Il nucleo della Terra si è davvero fermato?

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Il nucleo della Terra si è davvero fermato?

La rotazione del nucleo del nostro pianeta è in continua evoluzione e potrebbe essersi arrestata per alcuni anni per poi invertire il suo movimento, come ha suggerito uno studio recente. Secondo alcuni scienziati, tuttavia, il metodo di indagine che ha portato a queste conclusioni non è del tutto esaustivo
di Leonardo de Cosmo
www.lescienze.it

In un celebre racconto di Jules Verne, al centro della Terra si cela un mondo perduto popolato da creature preistoriche. Anche se sappiamo che si tratta solo di fantascienza, in realtà non abbiamo quasi idea di come sia fatto veramente l’interno del nostro pianeta. Secondo alcuni, al centro della Terra ci sarebbe un nucleo che ruota con una velocità differente da quella del resto del pianeta.

Questa rotazione sarebbe inoltre in continua evoluzione, tanto che potrebbe addirittura essersi fermata appena una manciata di anni senza che nessuno se ne accorgesse, secondo uno studio pubblicato su “Nature Geoscience” da due ricercatori dell’Università di Pechino, Yi Yang e Xiaodong Song. Si tratta del più recente di una serie di lavori più o meno simili che in qualche modo supporta una teoria scientificamente credibile, che però non convince tutti.


Le “candele standard” per l’interno della Terra

“Di certezze riguardo l’interno del pianeta ne abbiamo davvero poche”, ha esordito Massimo Chiappini, direttore del Dipartimento ambiente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). “Una di queste prevede che la Terra sia formata da una sorta di strati concentrici”, ha aggiunto Chiappini. “Al di sotto della crosta c’è uno strato molto ampio, detto mantello, all’interno del quale si trova un nucleo, a sua volta composto da due parti: una più interna, solida, avvolta da un guscio più esterno che possiamo definire fluido, con temperature e pressioni elevatissime.”

A indicarlo ovviamente non sono le prove dirette ma quelle indirette, in particolare le onde sismiche più intense, in grado di propagarsi da un lato all’altro del pianeta. Conoscendo le tipologie di onde generate e rilevando con i sismometri quelle propagatesi dentro la Terra, è possibile in qualche modo definire le caratteristiche degli strati interni del pianeta e identificare la presenza di superfici di discontinuità capaci di riflettere e/o rifrangere le onde.

“A indicare una natura fluida dello strato esterno del nucleo sono in particolare le onde sismiche di natura trasversale, ossia con una direzione di propagazione perpendicolare alla direzione di oscillazione”, ha aggiunto il ricercatore dell’INGV. “Si osserva infatti che queste tipologie di onde non si propagano attraverso il nucleo esterno. Un comportamento che attribuiamo a un materiale di natura ‘liquida’”. Proprio quella regione fluida, attraverso complessi moti convettivi al suo interno, sarebbe responsabile della generazione del campo magnetico che avvolge la Terra e protegge la superficie da una gran parte di radiazioni solari pericolose per la vita sul nostro pianeta.


Osservando in che modo le onde originate da uno specifico punto, l’ipocentro di un terremoto, vengono riflesse, trasmesse e rifratte permette dunque di leggere, come in un’ecografia, la struttura interna del pianeta. Ora, una serie crescente di lavori si sta concentrando in particolare nel cercare di capire eventuali variazioni della propagazione di treni d’onda uguali.

“Esistono regioni della crosta in cui si verificano eventi sismici molto violenti, anche di magnitudo 9 con una certa frequenza”, ha proseguito Chiappini. “Questi terremoti vengono generati praticamente nello stesso ipocentro, per cui ci si attende che le loro onde seguano una propagazione molto simile”. Per la geologia, si tratta di un parametro di riferimento simile a quello rappresentato dalle “candele standard” in astronomia. Qualcosa di analogo ai terremoti è offerto anche dalle esplosioni nucleari sotterranee prodotte all’epoca dei test nucleari.

L’idea è che la propagazione di due set di onde praticamente identiche (o perché prodotte da due terremoti molto molto simili o da esplosioni nucleari nello stesso sito) debbano per forza di cose propagarsi, riflettersi e rifrangersi nello stesso modo. Ma i dati indicano che a distanza di anni la propagazione non segue gli stessi percorsi.

Una rotazione asincrona

Il recente studio pubblicato su “Nature Geoscience” ha analizzato in particolare una serie di terremoti avvenuti tra il 1995 e il 2021, tutti in qualche modo assimilabili tra loro, mettendo a confronto le “trasformazioni” subite dalle onde sismiche dopo l’attraversamento dell’interno del pianeta. Secondo i ricercatori dell’università cinese, gli schemi sono cambiati nel tempo e a determinare le variazioni sarebbero state modifiche nella rotazione del nucleo terrestre: la super-rotazione del nucleo si sarebbe arrestata nel 2009, invertendo poi direzione.

Confrontando infine questi dati con altri più antichi, per esempio di terremoti del 1964, sarebbe evidente una sorta di sovrapposizione con i dati più recenti, che indicherebbe l’esistenza di una sorta di oscillazione ciclica, con un periodo di circa 70 anni, nella rotazione del nucleo. L’idea è dunque che il nucleo della Terra alterni fasi di super-rotazione (più veloce) rispetto alla superficie e fasi di sub-rotazione (più lenta). L’ultimo cambio di fase sarebbe avvenuto nel 2009. Se così fosse, aggiungono i ricercatori nelle conclusioni dello studio, tali cambiamenti spiegherebbero anche le variazioni che si osservano nella durata del giorno terreste nel corso di decenni.

A conclusioni analoghe, ma differenti nel quantificare la velocità relativa del moto di rotazione del nucleo, era stato nel 2022 un altro studio, questa volta firmato da John Vidale e Wei Wang, entrambi dell’University of Southern California a Los Angeles. Lo studio pubblicato su “Science Advances” aveva preso a riferimento i percorsi delle onde sismiche generati da una serie di test nucleari sotterranei.

“Le nostre ultime osservazioni mostrano che il nucleo interno ha avuto una rotazione leggermente più lenta dal 1969 al 1971 e poi si è spostato nell’altra direzione dal 1971 al 1974”, aveva dichiarato Vidale presentando il lavoro alla stampa. Secondo gli autori il nucleo sarebbe ruotato – rispetto al resto del pianeta – in questo lasso di tempo tra -0,1 e +0,3 gradi e stimano una periodicità di queste oscillazioni in cicli di soli sei anni.

Un’immagine sfocata

“Sono certamente studi interessanti, a supporto di una teoria molto valida, purtroppo suffragata solamente da analisi di tipo sismologico: in realtà possono esistere molte variabili, che non sono prese in considerazione secondo me nel giusto conto”, ha aggiunto Chiappini. “Osservare la variazione in tempi diversi della propagazione di onde provenienti da uno stesso ipocentro testimonia certamente una dinamicità del nucleo, fenomeno importante e su cui esistono già molte altre certezze e teorie.”

Proprio la fluidità del nucleo esterno permette una serie di movimenti convettivi strettamente connessi con la generazione del campo magnetico terrestre ma tutto ciò, aggiunge ancora Chiappini, non implica che esista una super-rotazione del nucleo, ossia abbia una rotazione non sincronizzata con gli strati più esterni.

“Anche per quanto riguarda i test nucleari, c’è a mio parere un errore importante nell’assimilare tra loro i vari test: nelle esplosioni c’è un importante aspetto legato all’accoppiamento tra il dispositivo, la bomba, e la roccia incassante”, ha precisato il ricercatore. “E ancora, test condotti in siti diversi presuppongono caratteristiche del sito differenti che inevitabilmente influenzano la propagazione; banalmente basta sottolineare come i sovietici usassero una tecnica di contenimento differente, rispetto a quella usata dagli altri paesi, per sigillare la perforazione: in sintesi, non si possono confrontare i test come fossero tutte esplosioni uguali.”

A gettare acqua sul fuoco riguardo alle recenti nuove “prove” sulla non sincronicità della rotazione del nucleo è stato in questi giorni anche Hrvoje Tkalčić, geofisico dell’Australian National University a Canberra, che, intervistato dalla rete televisiva statunitense CNN, ha puntualizzato: “Non sta accadendo nulla di catastrofico”.

Secondo Tkalčić, che negli ultimi anni ha proposto anch’egli lavori sul tema, i risultati dello studio di Yang e Song “dovrebbero essere presi con cautela” poiché “sarebbero necessari più dati e metodi innovativi per far luce su questo interessante problema”. Bisogna pensare ai sismologi come ai medici che usando solo uno strumento ecografico studiano gli organi interni dei pazienti: “Nonostante i progressi, la nostra immagine della Terra interna è ancora sfocata e siamo ancora nella fase di scoperta”.

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