Non ci sono più incertezze sullo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia
Una perdita minima assoluta del 3,3% del volume totale, 110 trilioni di tonnellate di ghiaccio o un innalzamento del livello del mare di 27 cm. Ma sarà molto di più
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Basandosi su 20 anni di misurazioni, lo studio “Greenland ice sheet climate disequilibrium and committed sea-level rise”, pubblicato su Nature Climate Change da un team di glaciologhi guidato da Jason Box del Nationale Geologiske Undersøgelser for Danmark og Grønland (GEUS), ha determinato per la prima volta la perdita minima di ghiaccio dalla calotta glaciale della Groenlandia causata finora dal riscaldamento climatico. E gli scienziati dicono che «Questo elimina l’incertezza di qualsiasi scenario climatico futuro positivo o negativo, facendoci conoscere il limite inferiore assoluto per ciò che verrà» ma al GEUS fanno già presente che «Anche se oggi il mondo intero smettesse di bruciare combustibili fossili, la calotta glaciale della Groenlandia perderebbe comunque circa 110 trilioni di tonnellate di ghiaccio, portando a un aumento medio del livello del mare globale di almeno 27 centimetri».
Osservando il clima nell’Artico dal 2000 al 2019 e lo squilibrio che ha creato nella calotta glaciale della Groenlandia, i ricercatori hanno calcolato che «La forma del ghiaccio si mette in moto per correggere questo squilibrio, inevitabilmente, perdendo il 3,3% del suo volume attuale, che corrisponde a tali cifre citate». Ma Box evidenzia che «In realtà, questa è una stima bassa. E’ un minimo molto conservatore. Realisticamente, vedremo questa cifra più che raddi<oppiare entro questo secolo. Nello scenario prevedibile, nel quale il riscaldamento globale continuerà, il contributo della calotta glaciale della Groenlandia all’innalzamento del livello del mare continuerà solo ad aumentare. Quando prendiamo l’anno di scioglimento estremo 2012 e lo assumiamo come un ipotetico clima medio costante alla fine di questo secolo, la perdita di massa impegnata dalla calotta glaciale della Groenlandia è più che raddoppiata a 78 cm».
E i ricercatori ricordano che questo studio esamina in particolare solo la situazione della calotta glaciale della Groenlandia, senza considerare la perdita di massa dell’Antartide o di altri ghiacciai in tutto il mondo.
Per i ricercatori è stata una novità assoluta riuscire a dare una cifra minima per lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia, una cifra che non dipende da modelli computerizzati altamente incerti del flusso di ghiaccio e dell’interazione climatica, ma dalle misurazioni effettive del ghiaccio ottenute con i satelliti e dalle osservazioni dei ricercatori negli ultimi due decenni. Il team di ricerca sottolinea che «Ora ci sono abbastanza dati per vedere che il bilancio degli ultimi due decenni di aggiunta e perdita di massa annuale dalla calotta glaciale semplicemente “richiede” che il ghiaccio perda almeno il 3% della sua massa nell’oceano. Altrimenti, la fisica non torna».
Questo metodo radicalmente diverso ha già fatto sollevare alcune sopracciglia nella comunità scientifica già quando circolavano le prime anticipazioni dello studio, ma per Box «Questo nuovo modo di fare le cose è della massima importanza. I modelli di flusso del ghiaccio non sono pronti per quest’area. Questo è un modo complementare per calcolare la perdita di massa che è mancata. Lo svantaggio di questo metodo è che non fornisce un periodo di tempo. Per ottenere la nostra cifra, abbiamo dovuto lasciar perdere il fattore tempo nel calcolo. Ma le nostre osservazioni suggeriscono che la maggior parte dell’innalzamento del livello del mare impegnato si verificherà in questo secolo».
I ricercatori hanno esaminato i cambiamenti nella cosiddetta linea della neve della calotta glaciale, il confine tra le aree della calotta glaciale che sono esposte allo scioglimento netto durante l’estate e le aree che non lo sono. Al GEUS spiegano ancora: «Il ghiaccio non si scioglie equamente su tutta la superficie ma principalmente lungo i bordi alle quote inferiori più calde. Più in alto nella calotta glaciale, fa troppo freddo perché la superficie netta si sciolga anche in estate. Il confine tra lo scioglimento e il non scioglimento, il limite della neve, è stabilito dalla linea in cui lo strato superiore della neve invernale non si scioglie in estate ma rimane in cima, nutrendo la calotta glaciale. Il limite delle nevicate varia da un anno all’altro, a seconda delle condizioni meteorologiche. Un’estate calda può significare che il confine si sposta più in alto nella calotta glaciale, aumentando così l’area di fusione e con essa la quantità di ghiaccio che si scioglie dalla superficie quell’anno. Negli anni più freddi, l’area di scioglimento può diminuire, spingendo il limite della neve verso i bordi del ghiaccio consentendo una minore perdita di massa. La neve che cade sul ghiaccio durante l’inverno, nel tempo si trasforma in nuovo ghiaccio. Se la neve non si scioglie durante l’estate, succede così. Affinché la calotta glaciale sia in equilibrio, la massa aggiunta deve essere uguale alla massa persa. In un clima stabile, avviene questo. Se un’estate calda provoca la perdita degli strati di neve per scioglimento, quella neve mancherà nel bilancio di massa per gli anni a venire, creando un deficit o uno squilibrio del bilancio di massa».
Sono le conseguenze di questo lo squilibrio che Box e i suoi colleghi hanno calcolato mettendo a frutto oltre un decennio di ricerca: utilizzando una rigorosa teoria glaciologica che rispetta la fisica del flusso di ghiaccio basata su misurazioni satellitari e altre osservazioni, hanno calcolato il limite della neve medio necessario per riportare in equilibrio la calotta glaciale e concludono che «Questo limite di neve medio aumenta l’area di scioglimento con conseguente aumento dello squilibrio e, in definitiva, un’alterazione più lenta della forma della calotta glaciale. Ora equivale a perdere un minimo assoluto del 3,3% del volume totale, pari a 110 trilioni di tonnellate di ghiaccio o un innalzamento del livello del mare di 27 cm».