I Campi Flegrei sono uno degli 8 maggiori emettitori naturali di anidride carbonica del mondo
Studio Ingv su Geology: nei campi vulcanici campani molteplici fonti di emissioni di anidride carbonica. Da qui fuoriescono 3-5mila tonnellate di CO2 al giorno
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Come gli esseri umani, anche il sottosuolo “respira” emettendo anidride carbonica in atmosfera, all’interno di quello che è il ciclo naturale del carbonio: un fenomeno evidente in tutte le aree geotermiche, dove assume però ogni volta caratteristiche sito-specifiche.
Un nuovo studio pubblicato dai ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologica (Ingv) si concentra sulle dinamiche che muovono le crescenti emissioni di CO2 dai Campi Flegrei, tanto da farli rientrare tra i primi otto emettitori di anidride carbonica vulcanica nel mondo.
«La caldera dei Campi Flegrei emette ogni giorno ingenti quantitativi di CO2 – spiega Lucia Pappalardo, ricercatrice dell’Ingv – I flussi di questo gas sono principalmente concentrati nei pressi del cratere della Solfatara di Pozzuoli e sono progressivamente aumentati nel corso della recente crisi bradisismica, iniziata nel 2005, fino a raggiungere l’attuale livello di 3000-5000 tonnellate al giorno», l’equivalente della CO2 che si otterrebbe bruciando circa 1,9 mln di litri di benzina (ma in questo caso la CO2 non farebbe parte del ciclo naturale del carbonio, venendo generata da un combustibile fossile).
I Campi Flegrei, a seguito dell’ultima eruzione di Monte Nuovo avvenuta nel 1538, hanno vissuto una fase di quiete interrotta dalle recenti crisi bradisismiche del 1950-52, del 1970-72 e del 1982-84, fino alla crisi cominciata nel 2005. Nel 2012 il livello di allerta per l’area è stato innalzato da verde a giallo, indicando che c’è un’attività intensificata ma non una minaccia imminente di eruzione.
«Il recente studio – argomenta il ricercatore Ingv Gianmarco Buono – ha consentito di stimare che fino al 40% dell’anidride carbonica emessa abbia origine dalla dissoluzione della calcite idrotermale presente nelle rocce del sottosuolo flegreo, mentre la restante parte deriva da sorgenti magmatiche profonde».
Confrontando i dati fumarolici con quelli ottenuti con simulazioni di degassamento magmatico, è stato possibile stimare che una quota compresa tra il 20% e il 40% della CO2 emessa in quest’area sia rilasciata da sorgenti non-magmatiche.
«Il valore dell’anidride carbonica emessa da queste sorgenti non-magmatiche dai Campi Flegrea sta progressivamente aumentando dal 2005 con tassi di crescita sorprendentemente simili a quelli dell’incremento di temperatura del sistema idrotermale. L’origine di questa fonte supplementare di CO2 è da ricercare nelle importanti perturbazioni fisiche e chimiche che sta subendo il sistema idrotermale flegreo, manifestate dal crescente numero di terremoti superficiali e innalzamento del suolo. In dettaglio – conclude Giovanni Chiodini, ricercatore dell’Ingv – a guidare questo processo è la conversione della calcite, precedentemente rilevata in abbondante quantità nel sottosuolo flegreo, in anidride carbonica a seguito della circolazione di fluidi caldi e acidi nelle rocce che ospitano il sistema idrotermale».