New Horizons: iniziata una nuova missione ai confini del sistema solare

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New Horizons: iniziata una nuova missione ai confini del sistema solare

Dopo aver visitato Plutone nel 2015 e l’asteroide Arrokoth nel 2019, la sonda della NASA sta per risvegliarsi per studiare la fascia di Kuiper, Urano e Nettuno. Ma se si trovasse un nuovo oggetto celeste da visitare, tutti questi obiettivi sarebbero superati Solo due veicoli spaziali hanno lasciato il sistema solare e sono sopravvissuti per raccontarlo. Le sonde Voyager 1 e 2 della NASA hanno attraversato l’eliopausa – il confine in cui la sfera di influenza del Sole cede il passo al mezzo interstellare – nel 2012 e nel 2019, rispettivamente. Hanno rimandato a terra dati di grande valore da quel luogo lontano, nel corso della prima incursione dell’umanità negli sconfinati domini che si estendono oltre il limite del sistema solare. Subito dietro, tuttavia, c’è un veicolo molto più avanzato, dotato di strumenti migliori, ottiche aggiornate e persino di un mezzo per campionare il mezzo interstellare stesso.
di Jonathan O’Callaghan/Scientific American

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La sonda New Horizons è stata lanciata nel 2006 con l’obiettivo di visitare Plutone, dove è arrivata nel 2015, rivelando incredibili dettagli durante il suo troppo breve sorvolo. Da allora la sonda ha continuato la sua crociera verso le frontiere interstellari. Ora ha iniziato la sua seconda missione estesa e presto si risveglierà da un profondo letargo, aprendo una serie di nuove opportunità scientifiche nel sistema solare esterno.

“Ci vuole molto tempo per arrivare al punto in cui si trova la nostra sonda”, afferma Alice Bowman, responsabile delle operazioni di missione di New Horizons presso il Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (JHUAPL), nel Maryland. “Avere un veicolo spaziale in quella parte del sistema solare è un’enorme risorsa per la comunità scientifica: sono molte le cose uniche che può fare trovandosi così lontano e vogliamo assolutamente approfittarne.”

Per New Horizons, queste “cose uniche” includono studi senza precedenti dei pianeti Urano e Nettuno, campionamenti della polvere locale, studi della luce di fondo dell’universo e altro ancora. Il risultato sarà una nuova fase della missione “davvero unica e di natura interdisciplinare”, afferma Alan Stern, responsabile della missione al Southwest Research Institute (Swri), che ha sede in Texas. A ottobre è partita ufficialmente la seconda missione biennale, ma è nel 2023 che si entrerà nel vivo, quando la sonda uscirà dall’ibernazione, iniziando seriamente il suo programma scientifico.

“C’erano molte buone idee sulle cose da realizzare in astrofisica, eliofisica e planetologia”, dichiara Stern. “Abbiamo preso il meglio di queste idee.” C’è anche l’allettante possibilità di visitare un altro oggetto nella fascia di Kuiper, la regione di asteroidi e oggetti ghiacciati che si trova oltre Nettuno, in cui New Horizons ha già visitato un oggetto – Arrokoth nel 2019 – dopo l’incontro con Plutone. Anche senza questa possibilità, la NASA aveva motivi più che sufficienti per estendere la missione.

“New Horizons si trova in una posizione unica nel sistema solare e porta a bordo un’incredibile serie di strumenti funzionanti”, afferma Becky McCauley Rench, scienziato del programma New Horizons presso la sede centrale della NASA a Washington. “Può fornire preziose informazioni sull’eliosfera e sul vento solare, osservazioni astronomiche della radiazione cosmica di fondo e dati preziosi su Urano e Nettuno che possono essere applicati alle nostre conoscenze sui pianeti giganti ghiacciati.”

Dal 1° giugno la sonda è in ibernazione, con i principali sistemi spenti per risparmiare energia, mentre una leggera rotazione su se stessa di cinque giri al minuto mantiene la sonda in rotta senza consumare il carburante. La batteria nucleare della sonda, degradata rispetto alle specifiche di progetto originali che prevedevano una produzione di energia di 240 watt, ora produce circa 200 watt, e sono rimasti circa 11 chilogrammi di carburante all’idrazina rispetto ai 78 chilogrammi che erano a bordo al momento del lancio di New Horizons. “Siamo a un ottavo di serbatoio”, ricorda Stern. Questo rende le operazioni difficili. “Sta diventando sempre più impegnativo”, aggiunge Bowman. “Dobbiamo essere molto prudenti nello scegliere le attività da svolgere.”


Tuttavia, l’energia e il carburante sono più che sufficienti perché le operazioni della sonda possano continuare a lungo nel futuro, forse nel 2040 o addirittura nel 2050, quando la sonda dovrebbe aver superato il confine dello spazio interstellare. Attualmente New Horizons si trova a circa 55 unità astronomiche (UA) dal Sole, ovvero 55 volte la distanza Terra-Sole, a circa 65 UA dal confine e viaggia verso l’esterno a circa “tre UA all’anno”, spiega Stern.

Il 1° marzo, la sonda smetterà di ruotare e uscirà dalla modalità di ibernazione, accendendo i suoi sistemi per iniziare davvero la sua nuova missione estesa (anche se alcuni strumenti hanno già raccolto dati mentre il resto della sonda era in ibernazione). In aprile, la sonda scatterà immagini del pianeta Urano e successivamente di Urano e Nettuno nell’autunno 2023 e di nuovo di Urano nella primavera 2024. Questo permetterà agli astronomi di seguire il movimento delle nuvole durante la rotazione dei pianeti, per comprendere meglio il loro bilancio energetico quando il Sole li illumina, in particolare quando, nell’autunno 2023, New Horizons osserverà i pianeti di lato, mentre Hubble e altri telescopi a terra osserveranno quasi simultaneamente i loro lati vicini dalla Terra.

I pianeti appariranno a New Horizons solo come puntini luminosi, ma la sonda dovrebbe essere in grado di seguire il cambiamento di luminosità dei pianeti che corrisponde alle osservazioni di Hubble. “Non deve essere esattamente simultaneo, ma di certo stiamo adattando il momento in cui Hubble può osservare al momento ottimale in cui può farlo anche New Horizons”, afferma Will Grundy del Lowell Observatory in Arizona, planetologo e co-investigator della missione.

A loro volta, questi studi potrebbero rivelarsi utili per le indagini sugli esopianeti di altri sistemi planetari. Finora i pianeti giganti di ghiaccio come Urano e Nettuno sono risultati relativamente comuni. Comprendendo quello che New Horizons è in grado di vedere nelle sue osservazioni limitate di questi pianeti rispetto a quelle di Hubble, gli astronomi potranno estrapolarne i risultati per capire anche le osservazioni remote di esopianeti simili. “Questo farà sì che gli scienziati affinino le loro capacità di capire che cosa si può imparare da questo tipo di osservazioni”, spiega Grundy.

Puntando le sue telecamere verso lo spazio più profondo, senza essere ostacolato dalla luce del Sole, New Horizons ha già rivelato qualcosa di sorprendente sull’universo, ovvero che la luce visibile di fondo di tutte le stelle e le galassie è circa due volte più luminosa del previsto. Le possibili spiegazioni includono un gruppo di galassie deboli, forse invisibili a telescopi come Hubble ma osservabili dal James Webb Space Telescope (JWST), o stelle vaganti alla deriva attraverso la galassia.

“Faremo misurazioni ancora più precise in 16 direzioni diverse”, dice Stern, rispetto alle due precedenti. Questo dovrebbe spiegare se la luce di fondo è diffusa uniformemente nel cielo o se si concentra in determinate direzioni. Il gruppo eseguirà lo stesso esperimento anche nell’ultravioletto, “per escludere alcune idee”, spiega Stern.

New Horizons è anche in grado di studiare la sua attuale regione dello spazio in modo più dettagliato rispetto a Voyager 1 e 2. Si pensa che la sonda si trovi in un “deserto” tra una regione interna e una esterna della fascia di Kuiper, in cui la densità di polvere e oggetti è inferiore alla media del resto della fascia di Kuiper. Un rilevatore di polvere sulla sonda dovrebbe identificare una manciata di impatti di polvere ogni anno, e l’impulso elettromagnetico prodotto da questi impatti dovrebbe rivelare agli scienziati quanto è grande la polvere e quanto è abbondante: parte di essa potrebbe derivare da oggetti che si scontrano nella fascia di Kuiper.

“È un modo per valutare l’effetto delle collisioni nella fascia di Kuiper”, spiega Grundy. “Anche gli oggetti più piccoli si scontrano tra loro e noi possiamo rilevare la polvere che viene così prodotta: è un modo per capire di quanto si estende verso l’esterno la fascia di Kuiper.”

New Horizons osserverà anche una decina di altri oggetti della fascia di Kuiper da lontano, possibilmente “risolvendo” le loro forme e dimensioni lavorando in coppia con i telescopi a terra, oltre a cercare prove della presenza di piccole lune. Avvicinandosi all’eliopausa, la sonda ci dirà anche come stanno cambiando le proprietà dell’eliosfera del Sole, la regione di influenza della nostra stella, effettuando misurazioni del plasma locale, delle particelle cariche e del flusso di idrogeno gassoso proveniente dal mezzo interstellare.

“Abbiamo ora l’opportunità di realizzare una mappa globale della distribuzione dell’idrogeno”, afferma Ralph McNutt, a capo della divisione di scienza dello spazio al JHUAPL e co-investigator di New Horizons. “È una parte degli indizi su come l’eliosfera complessiva interagisce con il mezzo interstellare su larga scala e su che cosa il mezzo interstellare sta facendo alla nostra casa”. La speranza, però, è che la sonda rimanga operativa e finanziata fino al 2040, quando dovrebbe raggiungere l’eliopausa a circa 120 UA dalla Terra. “Pensiamo di avere abbastanza energia a bordo”, afferma McNutt.

Tuttavia, c’è la possibilità concreta che tutti questi piani possano cambiare in un istante. Tramite il telescopio Subaru alle Hawaii, il gruppo continua a setacciare la fascia di Kuiper alla ricerca di un altro oggetto da visitare, come Arrokoth. Se viene trovato un candidato adatto che potrebbe essere raggiunto da New Horizons, “abbandoneremmo il resto del programma per risparmiare carburante”, spiega Stern. “La missione prevede che ci si occupi della fascia di Kuiper.” Non è ancora stato trovato un obiettivo del genere, ma la ricerca continua.

“Se riuscissimo a trovare un secondo oggetto nella fascia di Kuiper, sarebbe la soluzione migliore”, spiega Stern. “Se potessimo raggiungerlo con il carburante rimasto, anche tra quattro o cinque anni, quello sarebbe l’obiettivo principale”. Ma non c’è alcuna garanzia di raggiungere un simile risultato. “Le probabilità non sono elevate perché stiamo attraversando la parte più densa della fascia di Kuiper”, spiega Grundy. “È un’ipotesi molto remota.”

Mappa in falsi colori della distribuzione di ghiaccio d’acqua sulla superficie di Plutone ottenuta con le immagini scattate da New Horizons: le aree più chiare indicano la maggiore concentrazione di acqua (NASA/JHUIAPL/SwRI)

Invece di cercare un simile obiettivo, il gruppo sta considerando un altro compito di alto profilo come parte della sua ultima missione estesa. La sonda potrebbe essere indirizzata a girarsi e guardare indietro verso la Terra, replicando la famosa immagine del “tenue puntino azzurro” (Pale Blue Dot), cioè la foto del nostro pianeta scattata da Voyager 1 nel 1990 da una distanza di 40 UA. Stern afferma che attualmente il gruppo sta studiando se sia fattibile. “Il problema è che siamo molto più lontani dal Sole di quanto non lo fosse Voyager”, afferma. Questo potrebbe rendere troppo difficile risolvere l’immagine della Terra rispetto al bagliore del Sole, mentre la luminosità del Sole potrebbe potenzialmente danneggiare gli strumenti della sonda. “Non vorremmo bruciare le telecamere solo per questo scopo”, sottolinea Stern.

Nei prossimi decenni, nessun altro veicolo spaziale attraverserà questa regione dello spazio come sta facendo New Horizons. Negli Stati Uniti uno sforzo guidato da McNutt, chiamato Interstellar Probe, è attualmente preso in considerazione come potenziale progetto futuro, ma la decisione della Decadal Survey for Solar and Space Physics delle National Academies non è prevista prima di dicembre 2024. Anche se non ci sono stati aggiornamenti importanti sul progetto da quando il gruppo ha pubblicato la sua proposta l’anno scorso, c’è stato un importante sviluppo, ovvero il successo del primo lancio dello Space Launch System (SLS), indicato come potenziale veicolo di lancio per questa ambiziosa missione.

McNutt afferma che il suo gruppo ha parlato anche con altre aziende di possibili razzi alternativi di grandi dimensioni che potrebbero lanciare la missione, come Starship di SpaceX, che dovrebbe effettuare il suo primo volo di prova orbitale entro il 2023. “Stiamo parlando con loro”, dice McNutt. Anche una missione interstellare separata dalla Cina, Interstellar Express, sembra essere ancora in pista per il lancio nel corso di questo decennio.

Per ora, New Horizons è l’unica sonda che si dirige verso i confini del sistema solare e ha due possibili futuri davanti a sé. Uno è uno studio interdisciplinare del sistema solare esterno che non avrà eguali negli anni a venire.

“Stiamo attraversando l’eliosfera esterna come ha fatto Voyager, ma con una strumentazione decisamente migliore”, sottolinea Stern. “I nostri strumenti per la rilevazione di particelle sono molto più sensibili, disponiamo anche di un rilevatore di polvere e il nostro spettrometro ultravioletto è usato per studiare la distribuzione dell’idrogeno neutro gassoso: Voyager non aveva la tecnologia per farlo”. L’altro è un diversivo verso un asteroide o una cometa non ancora scoperti che si nascondono nella fascia di Kuiper esterna, una possibilità allettante ma sempre più impegnativa. “Non sappiamo quanto si estenda realmente la fascia di Kuiper”, conclude Stern. “Abbiamo tutte le carte in regola: se c’è qualcosa là fuori da raggiungere, lo troveremo.”

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