Ottobre il mese più caldo dal 1800 nel Nord Italia, +3.18°C rispetto alla media.
A livello nazionale è il secondo. Dimezzate le precipitazioni
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Un ottobre eccezionale che in Italia ha segnato più di un record.
Al nord e alta Toscana è stata registrata una anomalia di +3.18°C che pone il mese come il più caldo dal 1800 mentre a livello nazionale è al secondo posto con una media di 0.05°C inferiore rispetto al 2001 (+2.08 contro +2.13) che detiene il primato. Così all’Ansa Giulio Betti, metereologo Cnr-Lamma
E’ allarme anche per la siccità: su gran parte del settentrione, escluso l’arco apino, le piogge sono state meno della metà rispetto alla media del periodo con punte anche di -70%. Dall’Emilia Romagna in giù ha piovuto il 60% in meno. Meglio ma in deficit anche il sud.
Le anomalie climatiche registrate nel nord Italia ad ottobre sono in linea con quanto è avvenuto nel sud dell’Europa, in Francia e in Svizzera. Meglio, ma sempre un caldo ‘eccezionale’ con una media di 1.5°C superiore al periodo, il centro-sud dello stivale. “In pratica – commenta Betti – l’anomalia del centro sud è la metà di quella del nord e alta Toscana”.
“Durante il periodo che va da maggio ad ottobre – aggiunge – escluse la seconda metà di agosto e settembre, sono state registrate una serie di anomalie di temperature record che pongono questi mesi tra il primo e il terzo posto tra i più caldi dell’ultimo trentennio”.
Un trend che dovrebbe finire con l’attuale mese di novembre in cui, secondo i modelli di previsione, dovremmo tornare a temperature e precipitazioni in linea o appena inferiori con le medie stagionali.
Ma se da un lato, già tra mercoledì e giovedì una nuova perturbazione porterà piogge al nord e in Toscana, sarà difficile coprire la drammatica siccità che ha colpito l’Italia. Una penuria di acqua che ha “radici antiche”, spiega Massimiliano Pasqui, Fisico climatologo del Cnr. Sono due anni, infatti, che le precipitazioni invernali sono decisamente sotto la media e i periodi primaverili ed estivi particolarmente secchi e caldi. “Una concomitanza di eventi – afferma l’esperto – che crea una pressione climatica il cui impatto sugli ecosistemi e sull’agricoltura è molto intenso”. Tanto più che quando piove assistemo ad eventi estremi su zone limitate che finiscono per dilavare i terreni e creare più danni che benefici. “Non è così scontato – conclude Pasqui – che nei prossimi mesi riusciremo a recuperare il deficit idrico, vista anche l’incognita legata alla neve. Le temperature attese sull’arco alpino sono nella media o superiori alla media. Dobbiamo quindi mantenere attivi tutti gli strumenti per il potenzialmento della gestione idrica e il monitoraggio delle precipitazioni”.