Nel mantello terrestre potrebbe esserci un altro oceano
Lo suggerisce un diamante che contiene il secondo campione noto di un minerale rarissimo proveniente dal mantello della Terra. Questa minuscola impurità si è formata a diverse centinaia di chilometri di profondità in presenza di acqua, che potrebbe essere abbondante e influenzare processi geologici come la tettonica a placche e l’attività vulcanica
di Stephanie Pappas/Scientific American
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Un magnifico difetto blu in un diamante di qualità superiore proveniente dal Botswana è in realtà un minuscolo frammento dell’interno profondo della Terra, e suggerisce che il mantello del nostro pianeta contenga l’equivalente di un oceano d’acqua.
Il difetto, tecnicamente chiamato inclusione, somiglia a un occhio di pesce: un centro blu intenso circondato da un alone bianco. In realtà si tratta di un campione del minerale ringwoodite proveniente da una profondità di 660 chilometri, al confine tra il mantello superiore e quello inferiore. È solo la seconda volta che gli scienziati trovano questo minerale in un frammento di cristallo proveniente da questa zona e il campione è l’unico nel suo genere attualmente noto alla scienza: l’ultimo esemplare, infatti, è andato distrutto durante un tentativo di analizzarne la composizione chimica.
“È incredibilmente raro anche solo trovare un diamante super profondo: avere inclusioni lo è ancora di più”, spiega Suzette Timmerman, geochimica esperta di mantello e borsista post-dottorato all’Università di Alberta, in Canada, non coinvolta nella nuova scoperta. Trovare un’inclusione di ringwoodite è ancora più sbalorditivo, sottolinea.
La scoperta indica che questa zona molto profonda della Terra è umida, con grandi quantità di acqua bloccate all’interno dei minerali. Anche se quest’acqua è chimicamente legata alla struttura dei minerali e non fluttua come un vero oceano, è probabile che svolga un ruolo importante nel modo in cui il mantello fonde. Ciò, a sua volta, influisce sui processi geologici in senso lato, come la tettonica a placche e l’attività vulcanica. Per esempio, l’acqua potrebbe contribuire allo sviluppo di aree di risalita del mantello note come pennacchi, che sono hot–spot per i vulcani.
Lo straordinario frammento di mantello ricoperto di diamanti è stato scoperto da Tingting Gu, fisica dei minerali ora alla Purdue University, che all’epoca svolgeva ricerche al Gemological Institute of America. Il suo compito era studiare le rare inclusioni presenti nei diamanti. Nel campo della gioielleria le inclusioni non sono affatto apprezzate perché offuscano lo splendore del diamante. Ma per gli scienziati spesso sono interessanti perché intrappolano pezzi dell’ambiente in cui il diamante si è formato millenni prima.
La maggior parte dei diamanti si forma tra i 150 e i 200 chilometri circa sotto la superficie terrestre. Ma alcuni provengono da profondità molto più grandi. Spesso è difficile individuare con esattezza la profondità, ma il nuovo campione si è dimostrato straordinariamente accomodante su questo fronte, secondo quanto riferito da Gu e i suoi colleghi in uno studio pubblicato su “Nature Geoscience”.
La ringwoodite può formarsi solo a pressioni incredibilmente elevate. Non si trova nella crosta terrestre, ma a volte si osserva intrappolata in meteoriti che hanno sperimentato un forte impatto cosmico. Nel mantello terrestre, la ringwoodite esiste alle pressioni presenti fino a 660 chilometri di profondità. L’unico altro campione terrestre di ringwoodite noto, che è stato scoperto in un diamante nel 2014, si può dire che si sia formato entro 135 chilometri di profondità. Gli altri due minerali trovati nella nuova inclusione, ferropericlasio ed enstatite, si possono trovare insieme solo a 660 chilometri e oltre, individuando il punto in cui si è formato il diamante.
Si tratta di una profondità importante perché corrisponde al confine tra gli strati del mantello, dove le onde sismiche che si muovono nell’interno della Terra cambiano misteriosamente velocità. La ringwoodite trattiene l’acqua meglio di ferropericlasio ed enstatite, quindi il minerale probabilmente rilascia molta acqua quando subisce cambiamenti lungo questo confine. Il cambiamento dei minerali e il possibile rilascio di acqua potrebbero spiegare perché le onde sismiche viaggiano in modo diverso attraversando questa regione.
L’inclusione di ringwoodite contiene una piccola quantità di acqua legata alle molecole che compongono il minerale, come nel campione del 2014. Questo è importante perché, anche se precedenti esperimenti di laboratorio hanno suggerito che il mantello potrebbe immagazzinare quantità massicce di acqua, ci sono poche prove dirette che lo faccia davvero. La scoperta della ringwoodite del 2014 è stato il primo indizio, ma questo secondo campione rende la storia molto più convincente, spiega Timmerman. Se il minerale si è davvero in gran parte impregnato d’acqua nella zona di transizione del mantello, l’acqua immagazzinata nella Terra profonda potrebbe facilmente superare quella presente sulla superficie del pianeta.
“Se si dispone di un solo campione, potrebbe trattarsi solo di una regione locale ricca d’acqua”, afferma Timmerman, “mentre ora che abbiamo il secondo campione possiamo già dire che non si tratta di un caso isolato: è probabile che sia fenomeno diffuso.”
Il prossimo passo sarà capire da dove proviene quest’acqua, spiega Oliver Tschauner, mineralogista dell’Università del Nevada a Las Vegas, che ha fatto parte del gruppo che nel 2018 ha scoperto una forma di ghiaccio d’acqua ad alta pressione nei diamanti ultra-profondi, ma non è stato coinvolto nel nuovo studio. I ricercatori sanno che le placche oceaniche portano con sé l’acqua quando vengono spinte nel mantello dalla tettonica a placche, ma discutono su quanto in profondità possa viaggiare quest’acqua. È anche possibile che l’acqua si trovi lì fin dalla formazione della Terra. Comprendere il modo in cui l’acqua circola tra le profondità e la superficie della Terra potrebbe aiutare a spiegare come si sia sviluppato un pianeta così idratato nel corso dei suoi 4,5 miliardi di anni di storia.
Per saperne di più, i ricercatori dovranno analizzare gli elementi presenti in tracce nella nuova inclusione, afferma Tschauner. Possono anche sperare di trovare in futuro altra ringwoodite nei diamanti provenienti dal mantello profondo. Sarebbe un colpo di fortuna, ma d’altra parte lo è stata anche questa scoperta, dice Gu. “Se qualcuno vi propone un diamante e trovate un’inclusione – conclude – non rifiutatelo”.