Altro che asteroidi: i supervulcani sono molto più pericolosi
Una loro eruzione catastrofica è plausibile entro pochi secoli, e dovremmo prepararci perché i supervulcani possono essere una minaccia esistenziale per l’umanità. Eppure ricevono solo una frazione dell’interesse e dei finanziamenti dedicati alle minacce spaziali
di Alex Saragosa
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Eppure ricevono solo una frazione dell’interesse e dei finanziamenti dedicati alle minacce spaziali Da quando si è scoperto che i dinosauri sono stati spazzati via da un asteroide ci preoccupiamo molto che ci accada lo stesso, e spendiamo centinaia di milioni di euro per cercare di evitarlo. Sagge precauzioni. Però – notano su “Nature” il vulcanologo Michael Cassidy dell’Università di Birmingham e Lara Mani dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito – non è quella la maggiore minaccia esistenziale di origine naturale per l’umanità: i supervulcani sono molto più pericolosi, eppure ricevono solo una frazione dell’interesse e dei finanziamenti dedicati alle minacce spaziali. “Palle di fuoco dal cielo sono certo più suggestive di un banale vulcano, ma un loro impatto catastrofico globale nei prossimi secoli è molto improbabile. Un’esplosione vulcanica catastrofica nello stesso periodo è invece quasi certa, perché i vulcani sono già sul pianeta e sappiamo con che frequenza producano immani eruzioni”, fanno notare i due.
Particolarmente minacciosi sono i supervulcani che, per la conformazione della loro camera magmatica, possono accumulare energia per millenni ed esplodere con eruzioni di grado 8 (il massimo nel Volcanic Explosivity Index), che comportano l’espulsione di almeno 1000 chilometri cubi di materiali. Per confronto la più potente esplosione vulcanica in tempi storici, quella dell’indonesiano Tambora nel 1815, di grado 7, rilasciò “solo” 100 chilometri cubi di detriti. Ma anche così uccise 100.000 persone e raffreddò il clima terrestre di 1 °C, rovinando i raccolti in mezzo mondo.
I vulcani di grado 8 noti sono una ventina, fra Nuova Zelanda, Ande sudamericane, Montagne Rocciose nordamericane e Indonesia. “L’analisi delle ceneri nei ghiacci di Groenlandia e Antartide rivela che nel mondo, in media, si ha un evento di grado 8 ogni 14.000 anni circa, un intervallo più breve di quanto stimato in precedenza”, spiega Cassidy. “L’ultima supereruzione nota è quella di 25.000 anni fa del Taupò, in Nuova Zelanda, che rilasciò 1700 chilometri cubi di materiali. Quindi siamo già molto oltre la media degli intervalli, e se un’eruzione simile avvenisse oggi, oltre a devastare la regione in cui si verifica, potrebbe alterare globalmente trasporti, clima e produzione alimentare. Ma anche un evento di grado 7, la cui frequenza media è di 625 anni, causerebbe gravi carestie.”
Servono quindi fondi per studiare meglio la storia eruttiva dei vulcani più pericolosi e monitorarli, anche con satelliti dedicati, per individuarne subito i segni di risveglio. “Ma occorre anche uno sforzo di ricerca interdisciplinare, per creare modelli di quanto avverrebbe alle infrastrutture mondiali, ai trasporti e all’agricoltura in caso di supereruzioni in vari punti del globo, ed elaborare piani di emergenza. Insomma, prepariamoci almeno quanto facciamo per gli asteroidi.”