L’Europa si sta scaldando molto più rapidamente rispetto al resto del pianeta
A causa del costante aumento della concentrazione dei gas serra in atmosfera, negli ultimi trent’anni le temperature sono aumentate di mezzo grado ogni decennio. Un dato che, insieme agli impatti negativi di questo riscaldamento, emerge dal primo rapporto sullo stato del clima nel continente, prodotto grazie ai dati del Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus dell’Unione Europea
di Rudi Bressa
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Il Vecchio Continente si sta riscaldando più velocemente rispetto la media globale, tanto che negli ultimi trent’anni le temperature sono aumentate più del doppio rispetto alla media, con un tasso di circa +0,5 °C per decennio. A soffrirne i ghiacciai alpini, che tra il 1997 e il 2021 hanno già perso 31 metri di spessore, mentre la calotta glaciale della Groenlandia sta registrando tassi di fusione piuttosto allarmanti, tanto che per la prima volta in assoluto si è registrato un episodio di precipitazioni sotto forma di pioggia nel suo punto più alto, presso la stazione Summit.
È questa la fotografia scattata dall’Organizzazione meteorologica mondiale (World Meteorological Organization, WMO), che ha redatto il primo rapporto sullo stato del clima in Europa, in collaborazione con il Servizio per il cambiamento climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service) dell’Unione Europea. Pubblicato a pochi giorni dall’inizio dei negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27), a Sharm-El Sheikh, in Egitto, il rapporto include i contributi dei Servizi meteorologici e idrologici nazionali, degli esperti di clima, degli organismi regionali e delle agenzie partner delle Nazioni Unite. Un lavoro corale che porta all’attenzione dati e tendenze fondamentali per attuare le future politiche di adattamento e mitigazione, non solo in Europa.
Emissioni ridotte in Europa, globalmente toccano nuovi picchi
Mentre le rilevazioni in situ dei sistemi di monitoraggio riportano nuovi record per quanto riguarda i principali gas a effetto serra, resta comunque da sottolineare come l’Europa abbia costantemente ridotto le emissioni (-31 per cento di CO2) negli ultimi 30 anni – ovvero il periodo di riferimento per le attuali politiche di riduzione – e che quindi l’obiettivo del 55 per cento entro il 2030 potrebbe non essere così remoto. Nel frattempo però l’anidride carbonica (CO2) ha raggiunto il valore record di circa 415 parti per milione (ppm), il metano (CH4) le 1908 parti per miliardo (ppb) e il biossido di azoto (N2O) le 334 ppb, valori che costituiscono, rispettivamente, il 149 per cento, il 262 per cento e il 124 per cento in più dei livelli pre-industriali, ovvero prima del 1750.
E l’aumento della concentrazione dei gas sta guidando l’aumento delle temperature medie, non solo quelle atmosferiche, ma anche quelle oceaniche. In questi giorni infatti si sta registrando un’anomalia di temperatura di circa 5 °C sulle acque costiere del Mediterraneo, in particolare in Italia e Francia. Ciò accade perché mari e oceani assorbono gran parte del calore del sistema climatico, con conseguenze sia sull’aumento del livello del mare che di eventi estremi come piogge intense e uragani.
Secondo il rapporto, il livello medio del mare nell’area analizzata mostra un innalzamento che va dai due ai quattro millimetri l’anno. Lo stesso Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel VI rapporto di valutazione pubblicato a inizio 2022 mostrava come tutta l’area mediterranea fosse un hot–spot per quanto riguarda gli impatti dei cambiamenti climatici, sia per quanto riguarda l’aumento delle temperature che per gli effetti a lungo termine, come la riduzione delle precipitazioni in ampie aree del Mediterraneo, e l’ultimo rapporto ne dà la conferma.
Gli impatti dei cambiamenti climatici sull’Europa
Ma il 2021 è stato anche l’anno degli eventi estremi. Secondo la banca dati internazionale delle catastrofi, si sono registrati 51 eventi estremi, l’84 per cento di questi riferiti a inondazioni o tempeste. Questi ultimi hanno provocato 297 vittime e colpito direttamente circa mezzo milione di persone, causando danni economici per oltre 50 miliardi di dollari. Ma le alte temperature e le condizioni di siccità prolungata hanno aumentato anche gli incendi registrati nell’Unione Europea. Da quando è stato avviato l’European Forest Fire Information System (EFFIS), il 2021 è stato l’anno peggiore dopo il 2017, quando oltre un milione di ettari sono stati colpiti dal fuoco. In totale, gli incendi si sono verificati in 43 paesi, con l’Italia il paese più colpito (circa 160.000 ettari) solo dopo la Turchia (206.000 ettari).
Tutto ciò ha serie implicazioni sulla salute delle persone, in particolare in una popolazione che vede aumentare l’età media in tutta la regione. Le ondate di calore sono considerate le più letali, in particolare in Europa occidentale e meridionale, mentre le alluvioni sono quelle che colpiscono un maggior numero di persone in tutto il continente. Ma il rapporto mostra anche come le alterazioni nella produzione e distribuzione di polline e spore indotte dai cambiamenti climatici potrebbero far registrare aumenti dei disturbi allergici. Oltre il 24 per cento degli adulti che vivono nella regione europea soffre di varie allergie, compresa l’asma grave, mentre la percentuale per quanto riguarda i bambini europei è del 30-40 per cento e in aumento.
Il cambiamento climatico influisce anche sulla distribuzione delle malattie trasmesse da vettori. Ne sono un esempio le zecche (Ixodes ricinus), che possono diffondere la malattia di Lyme e l’encefalite da zecche. Gli eventi estremi causano anche effetti a lungo termine, definiti come “crisi umanitarie” dagli stessi autori, con migliaia di persone che sono costrette ad abbandonare case e città a causa di alluvioni o incendi. Secondo il Centro di monitoraggio degli sfollamenti (Internal Displacement Monitoring Centre, IDCM), nel periodo che va dal 2008 al 2021 oltre 1,23 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case o città a causa del clima e di altri disastri naturali, la maggior parte di questi causati da alluvioni (70,8 per cento) e incendi (20,4 per cento).
“Questo rapporto non parla solo di eventi estremi, ma ci mostra anche la capacità di monitoraggio che oggi abbiamo in Europa”, spiega Carlo Buontempo, direttore del servizio per il Cambiamento climatico di Copernicus allo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF). “Via via che i rischi e l’impatto del cambiamento climatico diventano sempre più evidenti nella vita di tutti i giorni, crescono giustamente anche la necessità e l’interesse verso l’intelligenceclimatica. Con questo rapporto intendiamo colmare il divario tra i dati e l’analisi per offrire informazioni scientifiche ma accessibili, utili alla presa di decisioni in tutti i settori e in tutte le professioni.”