SKA, ecco il più grande osservatorio al mondo per vedere l’invisibile
È ufficialmente nato il più grande radiotelescopio della Terra. Sarà formato da migliaia di antenne distribuite in Sudafrica e in Australia e una volta pienamente operativo aprirà una finestra su un universo mai visto prima, promettendo di rivoluzionare l’astronomia Dopo più di 30 anni dedicati alla sua progettazione e allo sviluppo delle tecnologie necessarie, pochi giorni fa è nato ufficialmente SKA, il più grande radiotelescopio al mondo e in assoluto uno dei più importanti programmi scientifici dell’umanità. Acronimo di Square Kilometre Array, SKA permetterà di vedere cose finora rimaste invisibili e aprirà il nostro sguardo verso un universo sconosciuto
di Leonardo De Cosmo
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L’Osservatorio SKA (SKAO) sarà formato da migliaia di antenne distribuite su due siti osservativi distanti migliaia di chilometri tra loro: uno in Sudafrica, dove saranno istallate complessivamente 197 parabole tra 13 e 15 metri di diametro disegnate per captare segnali radio a media frequenza (SKA-Mid), e l’altro in Australia con 131.072 antenne “ad albero di Natale” di due metri d’altezza che riceveranno segnali a bassa frequenza (SKA-Low).
I segnali delle antenne nei due siti saranno combinati insieme a formare due grandi strumenti indipendenti che permetteranno di mappare l’universo in un’amplissima fascia di frequenze radio con una velocità almeno 50 volte superiore a quella di qualsiasi altro strumento mai realizzato. Un progetto il cui costo complessivo è stimato in 2 miliardi di euro (di cui sono già stati allocati per la costruzione i primi 450 milioni) che punta a diventare pienamente operativo a partire dal 2029, mentre le prime osservazioni inizieranno già dal 2024.
I primi nuclei di SKA – tra cui MeerKAT composto dalle prime 64 parabole delle 197 previste in SKA – sono già operativi da qualche anno e stanno già dimostrando il loro incredibile valore scientifico. “Stiamo già ottenendo risultati straordinari, che vanno oltre le nostre aspettative”, ha spiegato Isabella Prandoni, prima ricercatrice dell’Istituto di radio-astronomia dell’Istituto nazionale di astrofisica (IRA-INAF). “Quando si parte con una nuova grande avventura come questa – ha commentato Prandoni – motiviamo l’investimento definendo una serie di avanzamenti scientifici e obiettivi che prevediamo di ottenere, ma la cosa più affascinante di progetti innovativi come SKA è che in realtà si va ad aprire una finestra su un universo mai visto prima, e sicuramente avremo un sacco di sorprese, con tante scoperte inattese. Ora inizia il bello.”
L’universo in 21,1 centimetri
“L’idea di SKA – ha spiegato la ricercatrice dell’INAF – nasce oltre 30 anni fa con lo scopo di studiare la distribuzione del gas idrogeno nell’universo, difatti inizialmente si era pensato di chiamarlo Hydrogen Telescope.” Per mappare l’idrogeno all’interno della Via Lattea basterebbe osservare le onde radio, alla lunghezza d’onda di 21,1 centimetri o 1420 MegaHertz (MHz), ma per poter osservare l’idrogeno più lontano (o più indietro nel tempo) occorre uno strumento più sofisticato, capace di captare anche lunghezze d’onda più grandi. “Il fatto è che l’universo è in espansione e quando osserviamo oggetti distanti che si allontanano da noi si verifica uno spostamento verso il rosso, il redshift, in cui le onde si ‘allungano’ e si va verso frequenze più basse”, ha aggiunto Prandoni. “Si arriva fino a 50 MHz quando esploriamo l’alba cosmica, il momento in cui si formarono le prime stelle.” Osservare l’idrogeno delle prime stelle richiedeva dunque la costruzione di un radiotelescopio estremamente sensibile e capace di coprire un ampio spettro di energie. “Uno strumento come SKA!”.
Inizialmente progettato con l’obiettivo di analizzare e mappare l’idrogeno, ben presto ci si è resi conto che uno strumento con queste potenzialità avrebbe potuto avere un grandissimo numero di applicazioni anche in altri settori, dallo studio della magneto-genesi nell’universo alla rilevazione di onde gravitazionali e alla ricerca di pianeti simili alla Terra o addirittura di vita aliena. Ben presto SKA si è trasformato così in un ambizioso programma internazionale in cui l’Italia, in particolare tramite INAF, ha avuto e ha un ruolo fondamentale. Tra il 2015 e il 2018 il nostro paese è stato alla guida dei negoziati che hanno portato all’istituzione dell’Osservatorio SKA ed è stato il primo di sette paesi a firmare, a Roma l’anno successivo, il trattato che ha dato vita ufficialmente al progetto. Oggi i paesi coinvolti sono 16; importante è stato anche il contributo industriale italiano, in particolare con la mantovana Sirio che sta realizzando le antenne a bassa frequenza.
In cerca della prima luce
Anche se produrrà immagini meno spettacolari (agli occhi dei mezzi di comunicazione) del telescopio spaziale James Webb, SKA promette di rivoluzionare una parte dell’astronomia così come l’osservatorio lanciato in orbita poco meno di un anno fa, il cui obiettivo è studiare l’universo nell’infrarosso. Osservando nelle onde radio, SKA potrà studiare fenomeni completamente diversi. Uno dei principali obiettivi è riuscire a tornare indietro nel tempo fino all’alba cosmica, una fase risalente a oltre 13 miliardi di anni fa e finora difficile da studiare a causa dell’estrema debolezza dei segnali emessi da questi primi oggetti celesti.
Se da una parte James Webb osserverà le prime stelle e galassie, SKA osserverà lo spazio tra di esse, interamente permeato da idrogeno, e seguirà come in un film il procedere della ionizzazione dell’idrogeno, durante la cosiddetta epoca della re-ionizzazione. Grazie ai dati relativi alla distribuzione dell’idrogeno nell’universo sarà possibile realizzare anche mappe 3D delle galassie e delle strutture in cui sono distribuite, da cui sarà possibile misurare con maggior precisione il tasso di espansione dell’universo e di conseguenza avere nuove preziose informazioni per caratterizzare la sfuggente energia oscura.
Potendo contare su un’altissima precisione nella scansione temporale dei segnali, SKA potrà inferire il passaggio di onde gravitazionali nel mezzo intergalattico “attraverso l’Identificazione di eventuali ‘perturbazioni’ sul tempo di arrivo del segnale delle pulsar”, ha proseguito Prandoni. In questo modo il radiotelescopio potrebbe affiancarsi ai grandi interferometri LIGO e Virgo, consentendo per esempio la rilevazione delle onde prodotte dalla collisione di buchi neri supermassicci, o addirittura la rilevazione del cosiddetto fondo cosmologico di onde gravitazionali, finora mai osservato.
Ma ovviamente la scienza che si aprirà con SKA non si esaurisce qui e tante sono le attese anche per chi studia il centro della Via Lattea, i buchi neri o gli eventi transienti come i misteriosi fast radio burst, lampi radio veloci. L’altissima risoluzione spaziale di SKA consentirà di scovare pianeti simili alla Terra e, per chi va in cerca di eventuali forme di vita aliena, di intercettare l’inquinamento radio prodotto da potenziali civiltà tecnologiche.
Per rendere possibile tutto questo è necessario vincere sfide tecnologiche senza precedenti, prima tra tutte la gestione dell’enorme mole di informazioni: solo per gli strumenti in Australia saranno trasferiti una media di 8 terabit al secondo di dati lungo centinaia di chilometri verso il centro di elaborazione, con picchi di 20 terabit al secondo per la rete sudafricana. Una velocità di trasferimento 1000 volte quella dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), l’osservatorio considerato attualmente più all’avanguardia da questo punto di vista, e 100.000 volte la più veloce banda larga domestica attualmente disponibile.