I laghi alpini sentinelle dell’ambiente che cambia

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I laghi alpini sentinelle dell’ambiente che cambia

I laghi di alta montagna sono considerati rifugi incontaminati. In realtà non sono così immacolati come si potrebbe pensare, ma soprattutto sono sentinelle dei cambiamenti globali, tra riscaldamento del pianeta e pressione antropica in continuo aumento sugli ecosistemi
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di Jacopo Pasotti

Li stiamo osservando questa estate sui social e nei telegiornali regionali. Il loro livello si è abbassato. Molti sono quasi prosciugati rispetto agli anni “normali”. Aumentano di numero, ma diminuiranno ancora, dicono gli scienziati. Sono una risorsa, ma possono essere un pericolo. I laghi di alta montagna, che consideriamo un rifugio incontaminato e che frequentiamo sempre più spesso, non sono immacolati quanto crediamo. Ma sono una sentinella dei cambiamenti globali. Quale futuro possiamo attenderci per questi luoghi iconici ma delicati?

Nelle “terre alte” ci sono più di 4000 laghi. Sono piccoli: il 98 per cento di essi ha una superficie inferiore al chilometro quadrato. D’inverno gelano, nella breve estate sono sottoposti a forti radiazioni ultraviolette (UV) e sbalzi di temperatura notevoli. Pur essendo piccoli, forniscono molti servizi ecosistemici. Tra essi c’è quello, in rapida crescita, di ruolo ricreativo per la nostra specie in fuga da valli surriscaldate, frenetiche, spesso inquinate.

Malgrado questo, sappiamo poco del loro futuro in un pianeta che cambia rapidamente in parte per il riscaldamento delle aree montane, in parte per la pressione della presenza umana.

Uno degli impulsi maggiori è dato dal riscaldamento globale che, per esempio, sta facendo diventare verdi i limpidi laghi delle Montagne Rocciose statunitensi a causa dell’aumento delle fioriture di alghe.

Ma anche nelle Alpi, questi specchi d’acqua stanno cambiando. “Quest’anno è stato tutto anticipato, la neve è scomparsa prima, i laghi si sono scaldati prima”, spiega Michela Rogora dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche. “In tutto l’Ossolano, in Piemonte, si sono prosciugati laghi che prima non si prosciugavano. Alcuni laghi a 2200-2300 metri di altitudine hanno raggiunto temperature di 17-18°C quando normalmente non superavano i 14°C”.

Le osservazioni satellitari degli ultimi vent’anni hanno mostrato che in Engadina, in Svizzera, la durata di congelamento dei laghi di montagna si riduce di una settimana circa ogni dieci anni. Alcuni sono probabilmente destinati a non congelarsi più.

Molti laghi hanno un rapporto quasi simbiotico con la neve. Uno studio effettuato nella Sierra Nevada, in California, ha mostrato che la temperatura estiva dei piccoli bacini montani dipende dalla quantità di neve residua in primavera. Stagioni di scarse nevicate come quella passata, la fusione precoce del manto nevoso, comportano alte temperature dell’acqua, con impatti sull’habitat lacustre.

Allo stesso tempo però il ritiro dei ghiacciai sta lasciando spazio a rilievi e conche che accolgono nuovi laghi di fronte alle lingue glaciali. Uno studio sulle Alpi svizzere spiega che da qui al 2100, se dovessero scomparire tutti i ghiacciai della catena si formerebbero fino a 683 nuovi laghi. Molti sarebbero effimeri: in poche decine di anni sarebbero nuovamente colmati dai detriti trasportati dai torrenti o caduti dalle pareti rocciose.

Questa fotografia scattata nei pressi di Gletsch, nelle Alpi svizzere, l’8 luglio 2022 mostra una schiuma isolante che ricopre una parte del ghiacciaio del Rodano per impedirne lo scioglimento accanto al suo lago glaciale, formatosi a causa della fusione del ghiacciaio dovuta al riscaldamento globale (© FABRICE COFFRINI/AFP via Getty Images)

I laghi glaciali potranno svolgere un ruolo per mitigare la scarsità d’acqua in anni come questo, o potranno avere anche un ruolo ricreativo. Allo stesso tempo però presentano anche un rischio, per esempio a causa di cedimenti di argini o ondate di piena innescate da frane, spiega Daniel Farinotti, dello Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research.

Oltre all’ambiente che cambia, ci sono poi quei 14 milioni di persone che vivono nei pressi della catena montuosa. In un anno le Alpi possono essere meta turistica per oltre 100 milioni di visitatori.

“I laghi di montagna, proprio per il fatto di essere remoti e particolarmente sensibili, sono considerati ottimi indicatori dei cambiamenti globali”, spiega ancora Rogora. “La crescente frequentazione potrebbe essere un problema per questi ecosistemi.” Anche fare il bagno in un piccolo lago può avere un impatto su questo ecosistema, se il numero di bagnanti cresce.

Visto l’ambiente estremo in cui si trovano, sono ecosistemi fragili. Uno studio effettuato sui Monti Tatra, tra Polonia e Slovacchia, da ricercatori dell’Università della Varmia-Masuria a Olsztyn, sempre in Polonia, concludeva che “la pressione turistica contribuisce alla crescita della vegetazione sommersa nei laghi alpini”. Secondo gli autori, la presenza di alcune particolari piante acquatiche era la risposta dell’ecosistema all’arricchimento dell’acqua con sostanze biogene legate alla intensa frequentazione umana.

Le valli, industriali o agricole, poi, non sono tanto lontane quanto sembrerebbe da una cartina turistica. E questi laghi non sono così incontaminati come appaiono sugli opuscoli di una agenzia viaggi. Negli ultimi quarant’anni nei piccoli invertebrati che popolano questi specchi d’acqua sono stati trovati metalli pesanti, pesticidi, patogeni, e vari composti inquinanti provenienti dalle nostre attività di fondovalle.

E dunque è così: i laghi di montagna sono indicatori del cambiamento globale, ma la loro evoluzione può trascendere dalle implicazioni ecologiche o di gestione delle risorse e avere un impatto sul benessere umano.

In una analisi pubblicata sul “Journal of Environmental Management”, Ulrike Tappeiner e colleghi dell’EURAC di Bolzano, hanno messo in evidenza il ruolo dei laghi di montagna come servizi ecosistemici culturali. In poche parole “i laghi offrono opportunità di attività ricreative, esperienze estetiche, educazione e ispirazione”. Dopo aver radiografato lo stato di 2455 laghi delle Alpi sotto ogni aspetto, dal clima alle attività antropiche hanno evidenziato che il degrado dovuto al cambiamento globale è effettivamente una minaccia: “[esistono]potenziali effetti negativi sul mantenimento del loro habitat, nonché sul loro valore estetico”.

Gli argini sono talvolta modificati dalle infrastrutture turistiche, o dalla costruzione di dighe per la regolazione delle acque e la produzione di energia idroelettrica, il che causa un grave degrado degli habitat litoranei e, di conseguenza, un declino della biodiversità e dell’integrità ecologica.

“I laghi facilmente accessibili sono più esposti alle varie pressioni del cambiamento globale rispetto a quelli più remoti e spesso protetti nelle aree centrali sud-occidentali e orientali”, spiega ancora Tappeiner, sottolineando che le politiche future per il paesaggio, come la Strategia dell’Unione Europea sulla biodiversità per il 2030, dovrebbero prestare maggiore attenzione ai piccoli laghi. Anche perché gli effetti positivi legati ai servizi ecosistemici culturali rimangono tali solo se l’habitat e il valore paesaggistico dei laghi non su degrada.

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