Tutto quello che si conosce sui leggendari cristalli usati dai Vichinghi per la navigazione
Nelle saghe norrene si menzionano le “pietre solari”, cristalli leggendari che i Vichinghi avrebbero adoperato per navigare e raggiungere terre lontane, ma cosa dice la scienza a riguardo? Precedenti studi accetterebbero queste teorie, fornendo un supporto sperimentale
di Francesca Capozzi
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Descritti come impavidi guerrieri, pronti combattere e a morire per raggiungere il Valhalla, esploratori spietati che navigando hanno raggiunto e colonizzato terre vicine e non, spingendosi fin oltre i confini del tempo e approdando in Islanda, Groenlandia e in America del Nord. Ma come hanno fatto i Vichinghi a compiere queste imprese, percorrendo lunghissime distanze e sfidando il mare aperto?
Non avevano bussole allora, questo è sicuro, ma secondo le indicazioni che trapelano dalle saghe, i norreni adoperavano le cosiddette “pietre solari”. I ricercatori si sono posti molte domande su questi cristalli leggendari a partire proprio dalla loro esistenza.
Nessuna pietra solare di epoca vichinga è stata mai rinvenuta in Scandinavia o altrove nei loro relitti. Tuttavia il ritrovamento di un frammento di un quadrante di legno in un convento benedettino vicino al fiordo di Uunartoq, Groenlandia, nel 1948 e un cristallo scoperto in una imbarcazione inglese risalente al XVI secolo potrebbero far pensare il contrario.
Si suppone infatti che queste pietre possano essere esistite davvero e siano state la strumentazione che abbia permesso ai Vichinghi di navigare anche con il cielo coperto. A sostenere questa tesi è uno studio scientifico pubblicato nel 2017 sulla rivista della Royal Society.
Utilizzando tre tipi diverti di cristalli, la calcite, la cordielite e la tormalina, un team di archeologi e altri esperti dell’Università Eötvös Loránd di Budapest ha simulato al computer 3600 viaggi tra Bergen, Norvegia, e l’insediamento di Hvarf, Groenlandia. Questa tratta all’epoca avrebbe previsto 3 settimane di navigazione diurna.
I parametri utilizzati sono stati la copertura nuvolosa del cielo, il tipo di cristallo e il numero delle volte in cui questo veniva usato. Su questi è stata ricalcolata la rotta ogni volta che era ritenuto necessario.
Gli scienziati hanno sorprendentemente scoperto che quando si osservavano le pietre solari ogni 3 ore o meno le navi avevano una possibilità tra il 92 e il 100% di giungere a destinazione, cosa che in un frangente di tempo più ampio faceva dimezzare o ridurre a un terzo le probabilità.
Ma come è possibile tutto ciò? Secondo la teoria proposta da Thorkild Ramskou nel 1967 le pietre solari funzionerebbero da polarizzatori, ipotesi accettata dalla scienza ma “senza alcun supporto sperimentale” scrivono i ricercatori del polo ungherese. Il loro studio proverebbe questa funzione.
Dalla ricerca è emerso inoltre che tra i tre cristalli quello più attendibile sarebbe stato la cordielite, un silicato di alluminio e magnesio.
Fonte: Royal Society Open Science