La siccità allenta la morsa sull’Italia, ma continua a gravare sul resto dell’area mediterranea

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La siccità allenta la morsa sull’Italia, ma continua a gravare sul resto dell’area mediterranea

Vincenzi (Anbi): «L’acqua si conferma un fondamentale asset geopolitico, che deve vedere una comune strategia europea»
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Lungo lo Stivale si sta allentando lo «scenario di grave insufficienza idrica» che persisteva almeno dall’anno scorso – nel 2022 il 60% del territorio italiano risultava in siccità –, ma resta elevata la criticità nell’area mediterranea, come evidenzia l’ultimo Osservatorio Anbi sulle risorse idriche.

In particolare, il territorio centromeridionale della Spagna è colpito da estesa siccità per il terzo anno di fila, una condizione che interessa anche le zone costiere di Marocco, Algeria e Tunisia, inducendo «nuovi fenomeni migratori e pregiudicando ovunque l’agricoltura e l’equilibrio ambientale», come evidenziano dall’Anbi.

«L’acqua – evidenzia Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione che riunisce i Consorzi di bonifica italiani (Anbi) – si conferma un fondamentale asset geopolitico, che deve vedere una comune strategia europea»

Guardando in particolare al nord Italia, che per lunghi mesi ha patito gli effetti più gravi della siccità, la situazione migliora ma è lontana dall’essere in sicurezza.

Ad esempio il fiume Po, in crescita, è maggiormente in salute nel tratto piemontese (a Torino ha una portata superiore alla media) che in quelli lombardi ed emiliani, dove il deficit sulla media storica resta ancora notevole (al rilevamento ferrarese di Pontelagoscuro manca il 26,5% d’acqua).

Nei grandi laghi si registra invece una fisiologica decrescita dei livelli, provocata dalla tregua del maltempo e dall’aumento delle temperature. L’ultima neve in quota si sta sciogliendo e dai prossimi giorni si potrà fare affidamento solo sulle piogge estive per rimpinguare gli invasi.

Va inoltre ricordato che le recenti, abbondanti precipitazioni hanno sì ridotto l’enorme deficit cumulato nella lunga stagione secca, ma non sono riuscite a compensare la carenza degli apporti nivali che, in bacini come quelli piemontesi dei fiumi Ticino o Tanaro,  hanno raggiunto deficit superiori all’80%. Infatti, nonostante un notevole miglioramento della situazione lacustre, solo il lago Maggiore è sopra la media (90,3% di riempimento), Sebino e Benaco la rispettano, ma il lago di Como è addirittura tornato sotto il valore medio del periodo (riempimento: 72,4%).

Che fare? Le esigenze restano sempre le stesse: da una parte mitigare la crisi climatica in corso, dovuta all’impiego dei combustibili fossili, investendo in efficienza energetica e fonti rinnovabili. Dall’altra, incrementare la resilienza del territorio nazionale per adattarlo a quella quota di cambiamento climatico ormai inevitabile.

Sotto quest’ultimo profilo, sono molteplici le azioni da poter mettere in campo: ad esempio realizzare piccoli invasi privati per le aziende agricole e grande invasi pubblici per la aree più in difficoltà; sciogliere i nodi normativi che impediscono un pieno riutilizzo delle acque reflue depurate; mettere in campo quelle soluzioni basate sulla natura (Nbs) suggerite dall’Ue e richieste dagli ambientalisti per aiutare la ricarica delle falde.

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