Acidificazione del Mediterraneo: effetti negativi su acquacoltura e pesca
L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS ha contribuito alla pubblicazione internazionale di uno studio multidisciplinare che ha evidenziato le aree più vulnerabili nel presente e in scenari futuri
Fonte: OGS
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Una recente analisi condotta da un gruppo di ricerca che ha coinvolto in prima linea l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, ha identificato la vulnerabilità delle diverse zone del Mediterreaneo all’acidificazione, un fenomeno che sta compromettendo l’integrità e la funzionalità degli ecosistemi con impatti negativi per la biodiversità e per le attività umane che beneficiano delle risorse naturali marine, i cosiddetti servizi ecosistemici, come pesca e acquacoltura.
“Abbiamo condotto un’analisi che ci ha consentito di identificare gli hotspot di acidificazione marina nel Mar Mediterraneo e la vulnerabilità dei servizi ecosistemici. Queste analisi permettono di stabilire quando e dove implementare delle misure di mitigazione o adattamento” racconta Donata Canu, prima ricercatrice della sezione di Oceanografia dell’OGS, coautrice dello studio interdisciplinare. La ricerca, a cui ha partecipato insieme a Cosimo Solidoro, Direttore della Sezione di Oceanografia dell’OGS e Serena Zunino, ricercatrice dell’OGS, compone un capitolo del libro “Ocean Governance Knowledge Systems, Policy Foundations and Thematic Analyses” edito da Springer e recentemente pubblicato.
“Nell’epoca in cui viviamo, l’Antropocene, gli oceani globali sono stati già profondamente alterati dalle attività umane” continua Canu. “Livelli crescenti di emissioni di gas serra di cui il 25% è stato assorbito dagli oceani hanno portato a una variazione del pH dell’acqua marina di circa il 30%: questo processo è denominato “acidificazione marina”. Con questo termine non si intende che le acque diventeranno acide, ma che il pH si abbasserà spostandosi verso valori più vicini a 7 (pH neutro). Il nostro studio ha individuato aree vulnerabili all’acidificazione sia al presente che nelle proiezioni future grazie a un modello sviluppato dall’OGS, l’OGSTM-BFM, in cui la valutazione del rischio associato all’attività è stata definita dalla combinazione della esposizione a valori di pH bassi con la sensibilità a questi livelli di pH degli organismi presi in esame”.
“Pur considerando ampie variazioni – aggiunge Serena Zunino – l’acidificazione ha impatti negativi sulla crescita e lo sviluppo, sulla riduzione della calcificazione e sull’alterazione immunologica e fisiologica degli organismi marini che abbiamo preso in esame. I risultati dello studio mostrano come alle condizioni attuali non si riscontrano rischi legati alle attività di acquacoltura relative all’acidificazione, mentre negli scenari futuri, che prevedono un aumento dell’acidità delle acque, l’esposizione della specie d’interesse commerciale è decisamente sopra la soglia di rischio”.
Lo studio racconta come gli effetti dell’acidificazione sulle attività umane, come la pesca, sono legati non solo all’impatto diretto sulle specie di interesse commerciale ma anche a quello indiretto sulla varietà di habitat biogenici, ovvero gli habitat che sono in gran parte “costruiti” dagli organismi viventi che lo abitano (coralli, alghe e piante marine) che forniscono un ambiente unico e costituiscono hot-spot per la pesca e la biodiversità. “Il rischio per gli habitat biogenici aumenta sostanzialmente in tutto il bacino durante i mesi estivi tra i 10 e i 20 metri di profondità” continua Zunino.
Strategie di gestione e governance che includano ricerca, innovazione, monitoraggio e prevenzione e che, soprattutto, siano coordinate a livello europeo sono gli strumenti per contrastare il fenomeno. “Ad oggi l’acidificazione marina rappresenta una nuova sfida per la governance data la sua natura complessa, incerta, in costante intensificazione e dal carattere transfrontaliero” conclude Cosimo Solidoro. “Tuttavia, sebbene alcuni sforzi siano stati compiuti per inserire l’acidificazione marina nelle agende di governance, il problema resta ancora non-coordinato a livello di Unione Europea con poche risposte a livello di strategie effettive di mitigazione e adattamento. La natura incerta e il potenziale danno ecologico-economico e sociale richiedono la necessità di sviluppare soluzioni su misura e specifiche”.
Link alla pubblicazione: https://link.springer.com/book/10.1007/978-3-031-20740-2