Chakrabarty.

Mishra spiega a sua volta: «Sapevamo che c’era qualcosa di insolito in questo materiale nella sua composizione, struttura e spettro di assorbimento. Osservando la struttura atomica locale delle particelle dark brown carbon – che hanno dimensioni di poche decine di nanometri – e misurando contemporaneamente le loro proprietà ottiche utilizzando il microscopio elettronico dell’ORNL, siamo stati in grado di decifrare che queste particelle sono simili al black carbon. E’ probabile che si formino in modo simile alla fuliggine nelle fiamme ad alta temperatura lungo i bordi anteriori degli incendi».

Mishra e Chakrabarty hanno scoperto che «Il dark brown carbon assorbe leggermente meno luce del black carbon per particella, ma è 4 volte più abbondante nei pennacchi. Ciò significa che le particelle furtive di carbonio marrone scuro negli incendi probabilmente provocano un riscaldamento climatico molto maggiore di quanto precedentemente riconosciuto».

Hanno anche notato che «Queste particelle assorbono lunghezze d’onda della luce dall’ultravioletto al vicino infrarosso, coprendo l’intero spettro visibile. Sorprendentemente, questo potente dark brown carbon è resistente allo sbiancamento fotochimico guidato dalla luce solare che fa perdere agli aerosol organici che assorbono la luce la loro capacità di assorbimento nell’atmosfera».

Queste scoperte hanno ampie implicazioni perché, con la previsione di un aumento degli incendi a livello globale nei prossimi decenni, il ruolo del dark brown carbon prodotto negli incendi avrà un impatto ancora maggiore. Chakrabarty e Mishra  concludono: «Questo sottolinea la necessità di sfruttare la collaborazione multidisciplinare per rivedere i modelli climatici esistenti, per tenere conto degli effetti inaspettati del dark brown carbon nel fumo degli incendi. Senza questo aggiustamento essenziale, c’è il rischio di sottovalutare gli effetti del riscaldamento globale degli incendi e, quindi, l’urgenza degli sforzi di mitigazione del cambiamento climatico».

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