Con il ritorno di El Niño il mondo si prepara a un nuovo record di temperature
Secondo le previsioni, sta per ripetersi quest’anno il fenomeno climatico naturale in grado di far salire il termometro in diverse regioni del mondo, sommandosi all’effetto serra generato dalle attività umane e scatenando anche eventi estremi come siccità e inondazioni
di Andrea Thompson/Scientific American
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Sette anni fa un El Niño eccezionalmente forte prese piede nell’Oceano Pacifico, innescando una cascata di cambiamenti dannosi per il clima mondiale. L’Indonesia è sprofondata in una profonda siccità che ha alimentato eccezionali incendi boschivi, mentre forti piogge hanno inondato i villaggi e i campi degli agricoltori in alcune zone del Corno d’Africa. L’evento ha anche contribuito a rendere il 2016 l’anno più caldo del pianeta.
Ora El Niño è tornato. Le probabilità che si tratti di un altro evento intenso sono buone, e ciò fa temere che nei prossimi mesi si verifichino fenomeni meteorologici estremi. È molto probabile che un forte El Niño stabilisca un altro record di calore globale.
El Niño fa parte di un ciclo climatico naturale chiamato El Niño-Oscillazione meridionale. Il suo segno distintivo è una lingua di acque più calde del normale che si estende nella parte orientale e centrale dell’oceano Pacifico tropicale. Il suo stato opposto, chiamato La Niña, presenta acque più fredde della media nelle stesse zone del Pacifico. L’oceano oscilla tra questi stati ogni due-sette anni, anche se negli ultimi tre anni si sono verificate tre La Niña consecutive. La variazione delle temperature superficiali degli oceani durante questi eventi altera il punto in cui il calore viene rilasciato nell’atmosfera. Questo influenza a sua volta i modelli di circolazione atmosferica e dà il via a un effetto domino che può causare importanti cambiamenti del tempo in tutto il mondo.
Se e quando le varie regioni subiscono questi cambiamenti dipende dalla posizione. Più un luogo è vicino al Pacifico tropicale, più gli effetti saranno immediati e probabili. Gli impatti tendono inoltre a essere più pronunciati quando El Niño raggiunge il suo picco d’intensità, che si verifica nell’inverno dell’emisfero settentrionale. “Quanto più esso è intenso, tanto più siamo sicuri che si verificheranno certi impatti”, afferma Michelle L’Heureux, meteorologa del National Oceanic and Atmospheric Administration’s Climate Prediction Center. Il NOAA prevede una probabilità del 56 per cento che l’attuale El Niño sia intenso. (Uno dei parametri di riferimento per misurare un El Niño è che le temperature in una particolare parte del Pacifico tropicale siano di almeno 0,5 °C al di sopra della norma. Un El Niño forte si verifica quando le temperature sono di 1,5 °C al di sopra della norma).
Ma anche se questo El Niño dovesse trasformarsi in un evento forte, o estremamente forte, “non è mai una garanzia” che si verifichi un particolare cambiamento meteorologico, afferma L’Heureux. I forti El Niño spesso portano piogge nel Sud della California, ma queste piogge non si sono materializzate durante l’episodio del 2016, per esempio. Questo perché El Niño non è l’unico fattore in gioco; anche altri cicli climatici naturali e influenze locali hanno un ruolo.
Il modo in cui El Niño modifica il clima mondiale è legato alle cosiddette circolazioni di Walker e Hadley, in sostanza grandi cicli verticali di aria, con la prima orientata lungo l’equatore e la seconda orientata perpendicolarmente a esso. Le acque dell’oceano Pacifico tropicale sono tipicamente più calde a Ovest che a Est. Queste acque calde generano il fenomeno di convezione, in cui l’aria calda e carica di umidità sale e alimenta la pioggia fino a raggiungere la tropopausa, dove lo strato più basso dell’atmosfera, la troposfera, incontra la stratosfera. L’aria si trasferisce quindi da Ovest a Est, scende sul Pacifico orientale e successivamente scorre da Est a Ovest lungo la superficie terrestre. Ma durante un El Niño, tutto si sposta verso Est: l’aria sale sul Pacifico orientale e scende sul Sud-Est asiatico. In quest’ultima regione, tale trasferimento determina un clima più secco che può causare gravi siccità e carenze alimentari e può scatenare incendi boschivi.
Lo spostamento della circolazione di Walker porta anche aria discendente verso il Sud America settentrionale e i Caraibi durante El Niño. Questa subsidenza tende a limitare l’attività degli uragani nell’oceano Atlantico, perché inibisce la convezione che guida queste tempeste. Il cambiamento dei modelli di circolazione porta anche a un maggiore gradiente del vento trasversale (wind shear), che può ostacolare lo sviluppo delle tempeste. Quest’anno, però, questa influenza sarà in competizione con le straordinarie temperature da record dell’Atlantico, che forniranno ampio nutrimento alle tempeste. Con queste influenze contrastanti, il NOAA prevede attualmente una stagione vicina alla media, con 12-17 tempeste nominate, di cui cinque-nove potrebbero diventare uragani.
Il tempo negli Stati Uniti durante El Niño è influenzato anche dalla circolazione di Hadley, un ciclo in direzione Nord-Sud su entrambi i lati dell’equatore. Durante un El Niño, gli spostamenti di questa circolazione spingono la corrente a getto subtropicale – una corrente d’aria in rapido movimento che guida i sistemi temporaleschi attraverso il paese – più a Sud nei mesi invernali. Questo porta in genere a condizioni più fresche e umide negli Stati Uniti meridionali e a condizioni più calde del solito nella parte settentrionale del paese e in parte del Canada.
Altri cambiamenti climatici che si verificano durante El Niño includono condizioni più calde e secche nell’Australia orientale, in alcune parti dell’India e nell’Africa meridionale. Alcune zone del Kenya, della Somalia e dell’Etiopia tendono a subire un aumento delle precipitazioni, il che potrebbe essere un vantaggio dopo anni di siccità alimentata dal cambiamento climatico. Ma se la pioggia cade troppo velocemente, può provocare inondazioni e smottamenti e può contribuire alla diffusione di malattie trasmesse dall’acqua.
Una delle maggiori certezze di El Niño è che la temperatura globale aumenterà, come sempre accade durante gli anni di El Niño, perché l’oceano rilascia quantità eccezionali di calore nell’atmosfera. Questo calore si aggiungerà al riscaldamento globale provocato dalle attività antropiche con il consumo di combustibili fossili e potrebbe far sì che quest’anno o il prossimo sia l’anno più caldo mai registrato, come è successo nel 2016. (Gli effetti sulla temperatura globale appaiono con qualche mese di ritardo rispetto al verificarsi di El Niño). El Niño del 2016 era paragonabile per forza a quello del 1998, ma il primo era più caldo di 0,5 °C rispetto al secondo a causa del riscaldamento globale. Ad aumentare la probabilità di un anno record con l’attuale El Niño è il fatto che la temperatura media globale degli oceani stava già stabilendo dei record prima che l’evento fosse dichiarato, spiega L’Heureux. “È una cosa piuttosto folle”, conclude.