Nonostante piogge e neve, il nord Italia resta nella morsa della siccità
Anbi: «Ciclo idrico ormai incapace di rigenerarsi naturalmente a causa di cambiamenti climatici sorprendentemente veloci»
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Il 2022 italiano è stato l’anno più caldo dal 1800, e chiuso con circa 50 miliardi di metri cubi d’acqua in meno rispetto alla media storica del nostro Paese, ma il 2023 non sta proseguendo meglio, come dettagliano i dati diffusi settimanalmente dall’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche.
«La perdurante crisi idrica del nord Italia non è una transitoria stagione siccitosa, ma la conseguenza di un ciclo idrico, ormai incapace di rigenerarsi naturalmente a causa di cambiamenti climatici sorprendentemente veloci e cui si può rispondere – commenta Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione che riunisce i Consorzi di bonifica a livello nazionale – solo con la realizzazione di nuove infrastrutture e l’efficientamento di quelle esistenti per trattenere l’acqua di eventi meteo sempre più rari. Bisogna prendere atto che, se complessivamente l’Italia rimane un Paese idricamente fortunato, nelle regioni settentrionali c’è meno acqua disponibile».
Nel merito, l’Osservatorio Anbi documenta che i grandi bacini naturali del nord Italia rimangono tutti sotto media e solo il lago Maggiore registra una lenta crescita; gli altri continuano a calare (il Lario è al 19,4% di riempimento, il Sebino al 16,4%). Il lago di Garda è pieno al 35,7%, vale a dire che contiene meno della metà di quanto era invasato 12 mesi fa e mezzo metro più basso rispetto alla media storica.
Restano drammatiche le condizioni del fiume Po, addirittura peggiori di quelle eccezionali, registrate nel 2022: il deficit idrico supera il 70% nelle stazioni a monte per scendere al 53,48% a Pontelagoscuro; dopo quello di Piacenza, anche il rilevamento di Cremona segna il nuovo minimo storico.
Guardando in particolare al nord ovest, in Piemonte è molto grave la situazione di tutti i fiumi, che continuano a calare di settimana in settimana, registrando portate inferiori a quelle dell’anno scorso: Tanaro (-77,72%) e Sesia (-70,4%) registrano i deficit più significativi.
In Valle d’Aosta, solo sulle Grandes Murailles lo spessore del manto nevoso è aumentato rispetto alla settimana scorsa, perchè la coltre bianca, presente sulla regione, è generalmente inferiore allo scorso anno; sono in calo sia la Dora Baltea (18,60 metri cubi al secondo, contro una media di Febbraio pari a mc/s 27,3) che il torrente Lys.
«Il nord ovest – aggiunge Massimo Gargano, dg Anbi – è la testimonianza di come una crisi idrica ormai consolidata non possa risolversi con qualche precipitazione. L’esempio arriva dal Piemonte dove, nonostante a gennaio sia piovuto l’80% in più dell’anno scorso, il deficit pluviometrico rispetto alla media mensile si attesta al 63,6%, arrivando a toccare -81,1% sul bacino della Sesia. Le speranze idriche per i prossimi mesi sono riposte nel +64% di neve caduta in montagna rispetto all’anno scorso, il cui scioglimento è però condizionato da un andamento delle temperature, ormai imprevedibile».