Siamo consapevoli dei rischi dell’aumento del livello del Mediterraneo, indotto dai cambiamenti climatici?

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Siamo consapevoli dei rischi dell’aumento del livello del Mediterraneo, indotto dai cambiamenti climatici?

La scarsa consapevolezza e le lacune di conoscenza sulle cause e gli impatti attesi di aumento del livello del mare, hanno importanti implicazioni sulle politiche di adattamento da adottare nel prossimo futuro per la salvaguardia  delle popolazioni costiere del Mediterraneo.

di Marco Anzidei
INGVAMBIENTE

Il Mar Mediterraneo è un bacino stretto tra due terre, L’Africa a sud e l’Eurasia a nord, dove si affacciano 23 Paesi di 3 continenti su una superficie pari all’1% di tutti gli oceani della Terra. Così come lo vediamo oggi con i nostri occhi o dallo spazio attraverso sofisticati sensori satellitari, è il prodotto degli incessanti processi geologici che lo hanno plasmato durante gli ultimi milioni di anni. Movimenti delle placche continentali, terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche e cambiamenti climatici hanno formato valli e catene montuose sottomarine e sommerse, coste frastagliate e pianure. 

I cambiamenti morfologici del Mediterraneo

Il fattore principale che ha più volte cambiato la morfologia delle coste del Mediterraneo, sono le oscillazioni del livello marino indotte dai ripetuti accrescimenti e depauperamenti delle calotte glaciali avvenute nel passato geologico in conseguenza dei cambiamenti climatici. L’ultimo massimo glaciale è avvenuto circa 20.000 anni fa, quando il livello del mare era circa 130 m più basso di oggi e la temperatura media della Terra era anch’essa più bassa di oggi. Il successivo riscaldamento climatico ha causato la progressiva fusione delle calotte glaciali e l’espansione termica degli oceani con il conseguente aumento globale del livello del mare che, in una manciata di millenni, ha cambiato la forma delle coste dei 5 continenti e delle isole di tutto il pianeta.

L’aspetto che ha oggi il Mediterraneo è, pertanto, quello che corrisponde all’ultimo istante della sua continua evoluzione. La morfologia del bacino continuerà a mutare nei prossimi milioni di anni, così come avvenuto fino ad oggi. I processi geologici e climatici rimangono la causa più importante per i cambiamenti morfologici e le condizioni ambientali di questo bacino.

I 46.000 km di coste del Mediterraneo, oggi più che in precedenza, sono esposte agli effetti del cambiamento climatico causato dalle attività umane e della sempre più forte pressione antropica (vedi anche il blog di Tommaso Alberti https://ingvambiente.com/2023/07/04/il-cambiamento-climatico-nel-mediterraneo/).

La fascia costiera, in particolare le coste basse e sabbiose, le pianure costiere, i delta fluviali, le lagune e le aree di bonifica, stanno subendo una continua erosione e arretramento della linea di costa con conseguente progressiva invasione marina a causa dell’aumento del livello marino che in questo momento sta procedendo alla velocità di circa 40 cm per secolo. Queste zone, spesso di alto valore ambientale ed economico, sono particolarmente vulnerabili ai multirischi costieri (inclusi i maremoti, le tempeste estreme e le frane sottomarine), in particolare quando il livello del mare sarà più alto di oggi.

Le proiezioni per i prossimi decenni pubblicate dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, http://www.ipcc.ch), stimano un aumento del livello marino di circa 1 m entro l’anno 2100, con la possibilità che questo aumento possa raggiungere 1.5 m circa a causa delle possibili instabilità dei ghiacci della Groenlandia e di parte dell’Antartide.

L’impatto sulle popolazioni costiere

L’aumento di livello marino sta già avendo importanti impatti ambientali e socio-economici sulle popolazioni rivierasche. Salinizzazione delle falde acquifere costiere (cuneo salino), subsidenza e arretramento costiero sono responsabili dell’85% dei costi dei danni lungo le coste del Mediterraneo. La perdita economica prevista per la perdita dei litorali e del loro patrimonio naturale e culturale viene stimata intorno ai 18 miliardi di euro per il periodo 1908–2080.

Poiché molti paesi del Mediterraneo sono fortemente dipendenti dal turismo e da altre attività costiere, come agricoltura, allevamento e industria marittima, si prevede che gli impatti economici saranno molto presto significativi. Per ad esempio, in Catalogna (Spagna) l’avanzamento del mare potrebbe portare a una diminuzione del 20% del PIL legato al turismo, mentre la produzione di riso nel delta del fiume Ebro potrebbe ridurre i profitti degli agricoltori fino a circa 300 Euro per ettaro.

L’area naturale del delta dell’Ebro (Spagna) (foto di M. Anzidei)

Con questi scenari, qual è la consapevolezza dell’aumento del livello marino nelle popolazioni costiere del Mediterraneo dove oggi vivono circa 450 milioni di persone (che potranno diventare 700 milioni nel 2100), distribuite tra grandi città marittime e piccoli villaggi posti anche meno di 2 m al di sopra del livello medio del mare?

Un recente studio svolto finanziato dalla Protezione Civile Europea nell’ambito dei progetti europei SAVEMEDCOASTS e SAVEMEDCOASTS-2, in aree costiere del Mediterraneo altamente vulnerabili, ha coinvolto  circa 100 stakeholder (parti interessate) attraverso un metodo partecipativo. Si è cercato di individuare divari e necessità per favorire lo sviluppo di strumenti politici più idonei per affrontare il rischio di aumento di livello marino attraverso l’implementazione di un percorso innovativo per coinvolgerli nei processi politici decisionali. E’ stato così possibile individuare alcune possibili soluzioni di adattamento all’aumento del livello marino, anche in condizioni meteorologiche estreme, al fine di mitigare gli impatti di questo fenomeno globale anche attraverso soluzioni naturali, “natural based solutions”.

Lo sviluppo di specifiche “Policy Tools” ha permesso di identificare questioni rilevanti che dovrebbero essere prese in considerazione per la definizione delle politiche di adattamento. In particolare, per colmare lacune conoscitive, favorire la percezione, facilitare lo scambio di conoscenze e promuovere l’apprendimento sociale attraverso una efficace comunicazione scientifica verso la popolazione esposta. I rischi non sono ben compresi, in particolare nella misura necessaria per aumentare la consapevolezza in modo da attuare appropriate politiche necessarie ad intraprendere misure di mitigazione e adattamento. Un approccio più consolidato tra scienziati, decisori politici e parti interessate coinvolte nella gestione dei vari aspetti ed effetti causati dall’aumento del livello marino, è indispensabile per colmare il divario tra scienza e politica. Tra gli strumenti più efficaci per la comunicazione del rischio, sono state individuate le mappe di scenari attesi e degli effetti a cascata, anche socio-economici, accompagnate dai grafici con le proiezioni di livello marino fino al 2100-2150. Questi dati hanno suscitato forte interesse negli stakeholder, rimarcando quanto sia importante il loro coinvolgimento nei processi decisionali, sulla base delle percezioni e necessità, incoraggiandoli a identificare soluzioni adeguate.

Riluttanti ad arretrare

Tuttavia, sebbene le parti interessate comprendono i rischi dell’avanzamento del mare nelle loro aree costiere più esposte e vulnerabili, non sono in genere disposte a suggerire o accettare azioni di “arretramento”, come soluzione. La riluttanza ad “arretrare” è dovuta al fatto che le persone tendono ad accettare il rischio di vivere nella loro zona. Alcuni ammettono una discrepanza tra “percezione della realtà, componente emotiva e proprietà”, con una “speranza irrazionale nel dubitare di questo problema per paura della perdita di turisti, investitori e residenti”.

Mancanza di volontà politica di agire

Secondo le parti interessate, manca la volontà politica di agire contro il cambiamento climatico. Uno stakeholder ha dichiarato: “lo stato pensa alle prossime elezioni invece che alla popolazione… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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