Disastro di Bardonecchia: il torrente Frejus costretto in un canale artificiale largo al massimo 14 metri
Il parere di Fabio Luino della Società Italiana di Geologia Ambientale
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La serata del 13 agosto a Bardonecchia (TO), famosa località turistica della Val di Susa, è stata caratterizzata da una violenta colata fangoso-detritica (mud-debris flow) lungo l’alveo del Torrente Frejus. La miscela solido-liquida ha impattato con violenza contro i ponti nell’abitato fuoriuscendo improvvisamente ed espandendosi poi per le strade limitrofe. I danni nel paese sono stati ingenti: molte autovetture sono state trascinate via dalla forza della colata, tutti i ponti sono stati sormontati, colmati alcuni garage ubicati in sotterranea a pochi metri dall’alveo, colpite diverse case a pian terreno, invase la caserma della Polizia Stradale e dei Carabinieri Forestali.
La colata si è originata a causa di un temporale violento con tuoni e fulmini (ben visibili da Bardonecchia) che per circa due ore (tra le 20 e le 22 circa) ha scaricato un rilevante quantitativo di pioggia sull’alto bacino idrografico a quote superiori ai 2.500 m presso il confine con la Francia. Purtroppo non abbiamo valori di precipitazione a causa della mancanza di strumentazione in quota. Mentre lungo le creste si concentrava una pioggia continua, in paese non pioveva. Questa è una delle situazioni più pericolose per fenomeni di questo tipo in quanto non piovendo a valle, la popolazione ha continuato le proprie passeggiate per Bardonecchia ignara del fatto che in quota si stesse originando la colata detritica. Bardonecchia è un centro abitato che conta 3.000 abitanti che si decuplicano in estate: che la sera del 13 agosto non vi siano state vittime è stato un vero miracolo. Le persone, infatti, non hanno avuto alcuna percezione del pericolo imminente: i filmati ci mostrano molta gente nel paese che guarda e filma dagli argini con stupore il passaggio della colata senza minimamente preoccuparsi del fatto che una pulsazione possa improvvisamente esondare e quindi coinvolgerla. Voglio sottolineare che, nonostante temporali forti in serata sulle Alpi occidentali fossero previsti, era pressoché impossibile prevedere nelle ore precedenti che una colata detritica si sarebbe innescata proprio lungo l’alveo del T. Frejus, e non ad esempio nella valle adiacente.
Tanti si sono stupiti del fenomeno, ma bisogna ricordare che ciò che è avvenuto a Bardonecchia è un tipico fenomeno estivo che accade nelle zone montane: in Italia abbiamo migliaia di centri abitati ubicati sui conoidi e quindi attraversati da torrenti più o meno pericolosi. La conca di Bardonecchia è storicamente molto esposta a questa categoria di processi torrentizi, tipicamente in estate quando le precipitazioni avvengono in forma liquida anche ad alta quota. Si hanno notizie di colate detritiche addirittura del 20 giugno 1734 o dell’agosto 1865. A partire dall’inizio del XX secolo, vi sono documenti storici che descrivono un evento del luglio 1914, uno del settembre 1920, dell’agosto 1934, del settembre 1947, poi ancora del 1949, 1951, 1954, 1955, 1957, agosto 1997, agosto 2004, luglio 2006, mentre l’ultimo grave in ordine di tempo fu del 7 agosto 2009 (che fu però meno dannoso di quello di ieri). Insomma, il torrente con una certa frequenza (in media ogni 7-8 anni) si manifesta con una colata detritica.
Gli eventi antecedenti il boom economico colpivano però una Bardonecchia avente un’area abbastanza limitata, ancora molto legata al nucleo storico. Ma a partire dalla metà degli anni ’50, Bardonecchia si espanse in maniera incontrollata occupando anno dopo anno praticamente tutti i conoidi alluvionali formati dai 4 torrenti che si uniscono nell’abitato. Casette singole ed edifici di 5-6 piani sono stati edificati con continuità per decenni, lasciando sempre meno spazio ai corsi d’acqua. Capite benissimo che è stata una follia quella di costringere un torrente come il Frejus, avente un’area di ben 22 km2, ad attraversare il paese in un canale artificiale della larghezza massima di 13-14 m. La colata in un alveo modello “pista da bob” può raggiungere velocità notevoli dell’ordine dei 8-10 m/s: di conseguenza la sua forza d’impatto è enorme e si è potuto vedere chiaramente domenica sera.
Bisogna però sottolineare che la mappa della pericolosità del PAI di Bardonecchia, dal 2010 segnala chiaramente il pericolo nelle zone abitate colpite l’altra sera. Quindi le conoscenze ci sono, gli studi sono stati ben eseguiti. Sarebbe una buona cosa a questo punto se la popolazione, soprattutto i turisti, fosse adeguatamente informata del rischio esistente nel periodo estivo: forse essi avrebbero evitato di soffermarsi a guardare il treno in corsa.
di Fabio Luino
Coordinatore Nazionale sul rischio geo-idrogeologico della Società Italiana di Geologia Ambientale – SIGEA